NO alla trasformazione implicita dei rapporti da tempo determinato a indeterminato
La Corte Costituzionale, con la sentenza 21 luglio-2 settembre 2020, n. 199, sancisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della L.R. Sicilia n. 1/2019 che prevedeva il mantenimento in servizio, senza termine finale, del personale precario adibito al servizio antincendio boschivo regionale. Per la Corte Costituzionale una proroga dei contratti del personale precario, senza l’indicazione di alcun termine di durata, determina la trasformazione dei contratti di lavoro in rapporti di impiego a tempo indeterminato, in aperto contrasto con l’art. 97, quarto comma, della Costituzione (“Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”).
Secondo il Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha impugnato la norma, la disposizione è incompatibile con la disciplina contenuta nell’art. 20 del D.Lgs. 75/2017 e con il principio dell’adeguato accesso dall’esterno, che costituisce un precipitato della previsione di cui all’art. 97, quarto comma, della Costituzione.
Il principio del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, quando l’intento è di valorizzare esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione, può andare incontro a deroghe ed eccezioni, attraverso la trasformazione delle posizioni di lavoro a tempo determinato, già ricoperte da personale precario dipendente, a condizione che sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico e che l’area delle eccezioni sia definita in modo rigoroso (sentenze della Corte Costituzionale n. 9/2010, n. 215/2009 e n. 363/2006).
Secondo il costante orientamento della Corte Costituzionale, il concorso pubblico costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare l’efficienza, il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione (ex plurimis sentenze n. 36/2020, n. 40/2018 e 251/2017).
Invece, la disposizione regionale censurata non indicando un termine finale del rapporto lavorativo, avrebbe consentito un generalizzato ed implicito meccanismo di proroga dei rapporti precari in essere, determinando la prosecuzione del contratto tendenzialmente in via definitiva, senza l’indizione di una selezione pubblica.