Una organizzazione sindacale che pur non essendo rappresentativa ha nell’ente molti iscritti può chiedere il riconoscimento di diritti sindacali come informazione, accesso ai luoghi di lavoro per lo svolgimento di attività sindacale, uso locali, bacheca sindacale, fondando le proprie richieste sugli artt. 3 e 39 della Cost., sull’art. 14 dello Statuto dei Lavoratori e sull’art. 43, comma 12, del D.Lgs. 165/2001?
Le richiamate garanzie costituzionali sono state trasfuse a livello di legislazione nazionale nella L. 300/1970. Lo Statuto dei lavoratori, pur garantendo, con l’art. 14, a tutti i lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, nel titolo III dedicato ai diritti e alle prerogative sindacali ne individua i titolari nelle RSA di cui all’art. 19 della legge citata. Pertanto, anche nello Statuto dei Lavoratori diritti sindacali come la bacheca (art. 25) e i locali (art. 27) non sono attribuiti a qualunque organizzazione sindacale ma esclusivamente a quelle a cui è consentito costituire le RSA (sul punto cfr. sentenza Corte Cost. n. 231/2013).
Nel settore pubblico, come noto, il rapporto di lavoro dei dipendenti è regolato dal D.Lgs. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego) il quale all’art. 42, intitolato “Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro” afferma che: “
Nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l’attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in attuazione dei criteri di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini dell’attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell’esercizio della contrattazione collettiva.”
Conseguentemente, come affermato dalla Corte di Cassazione sez. lavoro nella sentenza n. 3095 dell’8 febbraio 2018 “L’art. 42 (…) pur richiamando nell’incipit le tutele previste dalla legge n. 300 del 1970, obbliga le amministrazioni ad osservare «le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini dell’attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell’esercizio della contrattazione collettiva», disposizioni che regolano la materia in termini diversi rispetto al settore privato”.
Il requisito della rappresentatività sindacale, richiesto dall’art. 42 del D.Lgs. 165/2001 per poter accedere ai diritti e alle prerogative, è stato altresì ribadito nel CCNQ sulle modalità di utilizzo delle suddette prerogative stipulato, ai sensi dell’art. 50, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, il 7 agosto 1998 (ora sostituito dal CCNQ 4 dicembre 2017). Si rammenta, in proposito, che le amministrazioni sono tenute ad applicare i contratti collettivi sottoscritti dell’Aran ai sensi dell’art. 40, comma 4 del d.lgs. n. 165/2001.
Nel citato CCNQ del 4 dicembre 2017, all’art. 39, comma 1, si conferma nuovamente che “tutte le prerogative sindacali disciplinate nel presente contratto (…) ai sensi del d.lgs. 165/2001 e del D.M. 23 febbraio 2009, non competono alle organizzazioni sindacali non rappresentative…”.
Alla luce delle sopracitate considerazioni un sindacato non rappresentativo nel comparto di riferimento non ha diritto ad alcun diritto e prerogativa sindacale.
Quanto infine al richiamato art. 43, comma 12, del D.Lgs. 165/2001 si evidenzia che la norma fa riferimento al gruppo di disposizioni (dal comma 8 al comma 12) riguardanti la costituzione e il funzionamento del Comitato paritetico, organismo previsto dalla legge con la finalità di garantire modalità di rilevazione dei dati certe ed obiettive, chiamato a certificare i dati che saranno utilizzati dall’Aran per il calcolo della rappresentatività sindacale. Il comma 12, in particolare, va letto nel senso che tutte le organizzazioni sindacali i cui dati associativi ed elettorali nel corso delle periodiche rilevazioni sono stati raccolti dall’Aran e sottoposti alla verifica del Comitato paritetico hanno diritto ad adeguate forme di informazione e di accesso ai dati che le riguardano. L’esplicitazione di tale assunto è rinvenibile, da ultimo, nell’art. 7, comma 5, del Regolamento di funzionamento del Comitato Paritetico (2019 – 20121) del 7 febbraio 2018 che regola appunto le modalità di accesso ai propri dati per le organizzazioni sindacali non rappresentative e, quindi, non rappresentate con propri delegati all’interno del Comitato Paritetico.
Pertanto, il citato comma 12 dell’art. 43 del D.Lgs. 165/2001 non attiene all’informazione intesa come modalità relazionale. Quest’ultima, invece, è disciplinata dai singoli CCNL di comparto o area.