Decreto Sostegni bis: le norme di interesse per i Comuni

La nota esplicativa dell’ANCI relativa alle norme d’interesse dei Comuni contenute nel Decreto Sostegni bis, (decreto legge 25 maggio 2021, n. 73, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 123 del 25 maggio),  recante “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”. Il provvedimento verrà trasmesso alla Camera dei deputati in prima lettura per la conversione in legge.

 

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ISTAT: la digitalizzazione della PA procede, ma i Comuni sono in forte ritardo (e più sono piccoli, peggio è)

L’ISTAT conferma quanto ormai sappiamo da tempo. Dalla sua periodica rilevazione sull’utilizzo dell’ICT nelle PA locali è emersa un’alta percentuale di personale in servizio con accesso a internet e una ampia presenza di strumenti tecnologici. Tra i Comuni, tuttavia, non c’è grande disponibilità di strumenti tecnologici moderni. Solo il 60% infatti possiede una rete Intranet per il coordinamento comunicativo e informativo.

La diffusione delle competenze nelle PA
Nell’area organizzativa e strategica, sono davvero pochi i Comuni che investono nello sviluppo di competenze interne e nella formazione del personale in materia di tecnologie ICT: nel 2018 solo il 7,3% del personale ha partecipato ad attività formative in materia. Molto più diffuso il ricorso a società esterne. Sussiste però un buon livello nella gestione delle principali funzioni amministrative, nonostante ancora il 40% dei Comuni utilizzi ancora procedure analogiche. Si registra un generale miglioramento della disponibilità di strumenti online: oltre nove Comuni su dieci permettono di acquisire on line modulistica e quasi tutti (98,3%) forniscono online informazioni. Purtroppo, specie nei Comuni più piccoli, la diffusione dei servizi interamente online è ancora limitata. Le regioni nelle quali è più diffusa l’offerta dei servizi online sono Umbria, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto; tra quelle meno performanti, figurano la Valle d’Aosta, il Molise, la Provincia Autonoma di Bolzano e la Calabria.

I servizi online offerti
La maggior parte dei servizi online adibiti dalle PA sono destinati alle imprese, sia tra i Comuni grandi che in quelli fino a 5mila abitanti. Ad ogni modo, l’offerta interattiva dei Comuni più piccoli si concentra su livelli di informatizzazione molto bassi. Nel 2018 è stato misurato per la prima volta un indicatore di risultato in termini di pratiche evase online sul totale: per i quattro servizi alle imprese analizzati, la gran parte dei Comuni che hanno dichiarato un’offerta online più matura e hanno indicato anche quote elevate di moduli ricevuti o di pratiche evase interamente online, con un’incidenza compresa tra il 71% e il 100% del totale dei moduli ricevuti e delle pratiche evase. Per quanto riguarda le modalità di accesso ai servizi, il 20,5% dei Comuni dichiara che, nel 2018, l’utenza può accedere ai servizi online attraverso l’identità digitale (Spid); per i Comuni più grandi (oltre i 60mila abitanti), tale quota sale al 58,2%, mentre è pari ad appena il 15,8% per quelli fino a 5mila abitanti. Il Censimento permanente delle istituzioni pubbliche è una rilevazione diretta, rivolta a tutte le istituzioni pubbliche e alle unità locali ad esse afferenti. Nella seconda edizione del Censimento, svolta nel 2018 sono state rilevate 12.848 istituzioni pubbliche, articolate sul territorio in 63.414 unità locali. Le informazioni raccolte permettono di cogliere il livello di digitalizzazione sotto questi profili, allargando il quadro all’insieme delle amministrazioni e delle istituzioni della PA. Tra i canali disponibili per acquisire informazioni, lo sportello fisico resta quello più utilizzato dalle unità locali di tutte le tipologie istituzionali. Fanno eccezione le Città metropolitane e l’Università pubblica, per le quali il canale più utilizzato è il sito istituzionale. Le unità locali delle Università pubbliche si confermano più digitalizzate delle altre tipologie istituzionali, consentendo di svolgere tutte le operazioni previste attraverso canali online.




La Cassazione conferma il licenziamento del lavoratore lavativo

La sentenza 11635/21, pubblicata il 4 maggio dalla sezione lavoro della Cassazione, ha reso definitivo il benservito dato al dipendente Asl di Foggia, assunto come operatore tecnico Ced in una procedura per stabilizzare i precari. I Supremi Giudici hanno stabilito infatti che, laddove venga violato il regolamento disciplinare e il lavoratore presenti scarso rendimento e assenteismo è giustificata la massima sanzione espulsiva. Infatti nel caso di specie l’informatico, proprio perché spesso non presente in ufficio o assente negli orari di lavoro è stato ritenuto poco affidabile ed incapace di adempiere in modo adeguato gli obblighi di servizio.

Perciò, se i singoli episodi in precedenza non sono stati ritenuti importanti tanto da ledere in modo irreparabile il rapporto di fiducia con il datore, il “protrarsi della prestazione insufficientemente produttiva” risulta essere fondamentale per minare quel rapporto. Quindi, non giova eccepire l’illegittimità del licenziamento per rappresaglia, dal momento che risultano chiari e dimostrati i gravi e numerosi inadempimenti contestati al lavoratore, inadempimenti che legittimano il recesso del datore per violazione del regolamento disciplinare, dal momento che lo stesso, data la gravità degli inadempimenti, non ha potuto più confidare nella correttezza della prestazione lavorativa.

 

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E’ scomparso Pasquale Bolzonella

Profondo cordoglio per la scomparsa del nostro grande dirigente sindacale Pasquale Bolzonella, figura storica della FIADEL e protagonista di tante battaglie sindacali a difesa dei lavoratori dell’Igiene Ambientale.

 

COMUNICATO DEL SEGRETARIO GENERALE




Nasce il Comitato consultivo per la transizione amministrativa

Su iniziativa del ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta è statoo istituito il Comitato consultivo per la transizione amministrativa, che garantirà un ruolo di supporto nell’ambito del processo di trasformazione dell’apparato pubblico. Tra i ventuno membri figurano rappresentanti di PA centrali e locali, autorità indipendenti, aziende e associazioni.

Secondo il ministro Brunetta la riforma non può prescindere da un organo che accerti lo stato di attuazione delle iniziative e dei progetti: “Il contributo del Comitato sarà prezioso per segnalarci tempestivamente gli eventuali correttivi e interventi aggiuntivi che si renderanno necessari. Per questo ho voluto esponenti del mondo dell’impresa e delle banche accanto a grandi e piccole amministrazioni. Si cambia soltanto insieme”. Detta attività di monitoraggio coinvolgerà l’implementazione e la reingegnerizzazione dei processi legati alla digitalizzazione delle PA; saranno inoltre individuate di volta in volta le best practices e si cercherà di favorire collaborazioni tra pubblico e privato, sempre nel rispetto delle specificità e particolarità dei territori.

Questi i componenti del Comitato: Piero Antonelli, Direttore generale dell’UPI; Laura Aria, Commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AgCom); Paolo Calcagnini, Vice Direttore generale di Cassa depositi e prestiti; Vincenzo Caridi, Direttore Direzione centrale Tecnologia, informatica e innovazione dell’Inps; Ernesto Ciorra, Direttore Funzione Innovazione e Sostenibilità di Enel; Giordano Colarullo, Direttore generale di Utilitalia; Silvia Giacomelli, Capo Divisione Economia e diritto della Banca D’Italia; Alessia Grillo, Segretario generale della Conferenza delle Regioni; Vanni Le Donne, Capo Divisione Sviluppo organizzativo della Banca D’Italia; Riccardo Maltoni, Direttore Organizzazione di Poste Italiane; Maria Vittoria Marongiu, Direttore generale dell’Aran; Marcello Minenna, Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli; Federico Monaco, Direttore generale Servizi fiscali dell’Agenzia delle Entrate; Veronica Nicotra, Segretario generale dell’Anci; Daria Perrotta, Presidenza del Consiglio dei ministri; Filippo Romano, Dirigente Ufficio Vigilanza e vigilanze speciali dell’ANAC; Raffaella Saporito, SDA Bocconi; Stefano Stinchi, Direttore Divisione Pubblica amministrazione di Microsoft Italia; Stefano Tomasini, Direttore Sistemi informativi dell’Inail; Gianfranco Torriero, Vice Direttore generale di Abi; Giuseppe Tripoli, Segretario generale di Unioncamere.




Brunetta: Una PA dalla parte dei cittadini e concorsi pubblici in 100 giorni

La riforma della Pubblica Amministrazione passa attraverso un approccio agile e votato al digitale nell’ambito dei concorsi nonché dal ritorno in presenza negli uffici pubblici, senza tuttavia abbandonare lo smart working ma anzi rendendolo uno strumento di volta in volta adattabile alle singole esigenze. Parlando del cambiamento della PA, il ministro Renato Brunetta ha condiviso la sua visione durante una lezione tenuta presso l’Università Bocconi di Milano.

Nel corso del suo intervento il ministro Brunetta ha fatto riferimento alle nuove procedure e metodologie che indirizzeranno lo svolgimento dei concorsi pubblici: “Siamo planati nella modernità e abbiamo abbandonato carta e penna, non c’è più il concorso ottocentesco. La pandemia aveva bloccato tutte le selezioni. Ci siamo trovati nella condizione di sbloccarle, semplificarle e digitalizzarle. Questo consentirà d’ora in poi la celebrazione dei concorsi in cento giorni dalla presentazione delle domande alla pubblicazione delle graduatorie. È una piccola grande rivoluzione che cambierà la cultura del reclutamento. L’articolo 10 del decreto legge 44/2021 sui concorsi è ora in discussione al Senato. La scelta che abbiamo fatto – ha proseguito il ministro – sarà sottoposta a un processo di affinamento man mano che si svolgeranno le prove concorsuali nei prossimi mesi. Ma la riforma è da considerarsi uno dei tanti strappi che voglio realizzare nel mondo della Pubblica amministrazione”. Brunetta si è poi soffermato sulla differenza tra la vecchia disciplina e il nuovo approccio: “Abbiamo avuto finora concorsi pubblici lenti, che duravano fino a quattro anni. L’inefficienza ha prodotto l’accumulazione di quantità enormi di concorrenti. Per filtrare, le amministrazioni hanno dovuto introdurre quiz selettivi, di tipo logico-matematico. I nostri giovani hanno dovuto dedicare il loro tempo a mandare a memoria le banche dati di quiz. Una devianza spaventosa, che ha generato intere generazioni di ‘concorsisti’. Ho voluto eliminarla, perché il mio obiettivo è di fare i concorsi in 100 giorni, semplificati, blindati rispetto alle manipolazioni e nell’ambito dei quali valorizzare i titoli legalmente riconosciuti, quelli di studio. Tutto in funzione dei posti messi a concorso e del livello di specializzazione delle figure che si cercano. Torniamo dunque a dare i segnali giusti: ci saranno più concorsi l’anno, ci saranno modelli diversi di selezione che le amministrazioni potranno utilizzare, ci saranno tantissime occasioni per chi ha titoli basici. E lo chiarisco una volta per tutte: l’esperienza potrà solo concorrere, insieme ai titoli di studio, alla formazione del punteggio finale. Non agirà da filtro. È una riforma dalla parte dei giovani e del valore della formazione”.

Per quanto riguarda i concorsi pubblici, Brunetta ha ribadito: “faremo concorsi semplificati, mai più carta e penna, tutto digitale e in 100 giorni, per consentire di fare 2-3 concorsi l’anno in ragione delle loro esigenze e con posizioni certe” ha detto il ministro per la Pubblica Amministrazione. Occorrerà sempre di più mettere al centro il merito, la formazione e la qualità la disponibilità ad apprendere, non sempre è stato così. I concorsi sono stati sempre troppo lunghi in Italia, con una durata media di 4-5 anni.”

I giovani sono vittime di una cultura deteriore, di una cultura assistenzialistica che non mette al centro il merito, che questi giovani hanno paura di confrontarsi, li considero delle nostre vittime, di chi aveva la responsabilità e non l’ha usata nel modo migliore” ha aggiunto Brunetta. “Si minacciano addirittura manifestazioni di giovani con dei cartelli ‘non vogliamo fare il concorso’, io credo che questi giovani siano vittime di clientele, di segnali sbagliati. Questo – aggiunge il ministro – mi auguro che sia il passato e non ce l’ho con questi giovani che non vogliono fare il concorso, ce l’ho con la cattiva classe politica, sindacale, di quelli che rappresentano questi giovani, perchè dà dei cattivi messaggi e crea delle vittime perchè un giovane che abbia paura di un concorso è gia’ perdente in sè. Da qualche parte – conclude Brunetta – bisogna pur cominciare (…) la stragrande maggioranza dei giovani di oggi sono bravi, vogliono trasparenza e merito e non vogliono essere ricattati da nessuno, io voglio questo e questo si realizzerà”.




Buona Festa della Mamma!

La Festa della mamma, è la festa di tutte quelle donne che ogni giorno si barcamenano tra la gestione della famiglia e il lavoro, quando c’è. Sì, perché in Italia le donne rappresentano ancora l’anello debole del sistema lavorativo, insieme ai giovani. Ogni giorno leggiamo sui giornali che il Covid ha penalizzato soprattutto loro ed è un clamoroso paradosso, perché le donne  dovrebbero invece essere delle risorse a cui attingere, in termini di flessibilità, abilità nel risolvere i problemi, velocità decisionale, precisione. Ma in Italia, a causa di un sistema ancora difficile da scardinare, che non favorisce la maternità e la famiglia, meno di una donna su due lavora e i figli rappresentano ancora un ostacolo alla carriera e alla piena occupazione femminile. Noi saremo sempre dalla parte delle donne e delle mamme, e questo è il giorno giusto per ribadirlo con forza e convinzione.




Chiarimenti sull’aspettativa per il dipendente che svolge attività professionali o imprenditoriali

Il dipendente pubblico che intenda avviare un’attività professionale e imprenditoriale può godere del collocamento in aspettativa, senza assegni né decorrenza dell’anzianità, per un periodo massimo di dodici mesi. È comunque esclusa da tale ipotesi la stipula di contratti di lavoro subordinato con datori di lavoro privati. Lo ha chiarito il Dipartimento della Funzione pubblica con il parere del 24 marzo 2021, n. 19365.

Il quesito rivolto al Dipartimento concerne la possibilità per il dipendente di una Provincia di svolgere contemporaneamente un’attività di lavoro subordinato presso un privato sfruttando l’aspettativa ex articolo 18 della legge n. 183/2010. Secondo il Dipartimento questa disposizione, come modificata dall’articolo 4, comma 2, della legge n. 56/2019, consente ai dipendenti pubblici di essere collocati in aspettativa, privi di assegni e senza decorrenza dell’anzianità, qualora gli stessi siano intenzionati ad avviare attività economiche o imprenditoriali.

Per tale periodo non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilità dettate dall’articolo 53 del d.lgs n. 165/2001, norma che impedisce ai dipendenti pubblici l’esercizio del commercio, dell’industria, dell’attività professionale o l’assunzione di impieghi alle dipendenze di privati. Dunque, considerando che l’aspettativa di cui trattasi agisce in deroga alla disciplina generale sopraccitata, la stessa dev’essere concessa previo esame della documentazione presentata dall’interessato. Ad ogni modo, conclude il Dipartimento, poiché il legislatore del 2019 fa cenno alle sole attività professionali e imprenditoriali, si ritiene comunque preclusa ai dipendenti pubblici la stipula di contratti di lavoro subordinato con datori di lavoro privati, per quanto attiene al regime dell’aspettativa in esame.

 IL PARERE DEL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA DEL 24 MARZO 2021, N. 19365.




A Regioni ed Enti locali il 39,5% dei fondi Recovery con l’incognita attuazione

Fonte: Il Sole 24 Ore

di GIANNI TROVATI

Si avvicina l’emanazione del decreto legge destinato a definire la governance del Piano di ripresa e resilienza. Attualmente, il Piano si articola in una serie di missioni e progetti che dovranno ricevere attuazione concreta, soprattutto alla luce del meccanismo di erogazione dei fondi in questione: lo Stato riceverà le risorse in base ai pagamenti effettivi e alla realizzazione dei progetti. Dunque, predisporre una macchina amministrativa e regolamentare incapace di portare a termine le iniziative vorrà dire, immancabilmente, condannare l’efficacia del Recovery Plan, soprattutto per quanto concerne gli investimenti a favore degli Enti locali.
Un numero lo spiega meglio di tutti. Gli enti territoriali avranno il ruolo di soggetti attuatori di investimenti per quasi 90 miliardi. Per la precisione, in base alla tabella presentata dal governo nel corso della Conferenza Unificata che ha sancito l’intesa sul Pnrr, si tratta di 87,4 miliardi. Cioè il 39,5% delle risorse mobilitate dal Piano.
La quota di interesse diretto degli enti territoriali illustra meglio di ogni dibattito una verità semplice. O si trovano meccanismi in grado di garantire con ragionevole certezza tempi di spesa umani e non biblici per i fondi collegati alle varie missioni, oppure il destino reale del Recovery Plan è segnato. E con lui le prospettive del Paese di superare i traumi prodotti dalla recessione ventennale prima e dal crollo economico da pandemia poi.
Il presidente dell’ANCI Antonio Decaro l’ha spiegato in tutte le salse nei giorni passati. «Se le regole restano quelle attuali, il 2026 non sarà l’anno in cui termineremo gli impegni di spesa». La conseguenza, ovvia, è che non arriveranno tutti i fondi del Recovery, che sono appunto subordinati alla rendicontazione sul rispetto dei cronoprogrammi concordati con la commissione Ue e con il Consiglio europeo.

Sul punto, a far tremare le amministrazioni locali è soprattutto una parola: «bandi». Non per un’allergia alla “concorrenza” fra progetti e fra amministrazioni. Il fatto è che «bandi» significa «decreti», spesso interministeriali. E decreti interministeriali significano mesi per la costruzione dei parametri, la definizione dei documenti necessari, il tira e molla per l’intesa nelle conferenze, Stato-Regioni e Unificata. E spesso contenziosi su questo o quel criterio che determina le assegnazioni.
L’alternativa, indicata dall’esperienza recente che ha superato con successo le perplessità iniziali è quella delle assegnazioni dirette, sulla falsariga del «modello spagnolo» che ha permesso alla spesa reale in conto capitale dei Comuni di crescere anche nel 2020 colpito dal Covid (+3,6%) rispetto a un 2019 nel quale già si era registrata un’impennata (+14,6%) sull’anno prima.
Nel documento presentato dalle Regioni si è sottolineata l’esigenza di «condividere al più presto i singoli progetti sottostanti a ciascuna missione e definire i soggetti attuatori». Il resto dovrebbe arrivare dal decreto Recovery in programma per metà maggio, che nelle intenzioni del ministro per la Pa Renato Brunetta dovrebbe cancellare i vecchi tetti al reclutamento e permettere la selezione rapida dei tecnici e degli esperti necessari a gestire gli investimenti. Per conoscere il destino del Pnrr non serviranno anni. Basteranno poche settimane.




Smart working: nella PA via la soglia minima del 50%

A seguito dell’approvazione del Decreto Proroghe, d.l. n. 56/2021) recante alcune disposizioni urgenti in materia di proroga dei termini legislativi, in considerazione del prosieguo dello stato di emergenza sanitaria da Coronavirus, la vigenza del lavoro agile semplificato e senza soglie è stata prolungata fino a dicembre.

Si torna pertanto alla normalità, con l’eliminazione della soglia minima del 50% per lo smart working nella Pubblica Amministrazione. Fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi del pubblico impiego, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche potranno continuare a ricorrere alle modalità semplificate relative al lavoro agile, ma sono liberate da ogni rigidità.

“Facciamo tesoro della sperimentazione indotta dalla pandemia e del prezioso lavoro svolto dal ministro Dadone – ha sottolineato il titolare del dicastero ella Funzione pubblica, Renato Brunetta – per introdurre da un lato la flessibilità coerente con la fase di riavvio delle attività produttive e commerciali che stiamo vivendo e dall’altro lato la piena autonomia organizzativa degli uffici. Fino a dicembre le amministrazioni potranno ricorrere allo smart working a condizione che assicurino la regolarità, la continuità e l’efficienza dei servizi rivolti a cittadini e imprese. Un percorso di ritorno alla normalità, in piena sicurezza, concordato con il Comitato tecnico-scientifico e compatibile con le esigenze del sistema dei trasporti”.

A regime, dall’inizio del 2022, la norma conferma l’obbligo per le amministrazioni di adottare i Pola (Piani organizzativi del lavoro agile) entro il 31 gennaio di ogni anno, riducendo però dal 60% al 15%, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, la quota minima dei dipendenti che potrà avvalersi dello smart working.