I permessi elettorali per le Amministrative

Tutti i lavoratori dipendenti che siano stati nominati componenti della sezione elettorale compresi i rappresentanti di lista/gruppo in occasione di qualsiasi tipo di consultazione elettorale hanno diritto di assentarsi dal lavoro per il periodo corrispondente alla durata delle operazioni di voto e di scrutinio.

I giorni di assenza sono considerati dalla legge giorni di attività lavorativa, anche se l’attività prestata per lo svolgimento delle operazioni elettorali copre una sola parte della giornata, l’assenza, è legittimata per tutto il giorno lavorativo che, quindi, deve essere retribuito interamente.

1.le giornate trascorse al seggio, coincidenti con l’orario lavorativo, danno diritto ad un’assenza retribuita e al dipendente viene corrisposta la normale retribuzione;

2.i giorni festivi o comunque non lavorativi possono essere compensati con quote giornaliere di retribuzione oppure mediante la fruizione di giornate intere di riposo compensativo;

3.operazioni di scrutinio che si protraggono oltre la mezzanotte: anche se solo per poche ore, dopo la mezzanotte del lunedì i lavoratori hanno diritto di assentarsi per l’intera giornata lavorativa del martedì e spetta loro l’intera retribuzione.

Le assenze per permessi elettorali devono essere giustificate dal lavoratore mediante la presentazione di idonea documentazione: gli interessati devono comunicare preventivamente  al datore di lavoro le assenze e presentare certificato di chiamata inviato dall’ufficio elettorale competente e successivamente esibire la copia del certificato firmata dal presidente di seggio, con l’indicazione della data e dei relativi orari di inizio e chiusura delle operazioni.

Sono previsti altresì, permessi elettorali per soggetti che ricoprono cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali: sindaci, membri dei consigli comunali, presidenti; nella misura pari alle ore necessarie per il raggiungimento della sede e lo svolgimento della riunione, predisponendo l’ assenza per l’intera giornata successiva se si protrae oltre la mezzanotte.

Non sono più previsti specifici permessi per lo svolgimento della campagna elettorale in qualità di candidato alle elezioni. Solo nel comparto pubblico è possibile, per il personale a tempo indeterminato, fruire a tal fine dei permessi retribuiti previsti contrattualmente.

I lavoratori che non rientrano in tale categoria, hanno diritto a fruire dei permessi previsti contrattualmente, ma in questo caso si tratta di permessi non retribuiti.




La Cassazione sulle sanzioni disciplinari espulsive e conservative

Il legislatore, con l’introduzione delle disposizioni di cui all’art. 55-quater del D.Lgs. n. 165/2001, pur facendo salva la disciplina generale in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo, ha tipizzato specifiche ipotesi di licenziamento disciplinare nel modo seguente:

  1. a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
  2. b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;
  3. c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
  4. d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera; e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
  5. f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro;

f-bis) gravi o reiterate violazioni dei codici di comportamento, ai sensi dell’art. 54, comma 3;

f-ter) commissione dolosa, o gravemente colposa, dell’infrazione di cui all’art. 55-sexies, comma 3;

f-quater) la reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l’applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell’arco di un biennio;

f-quinquies) insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell’ultimo triennio, resa a tali specifici fini ai sensi dell’art. 3, comma 5-bis, D.Lgs. n. 150 del 2009.

Con tali disposizioni, precisano i giudici di legittimità, sono state introdotte fattispecie legali di licenziamento aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva. In questo caso il legislatore ha anche affermato con chiarezza, con il precedente articolo 55, comma 1, la preminenza della disciplina legale rispetto a quella di fonte contrattuale; quest’ultima, quindi, non può essere più invocata ove in contrasto con la norma inderogabile di legge, venendo in tal caso sostituita di diritto da quest’ultima, ai sensi degli artt. 1339 e 1419 c.c.

In conclusione, per queste ipotesi tipizzate di licenziamento disciplinare, restano prive di effetto le clausole della contrattazione collettiva che prevedano una sanzione conservativa, anziché di natura espulsiva.

 

I poteri dei giudici di merito

Risolto il problema delle sanzioni espulsive tipizzate dal legislatore, restano da verificare le altre sanzioni disciplinari e i poteri dei giudici in presenza di una sanzione disciplinare conservativa prevista dalla contrattazione collettiva. In questo caso, precisano i giudici di Cassazione, le previsioni della contrattazione collettiva che individuano le fattispecie di licenziamento disciplinare non vincolano il giudice di merito, essendo quella della giusta causa e del giustificato motivo una nozione legale. Tale principio, tuttavia, subisce una eccezione ove la previsione negoziale ricolleghi ad un determinato comportamento disciplinarmente rilevante unicamente una sanzione conservativa. In quest’ultimo caso, il giudice è vincolato dal contratto collettivo, trattandosi di una condizione di maggior favore fatta espressamente salva dal legislatore (art. 12, L. n. 604 del 1966). In altri termini, qualora alla violazione disciplinare del dipendente pubblico sia ricollegata dalla contrattazione collettiva una sanzione conservativa, il giudice non può estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti.

Pertanto, continua il giudice di legittimità, il giudice è vincolato dalla previsione del contratto collettivo che ricolleghi ad un determinato comportamento giuridicamente rilevante solamente una sanzione conservativa. Di tale indicazione è proprio il legislatore a precisarlo, nel comma 2 dell’art. 55 del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui – salvo quanto previsto delle disposizioni dello stesso capo – la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.