Report del Segretario Generale – Luglio 2018

Approssimandoci alla pausa estiva, la riflessione su questo primo semestre abbondante del 2018 si concentra sull’andamento delle elezioni RSU Funzioni Locali. I risultati sono stati eccellenti – lo vedremo più avanti nel dettaglio – come del resto lo sono stati anche quelli delle elezioni RSU Igiene Ambientale svoltesi nell’ottobre scorso, rafforzando la nostra rappresentatività e il nostro peso politico.

Segno evidente che le nostre strutture hanno lavorato sapientemente e con grande dedizione, non solo nella fase di avvicinamento alle votazioni. A loro voglio subito rinnovare i ringraziamenti che ho formulato sia per le vie ufficiali, sia negli incontri che ho successivamente avuto a livello territoriale, rivolgendo un plauso agli eletti RSU, che hanno messo a servizio della nostra O.S. la propria immagine e dimostrato grande attaccamento ai valori del CSA, ed un incoraggiamento ai non eletti, che vogliamo senz’altro coinvolgere nei progetti che porteremo avanti nel prossimo futuro, per mantenere gli impegni assunti coi lavoratori che ci hanno dato fiducia col proprio voto e fare ulteriore proselitismo, affinchè si possa non solo riaffermare questo risultato ma anche migliorarlo.

Il loro merito principale è stato quello di proporre e dare credibilità a un modo nuovo di fare sindacato, che non abbassa mai la guardia e non è mai disposto a scendere a compromessi, e di sviluppare nuovi modelli di partecipazione, basati sul dinamismo, sul dialogo costante presso i luoghi di lavoro, sul coinvolgimento paritetico di tutti quelli che vogliono impegnarsi per dare un futuro migliore ai lavoratori, alle loro famiglie e alle nuove generazioni.

Un sindacato che, nel perseguire questo obiettivo supremo, presta altresì grande attenzione al sociale, puntando ad eliminare le disparità di genere, a sostenere le fasce più deboli, a combattere la discriminazione razziale e quella di classe, ed ambisce a scrivere nuove pagine di storia, per dare una svolta reale a questo Paese, che, al di là della leggera ripresa economica a cui stiamo assistendo, è sempre più avvolto nel caos, nel protagonismo dei singoli personaggi politici, di improvvisazione programmatica, di occulti interessi che si contrappongono a quello supremo del benessere del Paese.

In sostanza, FIADEL e CSA hanno impostato la propria azione sindacale recependo i reali bisogni della classe lavoratrice, affermandosi sempre più come uniche reali alternative al sindacalismo tradizionale, spesso lontano dalle esigenze della base e non di rado orientato verso una politica di compromesso coi poteri istituzionali.

Per fare tutto questo ci vuole disponibilità, competenza e coraggio. Il coraggio di mettersi in discussione ogni giorno, portando avanti la battaglia di sempre: far sì che il comparto Funzioni Locali e Igiene Ambientale si riappropri di una dignità a lungo sottratta e, nel contempo, trasmettere a tutti i lavoratori e lavoratrici la sensazione di appartenere ad un’unica famiglia.

Non c’è dubbio che a nostro vantaggio pesa il fatto di avere strutture organizzative agili, che non seguono una logica gerarchica ma, al contrario, danno sostegno e riconoscimenti a tutti quelli che intendono impegnarsi sul territorio per dare concretezza ai nostri programmi.

D’altra parte, ritengo che la chiave del nostro successo sia nel fatto che, in tutti questi anni, abbiamo lavorato seguendo degli step di crescita graduali, senza lanciarci in inutili – anzi, dannosi – voli pindarici, evitando che le nostre idee si fermassero allo stadio di puri e semplici slogan.

Essere l’unico sindacato autonomo rappresentativo è un fattore che ci esalta ma che ci riempie anche di responsabilità. Dobbiamo fare meglio e più degli altri. Dobbiamo avere un rapporto sempre più diretto e costante, quasi personalizzato vorrei dire, coi lavoratori e le lavoratrici. Dobbiamo lottare a livello locale e nazionale, sia per migliorare le condizioni contrattuali, sia per incrementare l’efficienza delle amministrazioni, per favorire il turnover, per aprire spiragli positivi alle nuove generazioni.

Il tutto si traduce in un semplice motto: “No alle battaglie di retroguardia”, quelle tipiche di un sindacato improntato sul “difensivismo”, che si accontenta di fare mediazione e poi si vanta – a titolo meramente propagandistico – dei risultati ottenuti, spacciandoli come cosa propria.

Lo abbiamo visto – e ne abbiamo parlato – nella fase di discussione del nuovo CCNL. Di miglioramenti ce ne sono stati molti, questo è fuor di dubbio, così da rendere il rapporto di lavoro più flessibile e da prestare la giusta attenzione a talune fattispecie, penso ad esempio alla tutela delle donne vittime di violenza e delle persone affette da malattie gravi, all’abbattimento delle discriminazioni fra personale a tempo determinato e indeterminato, al miglioramento dei meccanismi di attribuzione degli incentivi economici.

Ciò non toglie che vi sia ancora molto da fare in funzione del riconoscimento delle specificità, da noi messe in risalto sin dall’avvio delle trattative, della Polizia Locale, della Scuola, dei Tecnici, degli Assistenti Sociali, dei Precari. Non si tratta assolutamente di fare del corporativismo. Al contrario, pur comprendendo la linea seguita dalla Funzione Pubblica di omogeneizzare i contratti dei quattro comparti – perché questo significa semplificazione, chiarezza e abbattimento delle sperequazioni esistenti – siamo dell’avviso che l’enorme diversità che contraddistingue l’attività delle suddette figure professionali, ai vari livelli (e non parlo solamente di mere questioni tecniche inerenti gli orari di lavoro e lo svolgimento delle singole mansioni) meriti un’ attenzione particolare e delle soluzioni specifiche, direi anche esclusive, come è ad esempio il caso della Polizia Locale, per la quale da anni ci stiamo battendo per una vera e propria riforma di legge, che vada oltre le singole questioni contrattuali.

Tutto ciò sarà oggetto di analisi da parte della Commissione paritetica sui sistemi di classificazione e specificità del personale prevista dall’art.11 del  CCNL Funzioni Locali 2016/18, atta a svolgere la fase istruttoria del processo di revisione di tale istituto, per pervenire ad un modello che valorizzi le specificità professionali e assicuri una migliore gestione dei processi lavorativi. Purtroppo, nonostante il sollecito che abbiamo inviato all’ARAN nei primi giorni di giugno – considerando che l’istituzione della Commissione in oggetto deve avvenire entro 30 giorni dalla sottoscrizione del CCNL stesso, con la partecipazione di rappresentanti designati dai comitati di settore  – ancor oggi non vi sono novità. Ed è un ritardo che comincia a farsi preoccupante, perché il lavoro avviato nel corso dell’ultima contrattazione necessita di essere completato al più presto.

Ebbene, nella sommatoria di tali iniziative si ravvisa la  peculiarità dell’azione di un sindacato come il nostro che vuole imporsi come reale  “alternativa”. Una strada maestra dalla quale non vogliamo deviare e che nel tempo, ne sono convinto, ci permetterà di scrivere la storia!

In questa prospettiva, però, vi è di più. Bisogna esercitare una pressione forte affinchè la Pubblica Amministrazione raggiunga, come ho sopra accennato, la necessaria efficienza sia in termini di servizi resi alla cittadinanza, sia in chiave di perequazione sociale, perché ancora troppe sono le situazioni di squilibrio con cui ci si deve confrontare. Non mi riferisco solamente alle differenze, ancora profonde purtroppo, che esistono fra Nord e Sud – per quanto poi anche nel Meridione stiano emergendo realtà di eccellenza – ma soprattutto alla carenza di risorse economiche e strutturali che affliggono gran parte, se non tutte, le amministrazioni locali.

La gravità delle situazioni economiche in cui versano comuni e province è un problema annoso che ormai tutti conosciamo, lo viviamo sulla nostra pelle giorno per giorno e con una sensazione di insofferenza crescente.

La questione meriterebbe un lungo approfondimento, ma non è questa la sede per farlo. Come semplici appunti, da destinare al nuovo Governo, metterei in evidenza tutti i limiti dell’istituto del pareggio di bilancio (già patto di stabilità), che pur partendo da lodevoli premesse ha poi comportato non solo la contrazione dei servizi “non essenziali”, ma altresì  la diminuzione delle dotazioni organiche e l’innalzamento delle aliquote delle imposte locali.

I tanti vincoli via via imposti alla finanza degli enti locali hanno svilito la sostanza della “autonomia” ad essi riconosciuta su molteplici versanti dal DLgs 267/2000.

In questo contesto, uno degli aspetti più urgenti da rivedere è che il pareggio di bilancio vieta l’impiego degli avanzi disponibili – e quindi una possibilità pur minima di espansione – anche quando ci sarebbero le condizioni previste dal Testo Unico degli Enti Locali. Esemplare il caso della Città Metropolitana di Napoli, che aveva un avanzo disponibile di oltre 480 milioni, in gran parte bloccato dalle norme del pareggio di bilancio e che si sarebbe potuto spendere soltanto all’interno di ristretti spazi finanziari stabiliti annualmente e centralisticamente dal Governo nazionale nella legge di bilancio.

Ancora più sconvolgente è il fatto che, mentre una sentenza della Corte Costituzionale del 2017 ha sancito che “l’avanzo d’amministrazione rimane nella disponibilità dell’ente che lo realizza” e, pertanto, non è ammissibile che il suo impiego sia deciso centralisticamente nella ristretta cerchia degli “spazi finanziari” assegnati dal Governo, successivamente la Ragioneria di Stato è intervenuta “a gamba tesa” con una interpretazione autentica di detta sentenza, tramutatasi nella circolare del 20 febbraio 2018, dove in pratica è stato decretato il “nulla di fatto”, ovvero che tutto resta come prima.

La logica centralistica con cui i governi precedenti hanno gestito il rapporto con le amministrazioni locali dovrà essere ribaltata da quello attuale, che dovrà altresì porre definitivo rimedio agli ulteriori dissesti provocati dalla Legge Delrio – che dovrebbe essere abrogata – per tornare a garantire la piena funzionalità delle province. Tutti abbiamo visto quali sconquassi ha provocato la famigerata legge 56/14. E per questo sposo pienamente quanto detto recentemente dall’UPI in proposito: “la riforma ha mostrato tutti i suoi limiti in termini di efficienza, semplificazione e rappresentanza, al punto tale da rendere gli enti, divenuti di secondo livello – e, nelle intenzioni del legislatore, di raccordo e coordinamento temporaneo, nelle more di una loro definitiva soppressione –  centri dormienti, confusi ed impossibilitati ad agire su qualsivoglia fronte residuo, non avendo quattrini in cassa.“

Senza risorse, le province non hanno avuto nemmeno la possibilità di intervenire su questioni di grave emergenza quali, soprattutto, la manutenzione delle strade e delle scuole.

Per non parlare poi della migrazione forzata a cui sono stati costretti circa 22mila dipendenti (compiuta parzialmente), con l’illusoria ipotesi che ciò avrebbe comportato il risparmio di circa un miliardo di euro per le casse dello Stato, e di tutte le ricadute negative che ne sono conseguite: organici ridotti all’osso per il blocco del turn over, inevitabile regresso dei servizi offerti ai cittadini, tanti lavoratori rimasti senza stipendio per mesi.

La svolta impressa dall’ultima Legge di Bilancio, in effetti, sembra che abbia aperto una stagione nuova per le Province, sia sul piano della capacità di programmazione triennale, sia su quello dell’autonomia organizzativa, con il superamento del blocco delle assunzioni, oltre ad aver introdotto  le contribuzioni necessarie a diverse Province per approvare i bilanci triennali.

Lo stesso CCNL Funzioni Locali firmato il 21 maggio ha previsto la costituzione di un nuovo Organismo paritetico per l’innovazione, per attivare stabilmente fra le parti relazioni aperte e collaborative di progetti di organizzazione, innovazione, miglioramento dei servizi, che nelle province può essere espressamente costituito anche in forma associata.

Non solo; il nuovo contratto, nel riformare la contrattazione integrativa a livello territoriale in ambito provinciale, valorizza il ruolo delle province come “Case dei Comuni” – accezione introdotta dalla legge Delrio che dovrebbe essere salvaguardata – strettamente legate agli enti locali del loro territorio.

Però, le buone premesse non bastano a rassicurarci. Ed è per questo che il CSA, unitamente alle altre OO.SS. rappresentative, ha sottoscritto un protocollo di intesa con la Unione Province Italiane (UPI) mirato a ottimizzare l’Organismo Paritetico per l’innovazione previsto dall’art. 6 del nuovo CCNL, attraverso strette sinergie fra le Unioni regionali delle Province, le organizzazioni sindacali e i rappresentanti degli enti interessati.

Nell’ambito dell’Organismo saranno monitorati i piani di riassetto organizzativo delle Province e previste iniziative formative per accompagnare i processi di riordino degli enti, sulla base delle esigenze dei territori e dell’evoluzione del contesto normativo.

Inoltre, le parti si impegnano a sperimentare un sistema più funzionale di relazioni sindacali con gli enti locali, avviando percorsi di contrattazione integrativa a livello territoriale, in forma associata o attraverso la condivisione di indirizzi comuni, per valorizzare la professionalità dei lavoratori e delle lavoratrici del comparto e rendere più funzionali e rispondenti ai bisogni delle comunità i servizi comunali e provinciali.

Per l’attuazione del protocollo, è stato costituito un Comitato di coordinamento composto da due rappresentanti UPI e da sue rappresentanti di ciascun sindacato firmatario.

Al di là di questo, come dicevo in precedenza, per ridare vigore e definitiva chiarezza al quadro normativo delle province, è scontato affermare che la chiave di volta resta la definitiva abrogazione della Legge Delrio. La palla ora passa al nuovo Governo che però, a quanto pare, vede i due fronti assestati su posizioni opposte:  mentre la Lega vorrebbe ristabilire la situazione antecedente alla Delrio, il M5S vorrebbe cancellarle una volta per tutte.

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Prima di andare ad esaminare i risultati delle elezioni RSU dello scorso aprile, vorrei soffermarmi su due aspetti, uno prettamente politico, l’altro inerente i servizi resi agli  iscritti, che hanno ulteriormente caratterizzato la prima parte del 2018.

Il primo è il rafforzamento della sinergia con CISAL, sancito nel Consiglio Nazionale di San Benedetto, che sarà molto utile per la nostra crescita e non intacca minimamente l’autonomia e l’identità delle nostre Organizzazioni. E’ un vero e proprio “patto di ferro”, come ha sottolineato anche il Segretario Generale CISAL Cavallaro, che nasce da un consolidato rapporto di reciproca stima, grazie al quale porteremo avanti il nostro progetto in piena sintonia e senza ingerenze, dandoci altresì la possibilità di allargare il nostro raggio d’azione e di offrire ai nostri iscritti servizi adeguati per affrontare i problemi che quotidianamente si pongono.

A questo proposito, a seguito delle varie richieste pervenute da diversi territori, abbiamo stipulato una convenzione con le Assicurazioni Generali, consistente in una polizza RC professionale, completata da una proposta di polizza famiglia.

La copertura assicurativa, come da nostra espressa richiesta, riguarda tutte le categorie di dipendenti pubblici e tutti i lavoratori dei servizi pubblici locali; per questi ultimi, ad oggi, è una novità che noi abbiamo voluto inserire e che non è previsto da nessuna altra organizzazione sindacale.

Non c’è dubbio che il prodotto offerto da CSA-FIADEL è competitivo  e migliorativo rispetto a quelli proposti da altri sindacati. In tal modo ci poniamo, quindi, su livelli d’avanguardia, anche sul piano dei servizi da mettere a disposizione degli iscritti.

 

FIADEL

Sul fronte Igiene Ambientale, la notizia più recente è la conclusione dell’iter di collazione del Contratto Nazionale del settore pubblico Utilitalia-Servizi Ambientali, a cui aderiscono anche Cisambiente, (aderente a Confindustria) e Legacoop. Presenze che rendono molto più ampio il raggio dei lavoratori che potranno godere delle garanzie previste dal contratto stesso, secondo l’intesa  dell’11 luglio 2016 (in scadenza il 30 giugno 2019) e che rafforzano il percorso verso il contratto unico di settore.

Tra gli elementi peculiari dell’accordo spiccano il welfare contrattuale a totale carico dell’azienda che amplia la previdenza complementare generalizzata (PREVIAMBIENTE), il fondo di assistenza sanitaria integrativa (FASDA), il fondo salute e sicurezza (Rubes Triva) e le basi per l’avvio fondo di solidarietà bilaterale.

Tra le novità, il rafforzamento della clausola sociale a tutela dei lavoratori nei cambi di appalto e nei casi di licenziamento individuale, neutralizzando quanto previsto in materia dal Jobs Act.

In tal modo, si viene a chiudere il cerchio dei rinnovi contrattuali, apertosi nel dicembre scorso con la sottoscrizione e la pubblicazione del Contratto Fise/Assoambiente per il settore privato.

Da evidenziare, inoltre, la recente firma dell’accordo per il fondo bilaterale, nel quale sono state inserite le indicazioni segnalate dal Ministero del Lavoro, continuando con gli accordi a livello nazionale con i gruppi di aziende multiutility, IREN, HERA, A2A.

Tutti questi risultati non devono essere dati per scontati ma, anzi, sono l’ulteriore conferma della centralità raggiunta in questi anni dalla FIADEL nel settore Igiene Ambientale, che ha indubbiamente ottenuto, grazie all’azione sindacale, una contrattualistica di eccellenza assoluta per i lavoratori e le lavoratrici, non senza dover affrontare difficoltà di vario tipo in corso d’opera.

 

VOTAZIONI RSU FUNZIONI LOCALI 2018

I dati non sono ancora definitivi, ma abbiamo un quadro già abbastanza chiaro della situazione, che ci conforta moltissimo a cominciare dal riscontro  globale dei voti, che supera abbondantemente  quota 27.000, mentre tre anni fa ci fermammo a 24.400 mila circa, sebbene il numero degli enti in cui avevamo presentato le liste sia aumentato in maniera irrisoria (ad oggi circa 890).

Ma l’aspetto più rilevante in assoluto è che il CSA è l’unico sindacato ad aver fatto segnare una variazione in senso positivo. Sia la CGIL che la CISL e la UIL, più il DICAPP che risulta essere sempre il quinto sindacato, hanno perso per strada qualche migliaia di voti, con la CISL che ha in proporzione risulta essere la più penalizzata.

Questi dati vanno letti anche alla luce nel numero totale dei votanti e degli aventi diritto, che rispetto a 3 anni fa sono anch’essi diminuiti, come logica conseguenza del blocco del turnover. A fronte di circa 494,2K potenziali votanti del 2015, stavolta se ne contavano 443,6K (-11,2%). I votanti effettivi nella scorsa tornata furono 392,8K, ora 357,7K (-9%). Dunque, salta subito agli occhi che i differenziali tra i due valori fanno registrare una diminuzione da tre anni a questa parte. Quanto invece al raffronto della percentuali dei votanti, sia nel 2015 che nel 2018 ci si attesta sull’80% circa, con un leggero vantaggio per questa tornata.

Per quanto riguarda i dati degli enti, spicca su tutte lo straordinario successo riportato dalla lista CSA nel Comune di Napoli, che coi suoi 2622 voti ha moltiplicato per 8 volte il risultato di tre anni fa, infliggendo distacchi abissali alle altre O.S. (CIGL 584, CISL 1321, UIL 892).

Al secondo posto della graduatoria dei voti ottenuti figura il Comune di Palermo (2003), dove il CSA vantava già un grosso seguito e ora ha letteralmente surclassato i confederali, basti pensare che la CIGL si è fermata a quota 718, la CISL a 979 e la UIL a 858. In entrambi gli enti vantiamo il 1° posto assoluto, con ampio distacco sugli altri.

Di rilievo pure il risultato delle votazioni al Comune di Milano, dove il nostro incremento è stato del 12% (da 1241 a 1416) sebbene il tasso di astensionismo al voto qui abbia toccato una delle punte più elevate, circa il 38%, attestandoci come 2° sindacato. Nel Comune di Roma abbiamo perso quasi il 20% dei voti, ma in valore assoluto questi rimane il 4° miglior dato per il CSA in campo nazionale. Al 5° posto la lista CSA al Comune di Torino, che ha mantenuto pressocchè inalterati i consensi, affermandosi al 3° posto.

Importante poi ricordare il 2° posto conquistato nel Comune di Reggio Calabria e i terzi nei Comuni di Firenze e Verona, più quello alla Regione Puglia, dove il distacco dal 2° classificato è di soli 5 voti. Vi è poi un buon numero di Comuni nei quali siamo risultati primi. I più importanti sono Portici, dove siamo il  primissimo sindacato, Partinico, Busto Arsizio, Milazzo (dove siamo 2° con pochissimi voti di distacco), Bassano del Grappa, Rende e Ortona.

Ancora, va posto in evidenza il balzo in avanti che abbiamo fatto in svariati Enti regionali e provinciali, a cominciare dalla Giunta Regione Lombardia (quasi il 30% in più dei voti) e dalla Regione Puglia, per proseguire con la Regione Lazio e la Giunta Regione Calabria, giusto per citare qualche esempio. A livello provinciale, abbiamo realtà rilevanti come la Città Metropolitana di Messina, la Città Metropolitana di Napoli, la Città Metropolitana di Torino, le province di Alessandria e di Foggia, sempre soffermandoci sui luoghi in cui abbiamo riportato il maggior numero di voti.

Ma il CSA è presente pure nelle altre tipologie di enti, e in maniera ben distribuita sul territorio. Sul fronte delle Camere di Commercio il miglior risultato lo abbiamo preso a Vicenza; tra gli Enti Regionali presso l’Agenzia Interregionale per il Po; tra gli IACP a Palermo; tra le Unioni di Comuni presso la Federazione Comuni Camposampieresi (Padova); tra le Comunità Montane in quella della Valle del Comino (Frosinone); tra i Consorzi nel Consorzio Socio Assistenziale del Cuneese; tra le Aziende di Servizi la ASP Circondario Imolese.

Per quanto riguarda i riscontri a livello regionale e provinciale, attendiamo di ricevere i dati definitivi, anche perché sarà proprio alla luce di essi che il CSA potrà individuare le località in cui rafforzare la campagna tesseramenti. In linea di massima, comunque, le Regioni dove abbiamo le migliori tradizioni hanno confermato le attese, vedi Sicilia, Campania, Puglia, Piemonte e Lombardia, e che in aggiunta abbiamo nuove realtà in forte crescita, come  Calabria, Sardegna e Molise.

La logica conclusione di tutto il discorso è che la nostra rappresentatività è destinata ad aumentare.

In definitiva, ci sono tutte le premesse per aprire una stagione sindacale ancora più proficua delle precedenti. Come sempre, faremo leva sui risultati ottenuti per migliorarci ancora, sia laddove la nostra presenza è più massiccia, sia in quelle zone dove ancora dobbiamo conquistare posizioni. Per questo, è importante che le Strutture territoriali si aprano alle altre realtà sindacali che non hanno raggiunto la rappresentatività, rendendole partecipi dei nostri progetti ed eventualmente favorendone la confluenza nella nostra organizzazione.

Già da ora, quindi, ci stiamo mettendo al lavoro in funzione delle prossime elezioni RSU, tenendo presente che, nel frattempo, ci saranno tanti impegni da affrontare, sia a livello nazionale che nei singoli ambiti territoriali, per dare ai lavoratori risposte concrete e garantire ai comparti che ci competono – Funzioni Locali e Igiene Ambientale – condizioni di crescita costante, al fine del raggiungimento del benessere collettivo.

La cosa che mi conforta maggiormente è poter contare su Strutture solide, motivate, competenti, capaci di sviluppare in maniera ottimale i nostri programmi e al tempo stesso di fronteggiare con coraggio e determinazione le diverse problematiche che emergono di giorno in giorno. Discorso che ovviamente vale anche per i rappresentanti RSU, eletti e non eletti, il cui ruolo è determinante per diffondere i nostri messaggi all’interno dei luoghi di lavoro.

FIADEL e CSA sono sindacati forti, che marciano all’unisono con programmi e obiettivi comuni. Questo è un dato di fatto che nessuno può mettere in discussione, anche se non mancherà mai chi cercherà di metterci il bastone fra le ruote, di screditarci e di soffocarci.

Ma tutto questo ben venga, perché non abbiamo paura della sfida. Anzi, può darci ulteriori stimoli per lavorare bene, con tenacia e passione, consapevoli che questa è la strada maestra per acquistare proseliti e incrementare le nostre prerogative.

Roma, 31/07/2018

Il Segretario Generale

Francesco Garofalo




Pa: Upi e sindacati firmano intesa su attuazione disposizioni contratto

Avvio organismi paritetici per innovazione e sperimentazione in contrattazione integrativa

Firmato tra Upi, l’Unione delle Province d’Italia, e i sindacati Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Csa Ral un protocollo di intesa che ha “l’obiettivo di favorire l’attuazione delle disposizioni contrattuali riferite all’avvio degli organismi paritetici per l’innovazione e la sperimentazione di percorsi di integrazione a livello territoriale”. Il protocollo di intesa, firmato a Roma presso la sede dell’Upi, è centrato sull’organismo paritetico per l’innovazione previsto dal contratto degli Enti Locali, firmato il 21 maggio scorso, e ne individua le modalità operative.

“Col rinnovo del contratto – affermano congiuntamente Upi e Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Csa Ral – si è interrotto non solo il ciclo del blocco della contrattazione ma introdotto elementi di innovazione della partecipazione sindacale. I punti individuati nel testo dell’intesa che abbiamo raggiunto aprono spazi di innovazione che puntiamo a sfruttare al meglio, anche e soprattutto in considerazione del fatto che la logica delle decisioni unilaterali non ha in questi anni funzionato. Per queste ragioni, riprendere in modo diverso e innovativo il sistema di partecipazione sindacale può qualificare le stesse amministrazioni, valorizzando il contributo delle lavoratrici e dei lavoratori nell’offerta di servizi ai cittadini, esaltando un loro protagonismo”.

Nel merito il protocollo individua quattro punti condivisi. Il primo: “L’Organismo paritetico per l’innovazione previsto dall’articolo 6 del Ccnl può essere costituito nelle Province in forma associata, attraverso Protocolli di intesa stipulati tra le Unioni regionali delle Province e i livelli regionali delle organizzazioni sindacali, con il coinvolgimento dei rappresentanti degli enti interessati”. Inoltre, secondo punto: “Nell’ambito dell’organismo paritetico saranno monitorati i piani di riassetto organizzativo delle Province e previste iniziative formative per accompagnare i processi di riordino degli enti sulla base delle esigenze dei territori e dell’evoluzione del contesto normativo”.

Terzo punto del protocollo: “Le parti si impegnano a sperimentare, sulla base di iniziative avviate a livello territoriale e degli indirizzi condivisi a livello nazionale nel Comitato di coordinamento di cui al punto 4, un sistema più funzionale di relazioni sindacali con gli enti locali dei territori e l’avvio di percorsi di contrattazione integrativa a livello territoriale, in forma associata o attraverso la condivisione di indirizzi comuni, per valorizzare in modo appropriato la professionalità dei lavoratori e delle lavoratrici degli enti locali e rendere più funzionali e rispondenti ai bisogni delle comunità i servizi degli enti locali”. Quarto e ultimo punto: “Per l’attuazione ed il monitoraggio del presente protocollo è costituito un Comitato di coordinamento composto da due rappresentati UPI e due rappresentati per ogni sindacato firmatario”.

 

IL TESTO UFFICIALE DEL PROTOCOLLO DI INTESA