Compenso incentivante da liquidare anche se l’opera pubblica non è realizzata

tratto da leggiditalia.it
La PO dell’area tecnica e RUP al fine di ottenere il compenso incentivante ai sensi dell’art. 113, comma 2D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ha presentato una “dichiarazione sulla corretta effettuazione delle attività e prestazioni affidategli e sullo svolgimento delle stesse senza errori e/o ritardi” e predisposto la relativa determina di liquidazione. Tra gli appalti per i quali si chiede l’incentivo se ne riscontra uno in particolare che ha dato avvio ad un lungo contenzioso con sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione al ricorrente. Si chiede se sussistono elementi per non liquidare l’incentivo per il caso in questione ed chi può decidere nel merito (segretario/giunta).
Il quesito proposto trova risposta in una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sez. lavoro n. 10222 del 28 maggio 2020.
Nel caso di specie è esaminata una vicenda in cui gli incentivi tecnici non sono stati liquidati dall’Ente perchè l’opera pubblica non è stata più realizzata ma le conclusioni cui sono addivenuti i giudici sono assimilabili al caso odierno.
Nello specifico, la Corte di Cassazione, sconfessando il Regolamento di cui l’Ente si era dotato (che prevedeva appunto il pagamento degli incentivi soltanto alla conclusione dell’opera) ha sancito il principio secondo il quale “la sorte della retribuzione accessoria reclamata dai dipendenti non può essere condizionata alla mancata conclusione delle successive fasi (oppure nel caso di specie dalla soccombenza ad un contenzioso), tanto che in mancanza di queste ultime verrebbero meno le precedenti attività pur completate”.
Tale conclusione è molto importante e deriva dal fatto che i citati incentivi derogano alla disciplina generale del trattamento accessorio dettata dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (art. 45), in quanto il legislatore ha previsto, in una logica premiale ed al fine di valorizzare le professionalità esistenti all’interno delle pubbliche amministrazioni, un compenso ulteriore, da attribuire, secondo le modalità stabilite dalle diverse versioni della norma succedutesi nel tempo, al personale impegnato nelle attività di progettazione interna agli enti oltre che in quelle di esecuzione dei lavori pubblici.
A nostro parere, pertanto, l’incentivo è comunque da riconoscere e liquidare al personale dell’Ente per le specifiche attività svolte, secondo le previsioni del proprio regolamento comunale, fermo restando l’eventuale accertamento (con conseguente mancata partecipazione alla ripartizione degli incentivi), a carico dei dipendenti coinvolti, del mancato rispetto di obblighi di legge e/o regolamentari o il mancato svolgimento dei compiti assegnati secondo la dovuta diligenza richiesta (se previsto nel proprio regolamento).



Le assunzioni di personale nelle Comunità Montane

tratto da risponde.leggiditalia.it

Si chiede se il nuovo D.M. 17 marzo 2020, in materia di assunzioni di personale da parte dei comuni, sia o meno applicabile alle Comunità Montane (qualificate come unioni di comuni dall’art. 27 del TUEL). L’ambito soggettivo di applicazione di detta novella normativa, parrebbe limitato ai soli comuni e, infatti: – lo stesso D.M. 17 marzo 2020, nell’epigrafe, indica solo “il personale a tempo indeterminato dei comuni” e, nell’art. 1, co. 2, specifica che “Le disposizioni…, si applicano ai comuni…”, – l’art. 33, comma 2, D.L. 30 aprile 2019, n. 34, di cui il D.M. 17 marzo 2020 costituisce attuazione, si riferisce esclusivamente ai comuni e i commi precedenti sono riferiti alle regioni (comma 1) e alle province/città metropolitane (comma 1-bis). Orbene, se si esclude – per come sembrerebbe -l’applicabilità alle comunità montane/unioni di comuni della novellata normativa sulle capacità assunzionali dei comuni, qual potrebbe essere la normativa applicabile, se non quella precedente al D.M. 17 marzo 2020?

Per rispondere al quesito proposto, come giustamente segnalato, non possiamo che rifarci alla lettura della previsione normativa e pertanto evidenziare come quanto disciplinato dall’art. 33, comma 2, D.L. 30 aprile 2019, n. 34 e del D.M. 17 marzo 2020 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2020 (nonché quanto descritto nella successiva circolare applicativa) non è applicabile alle Unioni, ai Consorzi o alle Comunità Montane (come qualificati dal TUEL), ma esclusivamente ai Comuni.
Per ciò che concerne la seconda domanda posta all’attenzione, per le Unioni dei Comuni/Comunità montane non possono che applicarsi, in riferimento alla capacità assunzionale, le seguenti norme che non sono state in alcun modo abrogate (in attesa di eventuali e futuri interventi da parte del legislatore):
– il comma 229 dell’art. 1, L. n. 208/2015: “a decorrere dall’anno 2016, fermi restando i vincoli generali sulla spesa di personale, (…) le unioni di comuni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 100 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente”;
– l’art. 32, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) che prevede che “i comuni possono cedere integralmente o parzialmente i propri spazi assunzionali all’unione di cui fanno parte”.
Pertanto, appare chiaro come, oltre al 100% del turnover previsto dalla norma speciale di cui al comma 229 dell’art. 1, L. n. 208/2015, le unioni dei comuni potranno vedersi trasferire dai comuni facenti parte anche i nuovi “spazi di limite” come disciplinati dalla nuova normativa già richiamata.
In aggiunta a questi spazi, va ricordato che l’art. 33, comma 2, D.L. 30 aprile 2019, n. 34 e il relativo decreto ministeriale prevedono per i Comuni sotto i cinquemila abitanti che si collocano nella fascia virtuosa al di sotto della percentuale della Tabella 1, ma che non riescono con la capacità che ne deriva a completare nemmeno un’assunzione, un «bonus»: potranno cioè espandere fino a 38.000 euro la capacità assunzionale derivante dal loro calcolo, una-tantum e potendola sfruttare entro il 2024, a patto che l’assunzione sia effettuata dal Comune e che questo comandi poi l’unità in favore dell’Unione, che si farà carico del costo relativo.