Decreti Coronavirus: 181 provvedimenti sono ancora da emanare!

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Fonte: Corriere della Sera

di ANTONELLA BACCARO (dal Corriere Economia) 

Dieci decreti governativi, 252 provvedimenti attuativi: 181 ancora da emanare, pari al 72%. Procede a rilento la «messa a terra» del corposo blocco di leggi prodotte dall’esecutivo a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza per il Coronavirus. Secondo lo studio elaborato da Openpolis su dati dell’Ufficio per l’attuazione del programma presso la presidenza del Consiglio, tra i ministeri che arrancano di più, il primo posto spetta a quello delle Infrastrutture, che non ha ancora emanato nessuno dei 35 decreti attuativi di propria competenza. Anche perché molti di questi derivano dal decreto Semplificazioni, uno degli ultimi a essere stato approvato lo scorso 11 settembre, con un carico di ben 20 provedimenti attuativi da emanare.
Colpisce che tra i decreti che mancano ancora di norme di attuazione ci sia il decreto Liquidità, tra i più attesi dalle categorie produttive: nessuno degli otto provvedimenti necessari ha ancora visto la luce. È bene però chiarire che in alcuni casi, come quello richiamato, i tempi più lunghi sono dovuti anche al passaggio in Parlamento, che modifica pure il numero di atti necessari. Nel caso del decreto Liquidità, li ha ridotti da 12 a otto, mentre il Cura Italia è passato da 36 a 34, dei quali 14 ancora da adottare. Il caso opposto è costituito dal decreto Rilancio, passato in Parlamento, come documenta Openpolis, da 103 a 137 decreti attuativi, due terzi dei quali (94) da emanare.

Fa peggio il decreto Agosto: dei 37 atti necessari, ne è stato prodotto solo uno. Mancano all’appello provvedimenti molto attesi, come quello che dovrebbe fissare le regole per il credito d’imposta sull’acquisto di biciclette, monopattini e abbonamenti ai mezzi pubblici, di competenza del ministero dell’Economia. Ma manca anche quello che dovrebbe indicare i contributi per la filiera della ristorazione, di competenza del ministero per le Politiche agricole (scaduto il 14 settembre). E non c’è nemmeno quello per l’attribuzione ai Comuni di risorse aggiuntive per le piccole opere, di competenza del ministero dell’Interno (scadenza 14 ottobre). A tagliare il traguardo dell’iter completato, alla fine sono solo due decreti: il Covid-lockdown e il Coronavirus che però abbisognavano ciascuno di un solo atto.
Quanto al decreto Semplificazioni, come si è anticipato, l’attuazione è ancora pari a zero. Intanto però il decreto attuativo che avrebbe dovuto definire le linee guida in materia di controlli sullo stato delle gallerie sulle tratte gestite da Anas, di competenza del ministero delle Infrastrutture, è scaduto il 30 agosto. Un provvedimento necessario per sciogliere la polemica sollevata da Autostrade cui è stato imposto, a maggio scorso, lo smontaggio e rimontaggio periodico delle onduline in galleria.

Ma provvedimenti attuativi già scaduti, secondo lo studio di Openpolis, ce ne sarebbero altri 34. Tra questi tre del decreto Rilancio, due dei quali di competenza del ministero dello Sviluppo. Uno sulle modalità di erogazione del fondo destinato ai lavoratori dello spettacolo, un altro sulle agevolazioni fiscali per gli investimenti in startup innovative. Infine l’ultimo, di competenza dell’Interno, sui criteri di ripartizione del fondo per i Comuni particolarmente danneggiati dall’emergenza.

Quasi tutti i ministeri devono ancora adottare buona parte dei decreti di loro competenza: il Tesoro ne ha in carico 43 ma ne mancano ancora 25 (58,1%). Latita il ministero di Porta Pia che non ha emesso nessuno dei 35 decreti a esso richiesti. Undici su venti ne mancano all’Interno, 16 su 19 al Mise, 15 su 19 alle Politiche agricole.
Va detto che i decreti emessi in epoca Covid dal governo sono stati 22 (17 dei quali sono stati convertiti in legge con l’approvazione di 1.104 emendamenti), dunque 12 di questi sono autoapplicativi, cioè non abbisognano di alcun decreto attuativo. A maggior ragione appaiono davvero tanti 252 provvedimenti attuativi a fronte di soli dieci decreti.
L’esiguo numero di atti autoapplicativi discende per lo più dalla difficoltà del governo di «chiudere» i provvedimenti in consiglio dei ministri, e dalla conseguente decisione di lasciare al Parlamento la ricerca dei compromessi politici non trovati. Per lo stesso motivo sono ancora molti i decreti approvati in consiglio dei ministri «salvo intese», cioè aperti a eventuali modifiche. Una pratica che genera problemi, primo fra tutti il fatto che il testo che appare in Gazzetta Ufficiale può non corrispondere all’ultima versione adottata.

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