Comunicato del Segretario Generale sull’obbligo del Green Pass per i lavoratori pubblici e privati

Con la pubblicazione del D.L. 21 settembre 2021, n. 127 dono state dettate le disposizioni riguardanti l’obbligo, per i lavoratori pubblici e privati, del possesso del Green Pass. A riguardo, il Segretario Generale ha predisposto il comunicato allegato dove, nel ribadire ancora una volta la necessità di un più ampio approfondimento della materia, anche con il contributo delle OO.SS. rappresentative, indica come strada opportunamente percorribile l’integrazione della norma con il D.Lgs. 81/2008, che disciplina tutta la materia della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

OBBLIGO VACCINALE E GREEN PASS PER I LAVORATORI – LA POSIZIONE FIADEL/CSA

 

Nel prendere atto dello scompiglio creato dal D.L. 21 settembre 2021, n. 127, che estende a tutti i lavoratori pubblici e privati l’obbligo del Green Pass a partire dal 15 ottobre, non posso che ribadire la posizione già assunta dalla nostra Federazione con precedenti comunicati, e che consiste in quanto segue:

– Siamo assolutamente contrari alla linea che questo Governo sta seguendo, sulla falsariga dei precedenti, di intervenire sempre e comunque con decretazioni d’urgenza, bypassando quasi totalmente il dibattito alle Camere, che è garanzia assoluta del rispetto dei principi costituzionali che orientano la nostra democrazia.

– La nostra O.S. non condivide altresì che il provvedimento in oggetto sia stato emanato come un vero e proprio atto di imperio, senza alcun confronto con le rappresentanze dei lavoratori, che avrebbero potuto indicare soluzioni più confacenti alla realtà degli Enti pubblici, e senza nemmeno considerare la problematica Covid nel suo complesso.

– Infatti, se è vero che il ciclo delle vaccinazioni  è, al momento, il modo migliore per contrastare la diffusione della pandemia, è altrettanto vero che la vaccinazione non costituisce garanzia assoluta di immunità per sé e per gli altri e pertanto, una norma del tutto coerente col principio di “assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato”, non dovrebbe prevedere soltanto l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19, ma altresì la successiva effettuazione di test ricorrenti sui lavoratori tramite tampone.

– E’ inoltre deprecabile il tenore punitivo della norma, nei riguardi di chi, per questioni personali che possono essere anche legittime – e proprio per questo dovrebbero essere esaminate singolarmente – non intende procedere alla vaccinazione, laddove invece sarebbe preferibile implementare e migliorare le campagne di sensibilizzazione rivolte a tutta la cittadinanza.

– Anche qualora tutti i lavoratori decidessero di provvedere a vaccinarsi, la scadenza del 15 ottobre è troppo ravvicinata per consentire a tutti l’ottenimento della certificazione Green Pass, come confermano le attuali tempistiche medie, superiori alle tre settimane.

Con ciò premesso:

– FIADEL/CSA considera indispensabile che l’obbligo del Green Pass sia disciplinato da una legge organica, che garantisce per sua intrinseca natura una copertura più ampia delle varie fattispecie e previene eventuali situazioni future di emergenza nazionale. A tal proposito, si suggerisce una integrazione con il D.Lgs. 81/2008, che ha ben disciplinato tutta la materia della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, perseguendo tale finalità anche nel rispetto delle direttive comunitarie.

– FIADEL/CSA sostiene che il decreto in oggetto lasci aperte possibilità di interpretazioni distorte da parte dei datori di lavoro pubblici e privati, che possono dar luogo ad applicazioni non uniformi della norma e, peggio ancora, dar luogo a conflitti e contenziosi che vanno a danno sia dell’Ente/Azienda, che del lavoratore stesso.

– FIADEL/CSA, ritiene che alla formazione di una legge organica debbano concorrere anche le principali organizzazioni sindacali, per l’imprescindibile contributo di esperienze e conoscenze che sono in grado di fornire.

– FIADEL/CSA invita comunque tutti i lavoratori a superare le barriere ideologiche e a farsi vaccinare al più presto, salvi ovviamente i casi di gravi impedimenti personali, perché ciò costituisce non solo un imprescindibile strumento di tutela della salute propria e delle rispettive famiglie, ma anche un atto di responsabilità civile al quale non si può derogare.

– FIADEL/CSA rivolge un appello al Governo, al Ministero della Salute e a tutte le istituzioni coinvolte, affinchè, nell’iter di conversione in legge del D.L. 21 settembre 2021, n. 127, siano audite le OO.SS. rappresentative nei vari Comparti, proprio al fine sopra richiamato di dare agli organi legislativi ulteriori elementi di riflessione per valutare al meglio la questione e giungere quindi a soluzioni più confacenti.

Il Segretario Generale

Francesco Garofalo




Legge Polizia Locale: la Commissione adotta il testo unificato dei relatori come testo base

Nella seduta del 22 settembre, la Commissione Affari Costituzionali ha  adottato come testo base  il TESTO UNIFICATO di riforma della legge della POLIZIA LOCALE predisposto dai relatori.

Ciò rappresenta il primo importante riconoscimento per l’azione svolta in tutti questi anni dal CSA insieme al Dipartimento Polizia Locale, e per il grande impegno col quale tutti i lavoratori del comparto si sono battuti per abbattere il muro che, da oltre trent’anni, divide e discrimina la Polizia Locale dalle altre Polizie civili dello Stato, anche in considerazione del progressivo ampliamento delle mansioni a loro assegnate.

Dunque, siamo all’inizio di un iter che ci auguriamo possa arrivare alla meta il prima possibile, per far si che il personale della Polizia Locale possa godere del REGIME DI DIRITTO PUBBLICO, principio che naturalmente ha trovato la condivisione di tutta la Commissione.

Questo però non significa che la missione sia del tutto compiuta. Pertanto, continueremo a vigilare l’iter parlamentare del disegno di legge anche per evitare possibili intromissioni o inattesi cambi di rotta che possano pregiudicare l’ottenim,ento di quanto da anni stiamo chiedendo.

Estratto seduta Commissione Affari Costituzionali del giorno 22.09.2021

TESTO UNIFICATO BASE ADOTTATO IN C.A.C. SEDUTA 22.09.2021




CSA SICILIA: Corsi di preparazione ai concorsi di impiegato comunale e agente di Polizia Locale

La Segreteria Regionale siciliana, in vista delle prossime assunzioni nei comparti, indice e organizza i corsi di preparazione ai concorsi per:

  • IMPIEGATO COMUNALE: svolgimento in videoconferenza per un totale di 48 ore di lezione; 16 lezioni dal lunedì al venerdì in orario serale (ore 20:00 – 23:00)
  • AGENTE DI POLIZIA LOCALE: svolgimento in videoconferenza per un totale di 75 ore di lezione; 25 lezioni dal lunedì al venerdì in orario serale (ore 20:00 – 23:00)

I corsi affrontano tutte le materie riuchieste dai bandi e sono completi di materiale didattico. Le lezioni sono tenute da funzionari ed esperti della Pubblica Amministrazione.

Tutti i dettagli e i moduli di iscrizione sono riportati nelle locandine allegate.

Secondo corso CSA impiegato comunale

Corso avanzato agenti di polizia locale




Grande successo per il CSA: In approvazione in Commissione la riforma della legge della Polizia Locale

Nella giornata di ieri è giunta la notizia che alla Commissione Affari Costituzionali della Camera è stato presentato finalmente il testo unificato della riforma di legge della Polizia Locale, che rfecepisce molte delle nostre istanze, a cominciare dal ritorno al REGIME DI DIRITTO PUBBLICO del personale della Polizia Locale.

Comunicato del 16 settembre




I Comitati di Settore approvano l’atto di indirizzo del Ccnl Funzioni Locali

I Comitati di Settore Regioni-Sanità e Autonomie locali hanno approvato e trasmesso all’ARAN l’Atto di indirizzo per il rinnovo del Contratto collettivo di lavoro per il personale non dirigente del comparto delle Funzioni locali per il triennio 2019/2021, che interessa 430.000 dipendenti di Comuni, Province, Regioni e Camere di Commercio.

“Il nuovo contratto non si limiterà alla distribuzione degli aumenti contrattuali, ma interverrà su alcuni ambiti strategici per il rafforzamento delle nostre organizzazioni e il potenziamento dell’azione amministrativa” affermano Jacopo Massaro, presidente del Comitato di settore Autonomie locali e Davide Carlo Caparini, presidente del Comitato di settore Regioni – Sanità.

“Un primo fronte – spiegano – è quello della valorizzazione delle posizioni organizzative a cui sono conferiti incarichi implicanti maggiori responsabilità gestionali o livelli più elevati di autonomia e specializzazione professionale, bilanciata dalla possibilità di orientare il sistema di verifica degli obiettivi anche ai fini della permanenza nell’incarico.

L’Atto di indirizzo chiede poi di proseguire nel percorso delle semplificazioni procedurali avviato nella tornata contrattuale 2016/2018. Tale semplificazione deve interessare sia la disciplina delle progressioni economiche, per le quali si devono perseguire gli obiettivi di maggiore inclusività e scansione temporale dei passaggi nella vita lavorativa, ferma comunque la correlazione con la valutazione individuale, che le modalità di costituzione e utilizzo dei fondi per il salario accessorio, che sono ancora caratterizzati da tecnicismi eccessivi. Rispetto alla distribuzione del fondo, inoltre, i Comitati di settore chiedono di concentrare la contrattazione di secondo livello sulle risorse destinabili alla performance, alle premialità e alle progressioni economiche, rimettendo gli istituti indennitari alle scelte organizzative degli Enti.

Il nuovo Contratto dovrà infine affrontare la sfida dell’adeguamento degli istituti contrattuali interessati dalle nuove modalità lavorative a distanza, preservando comunque le competenze datoriali sulle materie relative all’organizzazione degli uffici, e promuovere la formazione come investimento organizzativo sulle competenze professionali e sulle abilità lavorative necessarie per rispondere a una domanda di servizi rivoluzionata in questi ultimi anni”.

Per ora prendiamo atto del lavoro svolto dai Comitati, in attesa dell’avvio del tavolo delle trattative, dove porteremo in discussione le nostre proposte.

ComitSett_Comparto Funzioni locali 2019-2021




Una legge per il Green Pass, a tutela e garanzia dei lavoratori e delle parti datoriali

COMUNICATO DEL SEGRETARIO GENERALE sulla questione dell’obbligatorietà del Green Pass per i lavoratori pubblici e privati, dove si ribadisce la necessità di una legge organica al fine di evitare penalizzazioni eccessive per i lavoratori e l’applicazione di discipline diverse da parte delle parti datoriali.

COMUNICATO DEL SEGRETARIO GENERALE – 10 SETTEMBRE 




Presentato il Programma GOL, la Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori

A seguito della video call con il Ministro Orlando che si è svolta ieri sul tema delle politiche attive, alla quale ha partecipato anche la CISAL, Il dicastero ha predisposto il seguente documento di sintesi del Programma di Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), istituito sulla base dei finanziamenti del piano ReactEU, previste dalla legge di bilancio del 2021, che prevede la messa in campo di strumenti volti a promuovere l’occupazione, previo utilizzo di misure dedicate. Dalla presa in carico dei cittadini fino ad una attenta analisi di profilazione: questo dovrebbe essere l’iter, che gli operatori pubblici e privati, dovranno mettere in campo per individuare le prestazioni in base alla tipologia di candidato.

Programma GOL_presentazione




Green Pass: la circolare esplicativa degli Interni e altre indicazioni utili

Dopo la pubblicazione del decreto legge 6 agosto 2021, n. 111 (cd. Decreto Green Pass recante “Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti”), il Ministero dell’Interno, con la circolare_certificazione_verde del 10 agosto u.s., ha fornito alcune indicazioni in materia di verifica delle certificazioni verdi da Covid-19.

Nel testo viene evidenziato come il ricorso alle certificazioni verdi rappresenti uno strumento di salvaguardia e di tutela della salute pubblica anche per scongiurare il ripristino di misure restrittive a fini del contenimento del contagio. Viene richiamata, altresì, la massima attenzione sull’attività di verifica e controllo circa l’impiego effettivo di detta certificazione facendone oggetto di apposita programmazione in sede di comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e nelle discendenti pianificazioni di carattere operativo a cura dei questori.

Per chiarire la situazione il Governo ha pubblicato delle utili FAQ in materia. CLICCARE QUI.

Per un ulteriore approfondimento visionare le schede esplicative della Lega Autonomie Locali sul Decreto Green Pass.




Per rendere obbligatorio il green pass per i lavoratori occorre una legge organica

Il Segretario Generale ha inviato una nota al Presidente del Consiglio e al Minstro della Saluteper esporre la posizione della nostra Organizzazione Sindacale sulla possibilità, non certo remota, che l’obbligo del green passa venga esteso a tutte le categorie di lavoratori pubblici e privati, senza alcuna concertazione e col rischio di forti penalizzazioni per i dipendenti stessi.

Nota FIADEL-CSA del 13 agosto




L’atto di indirizzo per il rinnovo CCNL Funzioni Locali predisposto dal Comitato di Settore

Publbichiamo l’Atto di Indirizzo per il rinnovo del CCNL FUNZIONI LOCALI predisposto dal Comitato di Settore Autonomie Locali, riservandoci di procedere ad una approfondita analisi dei contenuti e degli eventuali punti di criticità, che saranno tempestivamente segnalati all’ARAN.

Atto indirizzo_comparto Funzioni locali_2019-2021




Progressioni verticali: non è ammesso il “doppio salto”

Come evidenziato dalla Gazzetta degli Enti Locali, il rilancio delle progressioni verticali operato dall’articolo 3, comma 1, del d.l. 80/2021, che modifica l’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs. 165/2001, non lascia spazio alla possibilità di far effettuare una progressione verticale con un balzo in avanti di due categorie, ovvero saltando la categoria che sta in mezzo tra quella di partenza e quella di arrivo (ad es. dalla B3 alla D).

Secondo alcuni questo salto sarebbe ammissibile in quanto la norma non lo vieta espressamente. Ma, come giustamente osservato dall’autore dell’articolo, l’ordinamento amministrativo considera legittimi solo gli istituti che disciplina in via espressa e tipica.

Essendovi comunque la necessità di arrivare a una conclusione certa, l’autore porta una serie di argomentazioni, come di seguito indicato.

Le progressioni verticali sono con ogni evidenza un sistema di vero e proprio reclutamento alternativo a quello del concorso pubblico. Le pubbliche amministrazioni hanno la possibilità, cioè, di coprire alcuni posti liberi nell’ambito del fabbisogno senza rivolgersi al “pubblico”, ma fornendo ai propri dipendenti l’opportunità di uno sviluppo di carriera, evidentemente fondato sulla maturazione della consapevolezza che tra i propri dipendenti sono maturate esperienze e competenze meritevoli dell’ascesa verticale.

È proprio questo l’elemento da tenere in specifica considerazione. La tesi opposta secondo la quale il salto sarebbe ammissibile trae altra argomentazione per sostenere le proprie ragioni dall’esame del mero possesso del titolo di studio. Si afferma, quindi, che laddove un dipendente in categoria B3 disponga della laurea, potrebbe per ciò solo concorrere alla progressione verticale.

Sfugge a questo modo di leggere le norme che in capo al dipendente, per quanto dotato del titolo di studio in astratto utile all’inquadramento in categoria D, manchi del tutto anche la sola possibilità di una valutazione dello svolgimento delle proprie attività tale da evidenziare un potenziale adeguato alla progressione.

Guardiamo i criteri di valutazione imposti dalla norma, ai fini della procedura comparativa da svolgere per selezionare i meritevoli del passaggio verticale:

  • la valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio,
  • l’assenza di provvedimenti disciplinari,
  • il possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area,
  • il numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti.

Occorre, allora, porsi una domanda: quale utilità può avere, per la collocazione in D, la valutazione per attività connesse alla categoria B3; quali incarichi connesse alla categoria B3 stessa possono considerarsi minimamente comparabili utili e rilevanti, per reputare il dipendente come potenzialmente in grado di ascendere direttamente alla categoria D, senza passare dalla C? La risposta oggettiva è una sola: nessuna utilità.

Una progressione per saltum è all’evidenza solo una forzatura, che spesso per altro nasconde un chiaro favoritismo nei confronti di individuati dipendenti in apertissima violazione dei criteri anticorruzione posti dal Piano Nazionale 2013.

Il dipendente di categoria B che intenda ascendere alla D, per altro, ha aperte ben due strade. La prima: quella della progressione verticale nel medesimo ente, in successione dalla C alla D. Ci vuole tempo, certo, ma è esattamente quel richiedono legge e, prima ancora, logica. La seconda: partecipare ad un concorso pubblico per l’assunzione nella categoria D.

In conclusione, è d’obbligo evidenziare, comunque, che il divieto della progressione per saltum non è una lettura capricciosa di qualche interprete intento a tarpare le ali dei dipendenti pubblici. Essa si fonda, come visto, su evidenze normative inconfutabili.

In ogni caso, detto divieto trova un suo autorevole fondamento non normativo, bensì interpretativo, nelle sentenze della Corte Costituzionale 1/1999 e 194/2002, che richiama la prima.

La prima sentenza censura una procedura di concorso interno che non solo aveva riservato al personale interno il 100% dei posti disponibili, ma utilizzando l’escamotage di corsi, per altro dai contenuti formativi ignoti, come strumento di cooptazione, aveva esteso la promozione anche a dipendenti di due categorie inferiori, che avessero partecipato a detti corsi.

Anche il Ministero dell’interno, col parere ad oggetto “Progressione verticale personale EE. LL. – Art. 4, commi 1 e 2, del C.C.N.L. del 31 marzo 1999”, ha espresso la propria contrarietà al doppio salto: “la giurisprudenza costituzionale (…) non ha escluso la compatibilità delle progressioni interne dei dipendenti della pubblica amministrazione, purché le stesse siano conformi ai principi costituzionali, identificati dalla stessa Corte Costituzionale. Tali principi, estrapolati dal contenuto delle sentenze della Corte stessa, sono sostanzialmente identificabili nel divieto di procedere a progressione di soggetti non appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore (c.d. principio del divieto del doppio salto) e nel rispetto delle regole generali di buon andamento della pubblica amministrazione, così come enucleate dall’art. 35 del decreto legislativo 30.3.2001, n. 165, che si riferiscono, in sostanza, all’obbligatorietà dello svolgimento di procedure selettive volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l’acceso dall’esterno; peraltro, quest’ultima, valutata dalla Corte stessa, non irragionevole, se rapportata alla riserva del 50% dei posti da coprire (sent. 234/94)”.

Infine, il divieto del doppio salto è enunciato e rilevato dalla giurisprudenza amministrativa costante, come ad esempio Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 18 marzo 2010, n. 1604.




Le progressioni verticali Madia e Brunetta sono alternative tra loro

Tra la riforma delle progressioni verticali operata col d.l. 80/2021 e la disciplina delle progressioni verticali contenuta nell’articolo 22, comma 15, del d.lgs. 75/2017  non esiste relazione alcuna, anche se il ricorso alla disciplina della riforma Madia condiziona il ricorso alla disciplina della riforma “Brunetta”.

I testi delle norme:

art. 22, comma 15, d.lgs 75/2017

art. 52, comma 1-bis, d.lgs 165/2001 (come novellato dal d.l. 80/2021)

Per il triennio 2020-2022, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 30 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l’attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l’attività svolta e i risultati conseguiti, nonchè l’eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell’attribuzione dei posti riservati per l’accesso all’area superiore. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. La contrattazione collettiva individua, una ulteriore area per l’inquadramento del personale di elevata qualificazione. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle capacità culturali e professionali, della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area, nonchè sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti. All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente.

Occorre evidenziare, in particolare, i punti di immediata differenziazione:

Istituto

art. 22, comma 15, d.lgs 75/2017

art. 52, comma 1-bis, d.lgs 165/2001

Termine di applicazione Ultimo anno del triennio 2020-2022 Non c’è termine: norma a regime
Sistema di selezione Concorso interamente riservato Procedura comparativa
Criteri di selezione
  1. valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni,
  2. attività svolta e risultati conseguiti,
  3. eventuale superamento di precedenti procedure selettive
  1. valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni di servizio,
  2. assenza di provvedimenti disciplinari,
  3. possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area,
  4. numero e tipologia degli incarichi rivestiti
Quantità di posti riservati Non oltre il 30 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria Non oltre il 50 per cento delle posizioni disponibili destinate all’accesso dall’esterno

Come si nota, le diversità tra le due norme sono molto significative. Principale tra le quali è la durata limitata della norma del 2017, i cui effetti spireranno l’anno prossimo. Molto diversi sono anche gli elementi da considerare ai fini della valutazione e lo stesso sistema selettivo.

Ma, il punto di maggior interesse consiste nella fissazione della quantità di dipendenti che possono aspirare alla progressione verticale.
La norma contenuta nel d.lgs. 75/2017 si è da sempre caratterizzata per la sua specialità ed autonomia rispetto alla disciplina del d.lgs. 165/2001, col preciso scopo di rilanciare le progressioni verticali, rimaste congelate per anni, schiacciate, da un lato, dalla privazione di effetti economici alle progressioni disposto dall’articolo 9, commi 2 e 21, del d.l. 78/2010, dall’altro dai vincoli assunzionali, che hanno fatto propendere le amministrazioni per reclutare dall’esterno. Infine, dalla circostanza che l’originario testo dell’articolo 52, comma 1-bis, imponendo di gestire le progressioni verticali mediante concorso pubblico con riserva di posti non superiore al 50% ha reso molto difficile ricorrere a detto istituto, specie per gli Enti locali, nei quali il più delle volte è inconsueto mettere a concorso almeno 2 posti del medesimo profilo e categoria.

La riforma Madia ha superato quei vincoli, consentendo progressioni verticali mediante concorsi interamente riservati e non pubblici con riserva e prevedendo una percentuale dei posti pari al 30% di quelli previsti nella programmazione, consentite per la relativa area o categoria.

Ora, la riforma Brunetta del 2021, superando le previsioni della riforma Brunetta del 2009, regola le progressioni verticali in modo nuovo e diverso, oggettivamente tale da rendere sostanzialmente privo di senso insistere nell’utilizzazione del sistema delle progressioni disciplinato dalla riforma Madia.
Infatti, al di là delle differenze tra le due norme, viste prima, vi è un sostanziale e decisivo punto in comune: la progressione può avvenire non per concorso pubblico con riserva di posti, bensì con un reclutamento interamente riservato, qualificato come “procedura comparativa” nella riforma del 2021. La quale, rispetto alla norma del 2017, presenta un indubbio ulteriore incentivo: consente di estendere la progressione verticale al 50% del numero delle posizioni che sarebbe possibile ricoprire con accesso dall’esterno (rectius, mediante concorso).
A ben vedere, non pare vi sia una ragione precisa, oggi, per utilizzare la disposizione dell’articolo 22, comma 15, del d.lgs. 75/2017, invece che l’articolo 52, comma 1-bis, novellato, del d.lgs. 165/2001.
La novella del 2021, tuttavia, non ha disposto l’abolizione espressa della norma del 2017 (opzione che sarebbe stata possibile ed anche auspicabile, per evitare superfetazioni normative di medesimi istituti).
Tuttavia, da detta novella del 2021 non pare derivi un’abolizione tacita, per una ragione connessa all’unico punto della disciplina del 2017 che in effetti costituisce un contatto tra le due disposizioni: la parte nella quale si stabilisce che “l’attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001”.
Questa previsione chiarisce che laddove un ente utilizzi l’autonoma procedura della riforma Madia, “consuma” parte del complesso dei posti che sarebbe possibile ricoprire con progressione verticale.
Per essere più chiari, si ponga che il comune A possa effettuare nell’anno 2021 12 assunzioni. Con la disposizione del d.l. 80/2021, può decidere di coprire con progressione verticale 6 di questi posti. Con la disposizione del d.lgs. 75/2017, può destinare a progressioni verticali, però, 4 posti. Dunque, se il comune A attivi 4 progressioni verticali utilizzando la norma Madia, può realizzare altre 2 progressioni verticali secondo la disciplina dell’articolo 51, comma 1-bis, del d.lgs. 165/2001.
Ovviamente, questo esempio vale solo sul piano strettamente aritmetico: coglierebbe perfettamente nel segno se le 12 assunzioni fossero destinate tutte quante ad una medesima categoria di classificazione.
Non si deve dimenticare, infatti, che secondo la consolidata lettura data dalla magistratura contabile dell’articolo 22, comma 15, del d.lgs. 165/2001, quel 30% di progressioni verticali non si può computare sul complesso delle assunzioni, ma solo su ciascuna categoria.

Quindi, tornando al nostro esempio, si immagini che le 12 assunzioni siano distribuite così:

Categoria N. assunzioni previste 30% N. progressioni possibili
B3 4 1,2 1
C 4 1,2 1
D 4 1,2 1

In questo caso, quindi, il Comune può attivare, con la riforma Madia, non 4, ma 3 progressioni verticali; ne resterebbero, allora, altre 3 per le progressioni verticali “Brunetta”.
Ipotizziamo questo altro scenario:

Categoria N. assunzioni previste 30% N. progressioni possibili
B3 5 1,5 1
C 5 1,5 1
D 2 0,6 0

In questo caso, le regole sull’arrotondamento aritmetico riducono le progressioni “Madia” a solo 2.
Quale potrebbe essere, allora, la “convenienza” a continuare ad avvalersi fino al 2012 della disciplina del d.lgs 75/2017? La circostanza che la selezione per la progressione verticale ivi prevista sia meno rigorosa, e quindi meno esclusiva, di quella stabilita dalla novella del 2021. Questa, infatti, introduce come criterio selettivo fondamentale il “possesso di titoli professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area”, nonché la quantità e la qualità degli “incarichi” rivestiti.
La norma “Madia” è più blanda e, per questo, consente una partecipazione più ampia e chance di superamento anche a chi non disponga di titoli superiori a quelli di accesso, né vanti particolari incarichi precedenti.

Oggettivamente, la norma “Brunetta” si fa preferire, perché la maggiore rigorosità selettiva è prevista a fronte dell’eliminazione del concorso pubblico con riserva di posti.
Sta di fatto che poiché le due norme sono tra esse autonome ed indipendenti, a parte la circostanza che la norma “Madia” finisca per “consumare” parte delle progressioni verticali “ordinarie”, quelle disciplinate dall’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs. 165/2001, laddove un comune decida di applicare la previsione del d.lgs. 75/2017, non potrà estendere alla procedura ivi prevista quella della novella del 2021.

 




Vaccinazioni Coronavirus: nessun permesso speciale per assenza dovuta alla somministrazione

Nessuna norma riconosce permessi specifici in relazione alla vaccinazione per il Coronavirus. Solo per il personale del comparto scuola e università è prevista un’apposita giustificazione dell’assenza; al contrario, i lavoratori in servizio presso gli altri comparti, qualora si assentino dal lavoro per la somministrazione, hanno a disposizione i permessi personali o gli altri istituti previsti dalla contrattazione. Inoltre, le assenze dovute ai postumi del vaccino sono considerate giornate di malattia ordinaria. È questo il chiarimento offerto dal Dipartimento della Funzione pubblica mediante il parere dell’8 giugno 2021, n. 38420.




Parere in materia di fruizione dei congedi parentali ad ore

La valutazione circa la possibilità di concedere permessi al dipendente che presenti istanza, qualora lo stesso fruisca anche del riposto giornaliero, è facoltà attinente all’autonomia organizzativa dell’ufficio. A tal fine, il conteggio delle ore spettanti per il congedo deve essere effettuato su base giornaliera, secondo quanto definito dalle disposizioni della contrattazione che individua il limite di dieci mesi, undici qualora il padre ne fruisca per un periodo continuativo o frazionato di tre mesi. Ciò è quanto precisato dal Dipartimento della Funzione pubblica mediante il parere del 28 maggio 2021, n. 0036610.

Il quesito rivolto al Dipartimento attiene alla corretta applicazione delle clausole normative e contrattuali riguardanti il congedo parentale ad ore. Rispetto il primo quesito, esordisce il parere, “nel richiamare il disposto dello stesso articolo 32, comma 1-ter del d.lgs n. 151/2001, deve condividersi il parere espresso dall’ARAN attraverso l’orientamento del 15 giugno 2018″: la finalità della clausola di divieto di cumulo è evitare che l’assenza del dipendente si protragga per l’intera giornata o per buona parte di essa.

Il Dipartimento afferma quindi il valore dell’autonomia organizzativa della PA, posto il rispetto delle condizioni legali; in caso contrario, il legislatore avrebbe inserito nella norma istruzioni circa il coordinamento del cumulo con altri istituti. Per quanto attiene al conteggio delle ore spettanti, il Dipartimento si affida nuovamente all’interpretazione fornita dai tecnici dell’ARAN, questa volta nel parere del 18 agosto 2015: ” La scelta operata dalle parti contrattuali, quindi, fa propria l’individuazione dell’intervallo di fruizione oraria nella forma di metà dell’orario medio giornaliero, il cui impatto, rispetto al montante di giornate di congedo spettanti, consuma una frazione pari allo 0,5“.

 

 IL PARERE DEL DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA DEL 28 MAGGIO 2021, n. 0036610




Il riparto del Fondo Covid per gli Enti Locali

È stato raggiunto l’accordo in sede di Conferenza Stato-Città, presieduta dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, in merito al riparto del Fondo per l’esercizio delle funzioni degli Enti locali. L’intesa prevede l’erogazione di una somma pari a 1 miliardo e 280 milioni di euro, come previsto dall’articolo 106 del d.l. n. 34/20201 miliardo e 150 milioni saranno destinati ai Comuni, mentre le Città metropolitane riceveranno i restanti 130 milioni.

Non tutte le risorse dello stanziamento iniziale, pari a 1 miliardo e mezzo, saranno erogate immediatamente. Sarà anzitutto fondamentale, in questa fase, garantire il ristoro della perdita di gettito connessa all’emergenza sanitaria. Buone notizie per le grandi città: Milano, Roma e Venezia riceveranno rispettivamente 184, 90 e 74 milioni. Il fabbisogno 2021 del comparto è stato calcolato, chiaramente, alla luce delle minori entrate, al netto però delle minori spese per i contratti di servizio. È stata dedicata attenzione anche al trasporto pubblico locale, per il quale è stato calcolato un importo pari al 25% della variazione di entrate 2019-2020; valore a cui si aggiungono le risorse per compensare le variazioni di imponibile per l’addizionale IRPEF 2021. Ad ogni modo, il fabbisogno 2021 è ora determinato in 969 milioni, al netto dell’addizionale IRPEF, in considerazione dell’acconto 2021 già erogato. In relazione ai criteri di riparto, l’obiettivo era assicurare una quota pari ad almeno 2 euro per abitante per ciascun Comune. Nel prosieguo della seduta è stato anche preso in esame, e successivamente approvato, il DPCM recante la ripartizione del Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive emesse a causa di calamità o cedimenti strutturali, o da accordi transattivi ad esse collegate, verificatesi entro il 25 giugno 2016. I Comuni interessati da tale provvedimento, volto ad evitare che gli stessi precipitino nel dissesto finanziario, sono Pontboset (AO), Noli (SV), San Giuliano di Puglia (CB), Lettere (NA), Castellaneta (TA) e Sarno (SA).