Riuniti a Roma i Dipartimenti Welfare e Pari Opportunità

VERBALE RIUNIONE CONGIUNTA

DIPARTIMENTO WELFARE E ASSISTENZA SOCIALE

DIPARTIMENTO PARI OPPORTUNITA’ E POLITICHE DI GENERE

Roma, 19 dicembre 2016

 

Come nelle precedenti riunioni di Dipartimento, il Segretario Generale Francesco Garofalo ha spiegato in fase introduttiva gli obiettivi che il Sindacato intende perseguire con l’istituzione di tali organismi.

Nello specifico, ogni area di interesse della nostra organizzazione deve essere seguita da gruppi omogenei di persone che si assumano l’impegno di raccordarsi coi lavoratori per verificare la posizione che il CSA andrà ad assumere nel momento in cui si aprirà la discussione sul rinnovo del contratto degli enti locali (ora Funzioni Locali).

Dobbiamo quindi predisporre una piattaforma quanto più completa possibile e soprattutto vicina alle problematiche reali dei lavoratori stessi. Nel contempo, tale piattaforma dovrà avere sostenibilità dal punto di vista economico e piena attendibilità sul piano giuridico. Perciò, una volta che essa sarà stata predisposta, verrà sottoposta al vaglio dell’Ufficio Legislativo, per poi essere portata all’approvazione del Consiglio Nazionale. Tutto ciò farà da volano alle assemblee e alle manifestazioni che andremo a indire su tutto il territorio nazionale.

Il dibattito ha toccato, contemporaneamente, gli aspetti organizzativi e i contenuti.

Per quanto riguarda il primo, è stato rilevato da tutti i presenti che un Dipartimento degli Assistenti Sociali e delle Pari Opportunità rischia di essere dispersivo, per la sua eterogeneità, e che quest’ultima materia, in realtà, interessa trasversalmente tutti i settori.

Pertanto, è stato deciso di creare due distinti Dipartimenti: Welfare e Assistenza Sociale; Pari Opportunità e Politiche di Genere.

Per la fase iniziale dei lavori, nell’ambito del Dipartimento Welfare si individueranno tre responsabili di area (Nord, Centro, Sud), i quali, raccordandosi fra loro e confrontandosi con le altre persone che hanno dato la propria disponibilità, si concentreranno in primo luogo sulla predisposizione di una relazione tecnica illustrativa delle problematiche da affrontare, come espressamente richiesto dal Segretario Generale. A tal fine, è stato concordato di prendere spunto da un documento realizzato da Antonio Callea di Palermo, che è stato letto ed esaminato nel corso della riunione ottenendo l’apprezzamento di tutti i partecipanti.

Il Dipartimento Pari Opportunità e Politiche di Genere ha designato una Coordinatrice unica, Maria Giangualano, la quale avrà innanzitutto il compito di costruire una rete con i responsabili designati in ogni Regione. Sarà cura della stessa Coordinatrice recuperare il materiale elaborato tempo addietro e sottoporlo ai componenti del Dipartimento, per verificare cosa è recuperabile in funzione della piattaforma.

Per quanto concerne i contenuti, l’obiettivo comune è quello di arrivare al riconoscimento delle singole professionalità, attesa la quasi impossibilità di uscire dall’alveo del contratto collettivo nazionale, e di far si che nell’accordo decentrato vengano inserite delle garanzie per il personale con una certa anzianità, che altrimenti può essere scavalcato dai lavoratori più giovani, che hanno titoli di studio più elevati. Altro problema comune è il fatto di dover svolgere mansioni amministrative non contemplate dal contratto.

Non meno rilevanti sono temi quali l’incastro fra pari opportunità e benessere organizzativo, l’idoneità dei posti di lavoro, il sostegno delle politiche di turnover.

Va da sè che ci siano delle specificità da valorizzare e salvaguardare, ma non si può fare a meno di partire dai punti in comune per addentrarsi, in una fase immediatamente successiva, nelle singole tematiche. In questo contesto, ovviamente, non si possono trascurare le grandi differenze che vi sono fra le varie municipalità, ma piuttosto che puntare su di esse è preferibile partire dal contratto per poi cercare di polarizzarle.

Garofalo, nel corso della riunione ha più volte sottolineato l’importanza di un dialogo costante con la base e con i Comuni, perché in tal modo sarà possibile far emergere le realtà più avanzate, come ad esempio quella di Torino, e quindi tentare di far adottare le stesse regole da parte delle altre amministrazioni. Di conseguenza, occorre sviluppare una sinergia coi territori chiamando in causa anche i segretario provinciali, evitando però che ci siano sovrapposizioni.

L’obiettivo, come ha ribadito Garofalo, di individuare i punti salienti della riforma che vorremmo mettere in atto è strettamente connesso a quello di ipotizzare uno schema di contratto tipo decentrato. In questo, però, dobbiamo tener presente l’anomalia per cui il contratto nazionale è ancora legato alla pianta organica, mentre la riforma dei comparti, introducendo le Funzioni Locali, ha dato vita ad un regime assolutamente incompatibile col contratto stesso. Tant’è vero che decadendo la pianta organica si vengono a creare degli esuberi che possono provocare la messa in mobilità dei dipendenti.

Tale contratto, inoltre, non ha mai normato alcuni aspetti molto rilevanti, dando così modo a ciascun ente di decidere liberamente le regole da applicare, che naturalmente non sono mai orientate al rispetto delle singole professionalità.

Prova ne sia quanto reso noto da Antonio Callea riguardo la realtà di Palermo: gli assistenti sociali, a fronte dell’obbligo di formazione continua, non vengono risarciti dalle amministrazioni della quota di iscrizione all’albo. Non solo, gli assistenti sociali hanno persino difficoltà a farsi autorizzare la partecipazione agli eventi formativi.

In definitiva, emerge una forte frattura fra ambito statale e locale, dove è sin troppo palese l’intento di penalizzare quest’ultimo. L’idea di smantellarlo è partita dal Ministro Brunetta, che ha cercato in tutti i modi di dimostrare che quello del pubblico impiego è un carrozzone pieno di figure inutili e di lavativi. Si è poi cominciato a parlare della privatizzazione di tutto il comparto; un attacco che al tempo venne tamponato, ma che poi è stato rilanciato con prepotenza proprio attraverso la riforma costituzionale. Se fosse passato il SI, saremmo diventati ben presto il bersaglio di licenziamenti di massa!

Oramai, il CSA è rimasto solo a rappresentare il personale degli enti locali e ora che lo spauracchio della riforma è passato, dobbiamo favorire la rinascita del comparto ed altresì rigenerare la macchina comunale che è  quella più vicina ai cittadini e che funziona meglio.

Con tutto ciò premesso, l’aspetto chiave sta nella capacità di portare all’esterno le nostre idee facendo opera di convincimento. Per creare affezione fra i lavoratori bisogna portare argomenti innovativi – come quelli sin qui esposti – e lavorare con costanza sui territori, recependo quelle che sono le principali cause del loro malessere. In ultima analisi, la piattaforma non dobbiamo inventarla noi ma confrontarla coi lavoratori.

E una volta che questa piattaforma sarà stata creata, dovremo rivendicarne la paternità in tutte le sedi. La scommessa è aperta e non lascia alternative: o andiamo fino in fondo oppure alziamo le mani e accontentiamoci delle briciole che ci daranno.

Ciò che ci distingue è che noi siamo un vero e proprio movimento sindacale, mentre le altre solo organizzazioni. Consapevoli di questo, non possiamo mettere il nostro futuro nelle loro mani e, interfacciandosi coi Dipartimenti, la gente ci seguirà.

Il nuovo contratto non serve tanto a noi quanto alle future generazioni. Perciò, nel salvaguardare l’esistente, dobbiamo puntare al ricambio generazionale.