Analisi del fondo per le posizioni organizzative

A. Bianco (La Gazzetta degli Enti Locali 19/2/2021)

Le amministrazioni locali e regionali possono dare corso ad un incremento del fondo per le posizioni organizzative solamente nelle ipotesi che sono previste dalla normativa. Il contratto collettivo nazionale di lavoro del 21 maggio 2018, che ha riscritto le regole da applicare, consente tale aumento esclusivamente attraverso la contrattazione decentrata, con lo spostamento di somme del fondo per le risorse decentrate, non prevedendo quindi – a differenza di quanto previsto per il personale e per la dirigenza – delle possibilità di incremento autonomo. Questi incrementi ovviamente devono essere contenuti nel tetto complessivo del salario accessorio, di cui all’articolo 23 del d.lgs. n. 75/2017, cioè quanto previsto nell’anno 2016. Le disposizioni di legge e le letture che ne sono state fornite dall’ARAN e dalla RGS consentono di operare questi incrementi, anche senza la preventiva contrattazione e non effettuando alcun taglio del fondo per il personale. Le amministrazioni decidono sulla utilizzazione dei risparmi che si sono determinati nella utilizzazione delle risorse destinate al finanziamento del salario accessorio delle posizioni organizzative.

La costituzione

La costituzione del fondo per le posizioni organizzative deve essere effettuata dalle amministrazioni, come per la individuazione di tutte le risorse destinate al salario accessorio. Le regole sono definite nel contratto nazionale in modo molto netto ed univoco: le risorse che l’ente ha destinato al finanziamento delle indennità di posizione e di risultato nell’anno 2017. Negli enti con la dirigenza, ciò determina una corrispondente riduzione della parte stabile del fondo per le risorse decentrate.
L’importo delle risorse destinate al finanziamento delle posizioni organizzative può essere una tantum ridotto dalle amministrazioni, previo confronto con le organizzazioni sindacali, ma a condizione che i risparmi vengano destinati al finanziamento del fondo per la contrattazione decentrata. Nel parere ARAN CFL 38 leggiamo testualmente: “non sembrano sussistere impedimenti contrattuali a che un ente riduca per un periodo definito, ad esempio per un anno, lo stanziamento delle risorse destinate nel 2017 al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative previste dall’ordinamento dell’ente, ampliando in tal modo le possibilità di incrementare, per quell’anno, le risorse del Fondo del personale (previo confronto sindacale, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. g), del CCNL del 21 maggio 2018 e utilizzando gli strumenti dell’art. 67 del medesimo CCNL del 21 maggio 2018). L’anno, successivo, invece, l’ente potrà ripristinare lo stanziamento delle risorse destinate nel 2017 al finanziamento delle posizioni organizzative, senza necessità di ricorso alla contrattazione integrativa, come previsto dall’art.7, comma 3, lett. u), del CCNL del 21 maggio 2018”.

La destinazione dei risparmi

Spetta alle amministrazioni decidere la utilizzazione dei risparmi che si sono determinati. Il parere ARAN CFL 123 ci dice che “non sembrano sussistere impedimenti a che la percentuale minima del 15% prevista dal CCNL possa essere implementata, con riferimento ad un anno, con le risorse già finalizzate al finanziamento della retribuzione di posizione in quel medesimo anno le quali, a consuntivo, risultino non essere state effettivamente utilizzate. Pertanto, in sede di contrattazione integrativa, potrebbero essere stabiliti anche i criteri per incrementare, in presenza di tali ulteriori risorse, il valore già determinato in via ordinaria per la retribuzione dei risultato dei titolari di posizione organizzativa (fermo restando, comunque, la necessità di garantire, in via prioritaria, le risorse necessarie per gli eventuali incrementi della retribuzione di risultato dei titolari di posizione organizzativa, cui sia stato affidato l’incarico ad interim di altra posizione organizzativa). In tal modo le risorse non utilizzate sarebbero impiegate nello stesso anno in cui si è determinato il risparmio, senza neppure problemi di trasporto nell’anno successivo. Ove tale percorso non sia ritenuto conforme agli interessi dell’ente, questo potrebbe anche decidere di non ricorrervi, considerando le risorse comunque non utilizzate in sede di erogazione della retribuzione di risultato di un determinato anno come mere economie di spesa”.
Si deve aggiungere che, a parere di chi scrive, si devono inoltre applicare anche a queste risorse le indicazioni dell’ARAN sui risparmi nella utilizzazione del fondo della dirigenza che derivano nella retribuzione di risultato a seguito di valutazioni non positive o non interamente positive. Tali risorse vanno in economia al bilancio dell’ente.

L’incremento

Il fondo per le posizioni organizzative può essere incrementato nelle 3 ipotesi previste dalla normativa e dalla contrattazione collettiva, ma può essere anche aumentato se diminuiscono gli altri fondi per il salario accessorio a condizione che si rimanga nel tetto dell’anno 2016.
La prima ipotesi di aumento del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative è disciplinata dall’articolo 11 bis, comma 2, del d.l. n. 135/2018 e riguarda esclusivamente i comuni senza dirigenza. Ci viene detto che il tetto al salario accessorio delle posizioni organizzative può essere superato “limitatamente al differenziale tra gli importi delle retribuzioni di posizione e di risultato già attribuiti alla data di entrata in vigore del CCNL e l’eventuale maggiore valore delle medesime retribuzioni successivamente stabilito dagli enti ai sensi dell’articolo 15, commi 2 e 3, del medesimo CCNL, attribuito a valere sui risparmi conseguenti all’utilizzo parziale delle risorse che possono essere destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato che sono contestualmente ridotte del corrispondente valore finanziario”. Queste risorse si devono considerare in deroga al tetto del fondo per il salario accessorio di cui all’articolo 23 del d.lgs. n. 75/2017, cioè il tetto delle somme destinate a questo titolo nell’anno 2016. La norma si deve considerare pienamente in vigore anche alla luce delle modifiche alle capacità assunzionali introdotta dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019. Siamo quindi in presenza di una disposizione che è diretta solamente ai comuni senza dirigenti; essa consente l’aumento delle risorse per il salario accessorio delle posizioni organizzative esistenti e non l’incremento del loro numero.
La seconda ipotesi è prevista dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019 e si realizza nel caso in cui vi sia un aumento del personale in servizio rispetto al 31.12.2018. In questo caso, occorre mantenere inalterata la incidenza media pro capite del trattamento economico accessorio del personale e delle posizioni organizzative. Di conseguenza, si procede all’aumento di tali due fondi in modo da mantenere invariato il salario medio pro capite in godimento nell’anno 2018. Spetta agli enti decidere in quale parte questo incremento deve essere destinato al fondo per il personale dipendente e per quale quota invece viene destinato al fondo per il salario accessorio delle posizioni organizzative. Si deve evidenziare che, non essendo previsto un incremento diretto di tali fondi, ma esclusivamente la possibilità di superare il tetto, la realizzazione concreta di questo aumento si deve realizzare attraverso gli istituti previsti dal contratto nazionale. In primo luogo si deve immaginare, per il personale, il ricorso all’articolo 67, comma 5, lettera a) del CCNL 21 maggio 2018, cioè “l’incremento delle dotazioni organiche, al fine di sostenere gli oneri dei maggiori trattamenti economici del personale”. Inoltre, si può fare riferimento anche alla lettera b) della prima citata disposizione, cioè il “conseguimento degli obiettivi dell’ente”. Inoltre, la RIA dei dipendenti cessati, che va inserita nel fondo, può a questo punto essere inserita nell’ambito dell’aumento che va in deroga al tetto del salario accessorio. Quindi, una previsione che consente questo incremento, ma solamente nel caso di aumento del numero dei dipendenti in servizio, peraltro solamente a tempo indeterminato per la lettura data dalla RGS.
La terza ipotesi è prevista dall’articolo 8, comma 2, lettera u) dello stesso CCNL 21 maggio 2028, in base al quale la contrattazione collettiva decentrata integrativa può disporre l’aumento del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative, con risorse tratte dal fondo per le risorse decentrate del personale.
Si deve inoltre evidenziare che, come ricordato dall’ARAN, il taglio del fondo dei dirigenti e/o di quello del personale può liberare risorse da destinare all’incremento del fondo per le posizioni organizzative, quindi senza un passaggio diretto, ma creando le condizioni attraverso cui si possa realizzare questa osmosi attraverso una deliberazione dell’ente. Il parere dell’ARAN fa riferimento alle indicazioni dettate dalla circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 16/2020, che contiene le istruzioni per la compilazione del conto annuale del personale. In tale circolare viene evidenziato che il tetto al trattamento economico accessorio è complessivo e non le singole voci. Leggiamo inoltre testualmente che la introduzione del tetto complessivo al salario accessorio “consente di incrementare fino alla concorrenza del limite generale della retribuzione accessoria dell’intera amministrazione le risorse di una categoria di personale in presenza di una corrispondente diminuzione di quelle disposte per una diversa categoria. Ciò può avvenire per espressa previsione del CCNL, come è il caso del trasferimento dal fondo per il trattamento accessorio del personale non dirigente delle Funzioni locali alle disponibilità destinate a bilancio in favore delle posizioni organizzative. Ciò può altresì avvenire quando, in applicazione di ordinarie facoltà disposte dal CCNL, si disponga la riduzione delle risorse aggiuntive che la parte datoriale aveva in precedenza appostato ai fondi per la contrattazione integrativa, anche di parte fissa, di una categoria di personale. Tale rimodulazione verso il basso consente, ancora in applicazione di ordinarie facoltà disposte dal CCNL, di incrementare fino alla concorrenza del limite generale, le risorse di una diversa categoria di personale”. Di conseguenza, siamo in presenza di una lettura che sembra superare la inesistenza di una norma contrattuale che consente di incrementare il tetto del fondo per le posizioni organizzative.




Digitalizzazione PA: in arrivo nuove risorse per gli Enti locali

Procede a pieno regime il percorso di riforme e iniziative che condurrà le Amministrazioni pubbliche, finalmente, al traguardo ormai irrimandabile della transizione digitale. Sono davvero pochi i giorni che ci separano dallo switch-off integrale a favore delle identità digitali e dall’esclusiva fruibilità online dei servizi delle PA. Inoltre, è ormai prossimo all’attivazione il Fondo per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione

L’agenda della transizione digitale

Il decreto legge n. 76/2020 (cd. Decreto Semplificazioni) ha fissato due scadenze strategiche: la prima, quella fatidica, è il 28 febbraio 2021, giorno a partire dal quale viene disposto l’utilizzo esclusivo delle identità digitali, della carta d’identità elettronica e della Carta Nazionale dei Servizi, quali strumenti di identificazione dei cittadini che accedano ai servizi online. Contestualmente, sarà anche vietato alle amministrazioni di rilasciare o rinnovare credenziali diverse da queste per le interazioni digitali con gli Enti locali. Sempre il 28 febbraio, inoltre, diventerà obbligatorio rendere fruibili i servizi in rete tramite l’app IO, per smartphone e tablet, e sarà anche il giorno da cui decorrerà l’obbligo per i prestatori di servizi di pagamento abilitati, come ad esempio le banche e le poste, di utilizzare esclusivamente la piattaforma PagoPA per i pagamenti verso le pubbliche amministrazioni.
Entro il 31 dicembre 2021  gli Enti locali dovranno spostare almeno il 70% dei servizi di incasso su PagoPA, dal pagamento della TARI a quello della refezione scolastica. In altre parole, saranno tenuti ad attivare almeno 10 servizi digitali sull’app IO, come le operazioni di anagrafe o quelle degli sportelli edilizia, e infine completare il passaggio allo SPID come strumento unico per l’accesso alle funzioni online dei Comuni.

Risorse strutturali per la transizione digitale

Proprio per garantire le risorse strutturali necessarie a ultimare il processo di trasformazione, sono in dirittura di arrivo le risorse del Fondo per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione; misura questa specificatamente creata per supportare le PA locali nell’implementazione delle buone pratiche inerenti alla transizione digitale: previsti 50 milioni l’anno. A tale scopo il Governo ha reso permanente la misura in aiuto ai Comuni: ciascuna Amministrazione potrà partecipare all’assegnazione, seguendo i dettami dell’avviso pubblico annuale, degli stanziamenti che tengono conto della densità abitativa di ciascun Ente.




Funzioni locali: per i dirigenti 190 euro di aumento

Il Consiglio dei ministri del 2 dicembre, n. 82, ha deliberato l’autorizzazione per il ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, ad esprimere il parere favorevole del Governo sull’ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dell’Area Funzioni Locali per il triennio 2016-2018, sottoscritta lo scorso 16 luglio dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e dalle confederazioni e organizzazioni sindacali di categoria. L’ipotesi di contratto ora dovrà essere certificata dalla Corte dei conti prima della stipula definitiva che si presume avverrà nel corso dell’anno. Si ricorda che il contratto riguarda anche i segretari comunali e provinciali, oltre che i dirigenti degli Enti locali.

L’incremento per i dirigenti

È contemplato, per quel che concerne il rinnovo dei contratti dei dirigenti, un incremento fino al 3,48%. Ciò equivale a un ammontare complessivo mensile di quasi 190 euro, ripartito tra la rivalutazione della parte fissa compresa nella retribuzione e le somme erogate in sede locale e finalizzate alla remunerazione dovuta alle condizioni di lavoro, ai risultati raggiunti e agli incarichi dirigenziali. Circa la rivalutazione tabellare a regime, si parla di 125 euro al mese, a cui vanno ad aggiungersi gli incrementi di parte accessoria, connessi con gli istituti retributivi relativi all’erogazione dei servizi.

 




Il rinvio delle elezioni RSU nel testo del Decreto Ristori quater

Come è noto, nel Disegno di Legge di Bilancio 2021 era stato disposto, all’art.163,  il rinvio della data di scadenza della rilevazione delle Deleghe e delle elezioni RSU. Dopo di che, l’articolo è stato stralciato dal Presidente della Camera, insieme ad altri, e quindi inserito nel testo del Decreto Risotori quater, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale. Nessun variazione rispetto alla formulazione originaria.

Art. 15

1. Differimento delle elezioni degli organismi  della rappresentanza sindacale  1. Tenuto conto dell’emergenza epidemiologica in atto, con riferimento al periodo contrattuale 2022-2024, i dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione, necessari per l’accertamento della rappresentativita’ di cui all’articolo 43 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono rilevati alla data del 31 dicembre 2021 e trasmessi all’ARAN non oltre il 31 marzo dell’anno successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell’organizzazione sindacale interessata, con modalita’ che garantiscano la riservatezza delle informazioni. In via eccezionale e con riferimento al periodo contrattuale 2022-2024 sono prorogati, in deroga all’articolo 42, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, gli organismi di rappresentanza del personale anche se le relative elezioni siano state gia’ indette. Le elezioni relative al rinnovo dei predetti organismi di rappresentanza si svolgeranno entro il 15 aprile 2022.

2. Gli appositi accordi di cui all’articolo 42, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per le elezioni per il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie, possono prevedere il ricorso a modalita’ telematiche in funzione dello snellimento delle procedure anche con riferimento alla presentazione delle liste ed alle assemblee sindacali.




Assunzioni pubbliche: restrizioni per gli enti “non virtuosi”

La Sezione controllo per la Sicilia della Corte dei conti ha rilasciato la deliberazione 9 novembre 2020, n. 131, in cui definisce i limiti di libertà di assunzione per gli enti che registrano eccessive spese per il personale.

A questi non è del tutto impedito stipulare contratti a tempo indeterminato, ma devono agire in modo tale da rispettare i parametri di sostenibilità stabiliti ad hoc. Di seguito si riporta la massima ricavata dal testo della deliberazione.

“Gli enti caratterizzati da elevata incidenza della spesa di personale sulle entrate correnti secondo le disposizioni di cui all’art. 33, comma 2, del d.l. n. 34 del 2019 (Decreto Crescita), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 e del relativo decreto attuativo del 17 marzo 2020 (c.d. “non virtuosi”) non sono, per ciò solo, privati di ogni facoltà di effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato, ma l’entità dei relativi spazi assunzionali deve essere determinata in misura tale da risultare compatibile con il percorso di graduale riduzione annuale del rapporto di sostenibilità finanziaria che gli stessi sono chiamati a compiere”.

 

 IL TESTO DELLA DELIBERAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI (SEZ. SICILIA) 9 NOVEMBRE 2020, n. 131.




Emergenza Covid: nota ANCI sull’utilizzo dell’esenzione dal servizio

Nella nota ANCI: Riflessi sul personale della sospensione di attività e rideterminazione delle attività indifferibili in applicazione del DPCM 3 novembre 2020, è di particolare interesse l’esame della possibiità di utilizzare lo strumento dell’esenzione dal servizio prevista dall’art.87, comma 3, del DL 18/2020.

 

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Nasce l’Osservatorio sullo smart working

E’ stato firmato il decreto che istituisce l’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, come previsto dal Decreto Rilancio (d.l. 34/2020).

L’Osservatorio sarà composto da 27 rappresentanti di Governo, Regioni, Enti locali, INPS, ISTAT e altre istituzioni, tra cui un membro per conto dell’Enea, in modo da poter approfondire con attenzione anche gli aspetti connessi alle tecnologie, all’energia e allo sviluppo sostenibile. Ad essi si aggiungeranno 14 esperti del settore pubblico e privato o provenienti dal mondo universitario, che andranno a costituire una Commissione tecnica di supporto.

L’Organismo nasce per fornire spunti e proposte di carattere normativo, organizzativo o tecnologico per migliorare sempre più lo smart working nelle pubbliche amministrazioni, anche interagendo con i principali stakeholder, per sviluppare le competenze del personale pubblico, le capacità manageriali dei dirigenti, la misurazione e valutazione delle performance organizzative e individuali. Verificherà, inoltre, che i POLA (Piani Organizzativi del Lavoro Agile) messi a punto dagli enti raggiungano gli obiettivi quantitativi e qualitativi fissati, monitorerà gli effetti dello smart working sull’organizzazione e i benefici per i servizi ai cittadini, ma ne promuoverà anche la diffusione sul piano comunicativo e culturale.

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PEO: orientamenti applicativi ARAN

Sul sito ARAN sono state pubblicate le risposte ad alcuni quesiti sul CCNL Funzioni Locali, tutte vertenti sull’istituto della Progressione Economica all’interno della categoria. In neretto le nostre note di sintesi

 

La contrattazione integrativa prevista dall’art 7, comma 4, lett. c), del CCNL del comparto delle Funzioni locali del 21.05.2018 in materia di progressione economica orizzontale può stabilire, ai fini dell’applicazione dell’istituto, un arco temporale di cui tener conto nella valutazione del personale diverso da quello triennale previsto dall’art. 16, comma 3, del CCNL?

l’art.16, comma 3, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, espressamente dispone che “Le progressioni economiche sono attribuite in relazione alle risultanze della valutazione della performance individuale del triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istituto, tenendo conto eventualmente a tal fine anche dell’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento, nonché delle competenze acquisite e certificate a seguito di processi formativi.”

L’inequivoco tenore letterale della clausola contrattuale, ai fini della sua applicazione, richiede espressamene le valutazioni del triennio antecedente l’anno della sottoscrizione del contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto e non consente soluzioni diverse volte ad introdurre,  nella procedura per l’attribuzione della progressione economica orizzontale, elementi derogatori quali il calcolo della media delle valutazioni conseguite in un periodo inferiore al triennio considerato dalla norma contrattuale nazionale.

Si ritiene utile precisare che il triennio indicato nella richiamata norma non rappresenta un requisito di partecipazione ma l’inderogabile arco temporale di riferimento relativo agli esiti della valutazione della performance individuale da considerare ai fini dell’attribuzione della progressione economica orizzontale.

Si ritiene opportuno infine rammentare che, ai sensi dell’art. 40, comma 3-quinquies, 5° periodo, del dlgs. 165/2001 e smi.” Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile”.

 NOTA di sintesi: Non è ammessa alcuna deroga all’arco temporale di 3 anni per la valutazione del personale ai fini della PEO, con espresso riferimento alla contrattazione integrativa.

 

Come deve essere interpretato l’art. 16, comma 2, del CCNL del comparto delle Funzioni locali del 21.05.2018 nella parte in cui recita “ad una quota limitata di dipendenti”?

Con riferimento alla questione in esame, si deve anzitutto chiarire che l’art.16, comma 2, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, con la locuzione “ad una quota limitata di dipendenti”, non ha in alcun modo inteso “contrattualizzare” tale particolare aspetto della disciplina delle progressioni economiche orizzontali.

Infatti, si tratta solo di un richiamo alla vigenza ed efficacia delle previsioni dell’art. 23, comma 2, del D.Lgs.n.150/2009 che rappresentano la cornice legale di riferimento entro la quale si muove la regolamentazione contrattuale, che non ha capacità derogativa o integrativa della stessa, al fine di garantire la premialità e la selettività dell’istituto della progressione economica orizzontale.

Tale disciplina legislativa dispone che: “Le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione”.

Tanto premesso, si ritiene necessario rammentare che, in base al disposto dell’art. 46, comma 1, dlgs 165/2001 e smi, l’attività di assistenza alle Amministrazioni dell’Agenzia è limitata, per quanto qui ne occupa, alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui essa è parte stipulante e non può quindi estendersi all’interpretazione di disposizioni legislative.

Pertanto, sulla effettiva portata di tale normativa e, quindi, anche sui contenuti dell’obbligo imposto dal legislatore (che espressamente non fissa alcun preciso vincolo quantitativo) si rinvia alle indicazioni fornite dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Ministero dell’Economia e Finanze, istituzionalmente competenti per l’interpretazione delle norme di legge concernerti il rapporto di lavoro pubblico.

 Nota di sintesi: l’ARAN sostanzialmente non risponde al quesito in quanto ad essa non compete l’interpretazione di un testo di legge

 

L’art. 16, comma 3, del CCNL del comparto delle Funzioni locali 21.05.2018, ai fini dell’attribuzione delle progressioni economiche orizzontali, richiede che negli anni del triennio considerato vi sia stata anche l’erogazione dei relativi premi di performance individuale?

La disciplina dell’art. 16, comma 3, del CCNL 21.05.2018, ha inteso assumere quale presupposto per l’attribuzione delle progressioni economiche orizzontali le “risultanze della valutazione della performance individuale del triennio precedente l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istituto”, senza che a tal fine rilevi la circostanza che, negli anni in riferimento, vi sia stata o meno l’erogazione in concreto dei relativi premi di performance individuale.

La ratio della disposizione, infatti, è quella di evitare che l’ente, come avveniva in passato, attivi due distinte procedure di valutazione relativa l’una alla performance individuale e l’altra alle progressioni economiche orizzontali, rette da criteri diversi.

Nota di sintesi: la mancata erogazione dei premi di performance individuale non ha alcuna incedenza sulla valutazione delle performance per l’attribuzione delle PEO

 

Con quale criterio è possibile determinare, ai sensi dell’art. 16, comma 7, del CCNL del comparto delle Funzioni locali 21.05.2018, la data di decorrenza dell’attribuzione delle progressioni economiche orizzontali laddove il contratto integrativo non abbia stabilito esplicitamente nulla al riguardo?

Come espressamente stabilito dall’art.16, comma 7, del CCNL del comparto delle Funzioni Locali del 21.5.2018, l’attribuzione della progressione economica orizzontale non può avere decorrenza anteriore al 1° gennaio dell’anno nel quale viene sottoscritto il contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto, con la previsione delle necessarie risorse finanziarie.

La decorrenza del beneficio dovrebbe essere prevista dal contratto integrativo che prevede le nuove progressioni economiche orizzontali, ma nell’eventuale silenzio di esso si ritiene che per poter ricostruire la volontà delle parti contraenti di tale contratto si possa aver riguardo al finanziamento che è stato concordato per l’istituto delle progressioni economiche orizzontali.

Laddove, infatti, tale finanziamento sia stato previsto anche per l’intero anno in cui è stato definitivamente sottoscritto il contratto integrativo, si può ritenere che la volontà delle parti contraenti sia stata, in applicazione dell’art. 16, comma 7, del CCNL del comparto delle Funzioni Locali del 21.5.2018, nel senso di far decorrere il beneficio dall’inizio di tale anno.

Si raccomanda tuttavia di evitare una simile situazione limite prevedendo sempre esplicitamente una data di decorrenza dell’attribuzione delle progressioni economiche orizzontali nel contratto integrativo.

Nota di sintesi: a livello di contrattazione integrativa, si raccomanda di indicare sempre la data di attribuzione delle PEO, fermo restando che l’attribuzione delle PEO non può essere antecedente al 1° ganniod ell’anno in cui viene sottoscritto il Contratto

 

Nel caso di un contratto integrativo definitivamente sottoscritto alla fine dell’anno 2018 quale decorrenza è possibile dare all’attribuzione delle progressioni economiche orizzontali nel 2018?

Come espressamente stabilito dall’art.16, comma 7, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, l’attribuzione della progressione economica orizzontale non può avere decorrenza anteriore al 1° gennaio dell’anno nel quale viene sottoscritto il contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto, con la previsione delle necessarie risorse finanziarie.

Di conseguenza, se il contratto integrativo che prevede le nuove progressioni economiche orizzontali è stato sottoscritto definitivamente comunque nel 2018, le stesse possono avere decorrenza dal 1° gennaio del 2018, ma possono avere decorrenza anche da una diversa data del 2018, successiva al 1° gennaio, che le parti abbiano ritenuto opportuno a tal fine prevedere.

Per completezza, informativa, si ricorda che le posizioni economiche “nuove” D7, C6, B8 e A6, previste dalla Tabella C allegata al CCNL del 21.5.2018, non possono avere comunque decorrenza anteriore all’1.4.2018, dato che esse sono state istituite dalla contrattazione collettiva nazionale solo da tale data.

Nota di sintesi: in coerenza con quanto indicato nel quesito precedente, l’ARAN sottolinea che le parti possono concordare anche una data successiva al 1° gennaio, precisando che per alcune categorie – riguardo i contratti integrativi sottoscritti nel 2018 – la decorrenza non può essere anteriore al 1° aprile dell’anno stesso.

 

In base all’art. 16, comma 10, del CCNL del comparto delle Funzioni locali del 21.05.2018 sono fatte salve le procedure di attribuzione delle progressioni economiche orizzontali ancora in corso alla data di sottoscrizione definitiva dello stesso CCNL. In tale ipotesi quale decorrenza dovrà avere il riconoscimento del beneficio?

Con riferimento alla problematica in esame si ritiene opportuno evidenziare che l’art.16, comma 10, del CCNL del 21.5.2018 delle Funzioni Locali fa espressamente salve le procedure di attribuzione della progressione economica orizzontale ancora in corso all’atto della sottoscrizione definitiva del suddetto CCNL, sulla base, evidentemente, di decisioni già adottate in materia con contratti integrativi  antecedenti  al  21.5.2018, e, quindi, nel rispetto delle pregresse disposizioni contrattuali nazionali e delle prassi applicative già seguite, anche per ciò che attiene alla decorrenza del riconoscimento del beneficio.

A tale ultimo riguardo si deve tener presente che, a suo tempo, il Dipartimento della Funzione Pubblica con il parere n.7259 del 5.2.2014 ed il Ministero dell’Economia delle Finanze, hanno fornito alcune indicazioni in ordine a tale aspetto, con specifico riferimento anche al profilo dell’eventuale efficacia retroattiva dell’istituto delle progressioni economiche orizzontali nel regime previgente l’entrata in vigore dell’art. 16, comma 7, del CCNL 21.05.2018.

In particolare, secondo il suddetto dicastero nel previgente regime “…non risulta possibile retrodatare la decorrenza delle progressioni anteriormente al 1° gennaio dell’anno nel quale risulta approvata la graduatoria delle stesse”.

Nota di sintesi: anche nel caso di attribuzione di PEO ancora in corso, nell’anno in cui viene sottoscritto il CCNL (segnatamente il 2018), la decorrenza delle stesse non può essere retrodatata anteriormente al 1° gennaio.

 

La contrattazione integrativa prevista dall’art 7, comma 4, lett. c), del CCNL del comparto delle Funzioni locali in materia di progressione economica orizzontale può modificare il requisito di 24 mesi previsto dall’art. 16, comma 6, dello stesso CCNL?

L’art.16, comma 6, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, sostanzialmente ripetendo quanto già previsto dall’art.9 del CCNL dell’11.4.2008, dispone che “Ai fini della progressione economica orizzontale, il lavoratore deve essere in possesso del requisito di un periodo minimo di permanenza nella posizione economica in godimento pari a ventiquattro mesi”.

Al riguardo si deve precisare che il periodo minimo di almeno di 24 mesi di permanenza nella posizione economica in godimento costituisce un requisito di partecipazione alla procedura per l’attribuzione della progressione economica orizzontale che non può in nessun caso essere modificato, in aumento o in diminuzione, in sede di contrattazione integrativa, data la mancanza nella disciplina del CCNL di ogni delega in tal senso alla contrattazione di secondo livello alla quale è affidata dall’art 7, comma 4, lett. c) la regolazione de “i criteri per la definizione delle procedure per le progressioni economiche”.

Viceversa, si ritiene che possano essere stabiliti in sede di contrattazione integrativa sia la data alla quale i dipendenti devono possedere il requisito del periodo minimo di permanenza di 24 mesi nella posizione economica in godimento, sia eventuali ulteriori presupposti e condizioni legittimanti la partecipazione dei dipendenti alle procedure  selettive per l’attribuzione della progressione economica orizzontale quali, ad esempio, la presenza in servizio del personale ad una determinata data.

Si ritiene opportuno al riguardo rammentare che, ai sensi dell’art. 40, comma 3-quinquies, 5° periodo, del dlgs. 165/2001 e smi.” Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile”.

 Nota di sintesi: il periodo minimo di  24 mesi di permanenza nella posizione economica in godimento non può in nessun caso essere modificato in sede di contrattazione integrativa, dove è possibile stabilire soltanto la data alla quale i dipendenti devono essere in possesso del requisito dei 24 mesi e i criteri per la partecipazione alle selezione dei dipendenti per l’attribuzione della PEO.

 

Un dipendente in congedo straordinario ex art.42, comma 5, del D.Lgs.n.151/2001 può partecipare alla selezione per l’attribuzione della progressione economica orizzontale?

In relazione alla questione posta, per quanto di competenza, si evidenzia che  la posizione di temporanea estraneità del dipendente all’ambiente di lavoro,  che possa derivare dalla fruizione del congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del D.Lgs.n.151/2001 o di altro  istituti giuridico, non dovrebbe rappresentare,  di per sé,  motivo sufficiente per escluderlo dalla partecipazione a quei momenti di esame dell’operato dei singoli dipendenti che può portare all’acquisizione del beneficio della progressione economica orizzontale o alla fruizione dei compensi di produttività.

Tuttavia, a tal fine, anche per questo personale devono trovare applicazione le regole generali concernenti le progressioni economiche orizzontali contenute nell’art.16 del CCNL del 21.5.2018.

Relativamente alla sussistenza nella fattispecie concreta dei requisiti necessari per la partecipazione ad una procedura per l’attribuzione delle progressioni economiche, espressamente indicati nel richiamato art. 16 del CCNL del 21 maggio 2018, la questione costituisce materia gestionale.

A tale ultimo proposito, si ritiene utile rammentare che l’attività di assistenza alle Amministrazioni della scrivente Agenzia è limitata, in base al disposto dell’art. 46, comma 1, dlgs 165/2001 e smi, alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui essa è parte stipulante e non può quindi estendersi all’interpretazione di disposizioni legislative o regolamentari, né può consistere in indicazioni operative per l’attività di gestione che, in quanto espressione del potere organizzativo e direttivo datoriale, costituisce esclusiva prerogativa dell’Ente.

Nota di sintesi: l’ARAN dichiara di non poter rispodnere al quesito in quanto non può fornire indicazioni operative per l’attività di gestione degli Enti.




Dati e statistiche sul personale dei Comuni

Pubblichiamo un estratto del Report IFEL-ANCI “Personale comunale e formazione: competenze e scenari”, che riporta un quadro molto dettagliato dalla situazione del personale impiegato nei Comuni.

 

Report IFEL-ANCI personale comunale




Assenze per Coronavirus nella Pubblica Amministrazione: in tilt le certificazioni

Fonte: Sole 24 Ore

L’intensificarsi dell’emergenza epidemiologica sta mettendo in crisi anche il sistema amministrativo del servizio sanitario che non riesce a trasmettere tempestivamente i provvedimenti cartacei necessari ad attestare la malattia oppure la quarantena collegata al Covid. Diverse amministrazioni segnalano che le comunicazioni dell’autorità sanitaria vengono effettuate per telefono all’interessato, il quale a sua volta deve informare il proprio datore di lavoro. Di fatto, si ripropone quanto già sperimentato nel corso del primo lockdown.

Questa situazione pone in seria difficoltà il datore di lavoro, dal momento che molti istituti a tutela dei dipendenti coinvolti dall’emergenza epidemiologica possono essere attivati solo a fronte di un provvedimento dell’autorità sanitaria competente. Tra questi rientra in primo luogo l’assenza per malattia o quarantena Covid prevista dall’articolo 87, comma 1, del Dl 18/2020. Sia lo stato di malattia sia la quarantena devono essere certificati dall’autorità sanitaria, altrimenti l’istituto non può essere attivato. Se la comunicazione avviene per telefono, soprattutto per la quarantena e la permanenza domiciliare fiduciaria, il datore di lavoro si trova in un’impasse. Da un lato il dipendente non può andare al lavoro, e dall’altro è privo di una certificazione. Qualora non risulti possibile attivare il lavoro agile, non resta che mettere in ferie il dipendente in attesa dell’eventuale certificazione.

Il principio di correttezza e buona fede alla base del rapporto di lavoro dovrebbe consentire di modificare il giustificativo di assenza, anche ex post, nel momento in cui l’autorità sanitaria dovesse produrre la certificazione. Anche per la malattia Covid è necessario uno specifico certificato per consentire di equiparare l’assenza al ricovero ospedaliero e impedire che questa venga conteggiata nel periodo di comporto. Ancora più complicato il contagio da Covid che abbia un nesso eziologico con la prestazione lavorativa, e che di conseguenza possa avere le caratteristiche dell’infortunio sul lavoro. In questo caso è necessario inviare tempestivamente la denuncia di infortunio (entro due giorni). Considerata la rilevanza della sanzione per il tardivo invio all’Inail della denuncia, risulta in ogni caso opportuno trasmetterla, anche nell’attesa del provvedimento dell’autorità sanitaria, fornendo le opportune spiegazioni nelle note.

Le stesse problematiche emergono anche per il recente congedo retribuito al 50% collegato alla quarantena del figlio convivente di età inferiore ai 14 anni per la frequenza scolastica oltre che per le attività sportive, musicali e linguistiche. La norma prevede espressamente che l’assenza debba essere disposta dal dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale territorialmente competente.
Infine, la certificazione dell’autorità sanitaria è necessaria per giustificare l’assenza per lo svolgimento di accertamenti sanitari del dipendente e dei figli minorenni in base alla possibilità introdotta dall’articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale della Funzione pubblica firmato il 19 ottobre scorso dalla ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone.




Il nuovo decreto della Funzione Pubblica sullo smart working

Questi gli aspetti più importanti del nuovo decreto ministeriale firmato nella giornata di lunedì 19 ottobre dal Ministro della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone:

  • qualora non sia già stato fatto, ogni dirigente dovrà organizzare il proprio ufficio assicurando lo svolgimento del lavoro agile ad almeno il 50% del personale;
  • adottare nei confronti dei dipendenti, specialmente per i lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile, se necessario anche attraverso l’adibizione a diversa mansione (purché ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento);
  • è prevista la rotazione del personale in modo da assicurare un’equilibrata alternanza nello svolgimento dell’attività in modalità agile e di quella in presenza;
  • saranno individuate, per i lavoratori in rpesenza, fasce temporali di flessibilità in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle stabilite;
  • rispetto delle prescrizioni sanitarie vigenti per le attività in presenza;
  • assicurare, tenuto conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con qualità e effettività del servizio erogato;
  • il lavoro agile si svolge ordinariamente in assenza di precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro, ma potranno essere stabilite delle fasce di contattabilità, garantendo comunque al lavoratore tempi di riposo e la disconnessione dagli strumenti tecnologici di lavoro;
  • viene stabilito anche che le pubbliche amministrazioni svolgono riunioni solamente in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni.

Il testo del decreto del 19 ottobre




ARAN: risposte a quesiti inerenti il CCNL Funzioni Locali

Si riportano gli orientamenti dell’ARAN rispetto ad alcuni questiti relativi al CCN Funzioni Locali formulati recentamente

Come l’Agenzia ha tenuto più volte a sottolineare, in base al disposto dell’art. 46, comma 1, Dlgs 165/2001 e smi, l’attività di assistenza alle Amministrazioni da essa svolta è limitata alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui essa è parte stipulante e non può quindi estendersi all’interpretazione di disposizioni legislative o regolamentari, né può consistere in indicazioni operative per l’attività di gestione che, in quanto espressione del potere organizzativo e direttivo datoriale, costituisce esclusiva prerogativa dell’Ente.

In conseguenza di ciò, l’ARAN non ha potuto esprimersi su questioni di particolare importanza quali l’applicazione della reperibilità per chi lavora in smart working e l’attribuzione delle ferie d’ufficio.

Per una più agevole lettura abbiamo suddiviso i quesiti in tre blocchi: quesiti di valenza assoluta; quesiti riguardanti la Polizia Locale e la Scuola; quesiti connessi all’epidemia Covid 19.

 

 QUESITI GENERALI

Nel caso di un dipendente che abbia presentato domanda di pensione di inabilità ex art. 12, comma 2, L 335/1995, a seguito della quale l’ente ha richiesto la visita medica collegiale che l’ha dichiarato permanentemente inidoneo in modo assoluto al servizio come dipendente di amministrazione pubblica ed a proficuo lavoro, spetta ex art. 36, c. 5 del CCNL del 21 maggio 2018, l’indennità sostitutiva del preavviso?
Le previsioni dell’art.36, comma 5, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018 e dell’art.8, comma 1, del DPR n.171/2011, debbono essere interpretate nel senso che, nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro, a seguito di dichiarazione dell’assoluta e permanente inidoneità a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, debba essere sempre corrisposta l’indennità sostitutiva del preavviso a prescindere da qualsiasi valutazione in ordine alla circostanza che il procedimento di richiesta di accertamento sanitario consegua o  meno alla richiesta del dipendente o a quella dell’ente.
Nella fattispecie in esame, infatti, la decisione del datore di lavoro pubblico è oggettivamente vincolata in quanto non potrebbe in alcun modo giustificarsi il mantenimento in servizio di un lavoratore nonostante una certificazione medica che vieti l’adibizione dello stesso a una qualunque attività lavorativa a causa della sua assoluta e permanente inidoneità psico-fisica.
Si ritiene, quindi, che l’indennità sostitutiva del preavviso sia sempre dovuta nel caso in cui la risoluzione trovi il suo fondamento nella dichiarazione di assoluta e permanente inabilità a qualsiasi proficuo lavoro, intervenuta prima della scadenza del periodo massimo di conservazione del posto per malattia.
Si tratta di una interpretazione che trova il suo fondamento nell’art. 2110, comma 2 del codice civile che, ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro, richiama l’art.2118 dello stesso codice civile in materia di preavviso.

E’ possibile erogare l’indennità di reperibilità di cui all’art. 24del CCNL 21.05.2018 al personale addetto ai servizi di pronto intervento, unitamente all’indennità per le condizioni di lavoro di cui all’art. 70 bis dello stesso CCNL, per il disagio connesso ai rientri in servizio di breve durata (30 minuti), talvolta ripetuti nella stessa notte, in luogo del corrispondente compenso per lavoro straordinario?
La disciplina contrattuale, attualmente prevista dall’art. 24 del CCNL del 21 maggio 2018, stabilisce che l’indennità di reperibilità non compete durante l’orario di servizio a qualsiasi titolo prestato.
Nei confronti del dipendente che, inserito in un servizio di reperibilità, sia chiamato a rendere effettivamente la prestazione lavorativa, trova applicazione esclusivamente la disciplina prevista dal comma 6, con esclusione di qualunque altra forma di compenso o trattamento accessorio.
In particolare, la richiamata norma prevede che in caso di chiamata le ore siano retribuite con il compenso previsto per lavoro straordinario (art. 38, comma 7 ed art. 38-bis, del CCNL del 14.9.2000) o con equivalente riposo orario compensativo.
Per completezza di ricostruzione, si rammenta che al dipendente, collocato in reperibilità nella giornata di riposo settimanale coincidente con la domenica e che, nell’ambito della stessa, sia chiamato a rendere la sua prestazione lavorativa, deve essere corrisposto per le ore di effettivo lavoro, il particolare compenso previsto dall’art. 24, comma 1, del CCNL del 14.9.2000, ai sensi del comma 7 del medesimo art. 24 del CCNL del 21.5.2018.
La richiamata disciplina, pertanto, ha già considerato e compensato, secondo le modalità ivi previste, il disagio connesso alle prestazioni effettivamente rese nell’ambito del servizio di reperibilità.
Ciò impedisce che il medesimo disagio possa essere remunerato con l’attribuzione di altro compenso quale l’indennità condizioni di lavoro di cui all’art. 70 bis del CCNL del 21.5.2018.
In materia di cumulo di trattamenti economici sussiste infatti il principio generale in base al quale è legittimamente possibile cumulare più compensi o indennità “accessorie”, purché questi siano correlati a condizioni e causali formalmente ed oggettivamente diverse, come previste e disciplinate dalla contrattazione collettiva, con conseguente illegittimità della corresponsione di più di un compenso per la medesima fattispecie.

L’indennità per specifiche responsabilità di cui all’art. 70-quinquies, comma 1, del CCNL del 21.5.2018 può essere corrisposta in caso di effettivo esercizio dei relativi compiti ed attività ancorché in assenza di un formale incarico?
L’indennità, prevista, nella disciplina previgente, dall’art. 17, comma 2, lett. f) del CCNL dell’1.4.1999 ed attualmente, dall’art. 70-quinquies, comma 1, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, si collega direttamente all’esercizio di compiti ed attività comportanti l’assunzione di specifiche responsabilità.
La disciplina contrattuale in esame demanda alle autonome determinazioni della contrattazione integrativa di ciascun ente la definizione dei criteri per l’individuazione degli incarichi di responsabilità cui è riconnettibile l’erogazione del compenso e per la quantificazione del relativo ammontare (in un importo non superiore ad € 3000), nel rispetto dei contenuti, requisiti e condizioni espressamente previsti dalla disciplina contrattuale collettiva nazionale.
La suddetta indennità può essere riconosciuta a ciascun lavoratore solo in presenza del formale ed espresso conferimento allo stesso di uno degli incarichi, comportanti l’assunzione di una qualche e diretta responsabilità di iniziativa e di risultato, precedentemente a tal fine individuati dal contratto integrativo dell’ente che intende riconoscerla.
Sulla base della richiamata disciplina, pertanto, l’indennità di cui si tratta può essere riconosciuta solo a seguito del formale conferimento dell’incarico al lavoratore, cui la medesima indennità sia connessa.

Esistono condizioni ulteriori ai casi di calamità naturali che consentano di corrispondere il pagamento del compenso per il lavoro straordinario ad un dipendente titolare dell’incarico di posizione organizzativa?
La fattispecie è regolata dalla normativa prevista dall’art. 40 del CCNL del 22.1.2004, la quale prevede che “1. Le risorse finanziarie formalmente assegnate agli enti, con i provvedimenti adottati per far fronte elle emergenze derivanti da calamità naturali, per remunerare prestazioni straordinarie del personale, possono essere utilizzate, per le medesime finalità, anche a favore del personale incaricato della responsabilità di una posizione organizzativa.”.
L’art. 18, c. 1, lett. e) del CCNL del 21 maggio 2018, in materia di trattamento economico spettante ai titolari di posizione organizzativa, richiama espressamente i compensi per lavoro straordinario connesso a calamità naturali ribadendo che gli stessi possono essere riconosciuti solo nell’ambito delle risorse finanziarie assegnate agli enti con i provvedimenti adottati per far fronte ad emergenze derivanti da calamità naturali.
In generale, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento richieste dalla disciplina contrattuale, può affermarsi che le calamità naturali si identificano con quelle situazioni che hanno avuto espressamente tale formale riconoscimento dal Governo e/o dalle Regioni in base alla vigente legislazione in materia, con l’apprestamento delle necessarie risorse per fronteggiarle.
L’inequivoca formulazione della clausola contrattuale evidenzia la chiara volontà delle parti negoziali di limitare la deroga della corresponsione del lavoro straordinario a favore del titolare di posizione organizzativa alla sola ipotesi del lavoro straordinario connesso a calamità naturali.
Pertanto non è possibile configurare tale possibilità in qualsiasi altra fattispecie non espressamente e formalmente riconducibile a quelle considerate dalla disciplina contrattuale.

Quante ore di permesso ex art. 35, comma 1, CCNL 21.5.2018 delle Funzioni Locali debbono essere computate nel caso di prestazioni da effettuarsi in orario di poco successivo all’inizio dell’orario giornaliero di lavoro?
L’art.35, c. 1 del CCNL del 21 maggio 2018, attribuisce il diritto alla fruizione dei permessi per l’espletamento di visite specialistiche o esami diagnostici su base sia giornaliera che oraria, nella misura massima di 18 ore annuali, comprensive anche dei tempi di percorrenza da e per la sede di lavoro.
Tale previsione tiene conto del vincolo di strumentalità che può certamente intercorrere tra il tempo delle visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici e quello necessario per raggiungere il luogo di esecuzione delle stesse e/o per il ritorno alla sede di lavoro, dato che anche questo può ricadere all’interno dell’orario di lavoro.
Nel caso di prestazione da espletarsi poco dopo l’inizio dell’orario giornaliero di lavoro, tenuto conto dell’orario stabilito per la stessa e  dei tempi necessari per raggiungere la struttura ove effettuare la visita o l’accertamento diagnostico, valutata anche la ridotta utilità della prestazione che il lavoratore potrebbe rendere nell’intervallo tra l’arrivo nella sede di lavoro e la successiva uscita, secondo un criterio di logica e ragionevolezza, si ritiene che il dipendente possa raggiungere anche direttamente la sede della visita dalla propria residenza.
Tale soluzione risulta idonea a garantire un adeguato contemperamento tra l’interesse organizzativo dell’ente e quello del dipendente anche al fine di ottimizzare la gestione amministrativa dell’istituto.
Nel rispetto delle previsioni contrattuali, pertanto, ai fini del computo delle ore di permesso utilizzate dal dipendente nel caso in esame, si terrà conto di tutto il periodo di complessiva assenza dall’ufficio del lavoratore a tale titolo a partire dall’ora di inizio dell’orario di lavoro giornaliero.

Come deve essere quantificata l’indennità per specifiche responsabilità di cui all’art.70-quinquies, comma 1, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018 nei casi di assenza del dipendente?
Relativamente all’indennità di cui all’art.17, comma 2, lett. f) del CCNL dell’1.4.1999, come integrata dall’art. 36, comma 1, del CCNL del 22.1.2004 e dall’art. 7 del CCNL del 9.5.2006,la disciplina contrattuale demanda alla contrattazione decentrata integrativa la definizione dei criteri sia per la individuazione degli incarichi di responsabilità legittimanti l’erogazione dell’indennità, sia per la quantificazione dell’ammontare della stessa entro il limite massimo stabilito dal CCNL (€.3000 annui lordi).
In sede di contrattazione integrativa, pertanto, le parti procedono all’individuazione delle condizioni e delle modalità di erogazione del suddetto compenso anche sotto il profilo della eventuale decurtazione in caso di assenza dal servizio.
In relazione alla eventuale decurtazione di tale compenso, anche tenendo conto della natura e delle caratteristiche dello stesso, si deve evidenziare che per effetto delle assenze il lavoratore rende comunque una prestazione ridotta, diminuendo così anche la quantità delle attività che giustificano l’erogazione del compenso.
Invero, anche per questa voce indennitaria si ritiene debba farsi riferimento al principio secondo il quale è necessario sussista sempre uno stretto legame tra tempo di lavoro, attività lavorativa e quantificazione dell’emolumento ad essa connesso.

E’ possibile ricondurre alla disciplina dell’art. 27, comma 4, 2° alinea, del CCNL del 21.5.2018 i seguenti casi, concedendo ai dipendenti che la richiedano una ulteriore fascia di flessibilità: a) dipendente ritenuto non avente diritto ai permessi di cui alla legge 104/1992 in quanto l’invalidità del familiare non è stata dichiarata grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della stessa legge; b) dipendente di cui si assuma che non assiste il familiare portatore di handicap ai sensi della legge 104/1992, in quanto il familiare usufruisce dei permessi per se stesso?
In relazione alle fattispecie in esame si deve evidenziare che con l’art. 27, comma 4, del CCNL del 21.5.2018, le parti contrattuali hanno inteso individuare solo in quelle ivi espressamente richiamate le particolari situazioni personali sociali o familiari che possono giustificare il riconoscimento di ulteriori forme di flessibilità rispetto a quelle previste per tutto il personale, secondo il regime orario adottato dall’ente.
Si tratta di un elenco da ritenersi tassativo, con conseguente impossibilità di estensione della portata della clausola contrattuale ad altre fattispecie.
Ogni altra valutazione
, in particolare, sulla presenza dei presupposti richiesti dalla Legge 104/1992 perché una condizione possa essere ricondotta ad una fattispecie di assistenza a familiari portatori di handicap in senso tecnico e, dunque, giustificare l’applicazione della richiamata normativa contrattuale attiene ad aspetti applicativi e gestionali della disciplina legislativa e pertanto indicazioni in materia, ove ritenute necessarie per orientare le scelte gestionali datoriali, potrà essere richiesta al Dipartimento della Funzione Pubblica, istituzionalmente competente in materia di interpretazione della legislazione sul lavoro pubblico.

Il riproporzionamento nel calcolo dell’indennità di servizio esterno di cui all’art. 56 quinquies del CCNL 21.5.2018 delle Funzioni Locali, ove le corrispondenti attività di servizio non siano effettuate per l’intera giornata, deve essere computato ad ore o può esserlo anche a minuti?
In relazione alla problematica in esame, per quanto di competenza,  l’Agenzia, nel confermare  i contenuti espressi nel proprio orientamento applicativo CFL 51, ritiene di dover evidenziare, ribadendo che l’indennità di servizio esterno è indubbiamente giornaliera, che qualora il tempo di effettivo svolgimento della prestazione lavorativa in servizio esterno risulti inferiore a quello ordinariamente coincidente con la durata della giornata lavorativa, deve essere effettuato un corrispondente riproporzionamento dell’indennità di cui all’art. 56 quinquies del CCNL del 21 maggio 2018.

E’ possibile dare corso alla contrattazione integrativa in caso di mancanza della RSU?
In relazione alla questione in esame, la scrivente Agenzia non può che evidenziare che in base all’art.7, comma 2 del CCNL del 21.5.2018 del Comparto Funzioni Locali, la RSU è uno dei soggetti negoziali necessari per la contrattazione integrativa pertanto, se presso non si è comunque proceduto alla costituzione della RSU, si dovrebbe procedere ad avviare la procedura per il rinnovo delle relative elezioni il più presto possibile.
L’ente, quindi, deve invitare le OO.SS. aventi titolo ad indire le elezioni precisando che sino alla costituzione della RSU non è possibile dare corso alla contrattazione integrativa.

In caso di valutazioni del personale tardivamente effettuate dai responsabili dei Servizi, è possibile formulare la graduatoria per l’attribuzione delle progressioni economiche orizzontali esclusivamente sulla base degli atti rinvenibili alla data della contrattazione integrativa in cui sono stati definiti i criteri per la definizione delle procedure per le progressioni?
Per quanto di competenza, non possono che richiamarsi la disposizione dell’art.16, comma 3, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018 secondo cui: “Le progressioni economiche sono attribuite in relazione alle risultanze della valutazione della performance individuale del triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istituto, tenendo conto eventualmente a tal fine anche dell’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento, nonché delle competenze acquisite e certificate a seguito di processi formativi.”.
Pertanto dall’inequivocabile tenore letterale della clausola contrattuale, prevista dall’art. 16, comma 3 del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018 non può che evincersi l’inderogabile necessità che le valutazioni da utilizzare siano quelle del triennio antecedente l’anno della sottoscrizione del contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto.

Ai sensi dell’art. 28 del CCNL del 21.5.2018 il datore di lavoro può attribuire ai dipendenti le ferie “d’ufficio”?
In relazione alla problematica in esame si ritiene anzitutto opportuno rilevare che la vigente contrattazione collettiva nazionale di lavoro per il personale del Comparto delle Funzioni locali disciplina le modalità di fruizione delle ferie da parte del personale dipendente con una normativa, specificamente scandita nell’articolo 28 del CCNL 21.5.2018, che proceduralizza alcune modalità di esercizio del potere organizzativo e direttivo datoriale in materia.
In particolare, l’articolo 28, comma 10 configura, come primo passo del percorso regolativo, la pianificazione delle ferie dei dipendenti da parte dell’Ente “al fine di garantire la fruizione delle stesse nei termini previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti”.
Al riguardo è opportuno rilevare che l’eventuale impossibilità di provvedere ad una pianificazione preventiva di carattere generale, se dovuta a situazioni contingenti e particolari, non può comunque inficiare il diritto del dipendente di fruire delle ferie ed il potere del datore di concederle.
Poi, nell’ambito della cornice della pianificazione, ove esistente, il comma 9 dell’articolo 28 statuisce che le ferie “sono fruite, previa autorizzazione, nel corso di ciascun anno solare, in periodi compatibili con le esigenze di servizio, tenuto conto delle richieste dei dipendenti”.
Il comma 9 dispone, dunque, che il potere datoriale di indicare i periodi di fruizione delle ferie sia esercitato sulla base della valutazione delle esigenze di servizio tenendo conto per quanto possibile anche delle preferenze rappresentate dai dipendenti, fermo restando che, ovviamente, queste ultime risultano oggettivamente recessive rispetto alle prime.
Al riguardo si ritiene opportuno precisare che la locuzione “tenuto conto”, di cui al citato comma 9, stante il suo carattere di clausola di tutela della facoltà di richiesta del dipendente, deve essere correttamente intesa nel senso che, laddove questi rappresenti le proprie preferenze in ordine ai periodi di fruizione delle ferie e le medesime non possano essere accolte per motivi di servizio, delle ragioni del diniego gli si debba dare, sia pur sinteticamente, esauriente notizia esplicativa.
Infine, il comma 12 dell’articolo 28 stabilisce che, sempre compatibilmente con le esigenze del servizio, “il dipendente può frazionare le ferie in più periodi” e che esse debbono essere fruite “nel rispetto dei turni di ferie prestabiliti, assicurando comunque, al dipendente che ne abbia fatto richiesta, il godimento di almeno due settimane continuative nel periodo 1 giugno – 30 settembre”.
Così ricostruita la vigente disciplina contrattuale, per quanto qui ne occupa, si deve rilevare che la valutazione delle esigenze di servizio e di quelle dei dipendenti ai fini delle conseguenti determinazioni gestionali sulla fruizione delle ferie, costituisce, all’evidenza, una questione definita dalle concrete situazioni organizzative e gestionali e la relativa decisione, in quanto espressione del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro, è prerogativa esclusiva dell’Ente.
Pertanto, la formulazione di indicazioni in materia esula dalla competenza dell’Agenzia che, è circoscritta dall’articolo 46, comma 1, Dlgs 165/2001 e smi, alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro dei quali la stessa è parte stipulante e non si estende alla formulazione di specifiche indicazioni per l’attività di gestione.

QUESITI INERENTI LA SCUOLA

Durante il periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19, le educatrici dell’asilo nido, dopo che siano state utilizzate le ferie pregresse ed applicati tutti gli altri istituti previsti dalla normativa emergenziale e dalla disciplina contrattuale ivi comprese le attività integrative di cui all’art. 31 del CCNL 14.09.2000, possono essere adibite a mansioni equivalenti nell’ambito dei servizi sociali ed in particolare alle attività connesse ai minori ed alle famiglie?

Con riferimento al quesito in oggetto, appare anzitutto opportuno rilevare che la vigente contrattazione collettiva in materia di sistema di classificazione professionale del personale del Comparto delle Funzioni locali, (tuttora rinvenibile nelle disposizioni del CCNL del 31.3.1999), non detta alcuna specifica disciplina per l’assegnazione del lavoratore a mansioni diverse da quelle proprie del profilo posseduto dal medesimo.
In ordine al vincolo dell’equivalenza, l’art.3, comma 2, del CCNL del 31.3.1999, dispone infatti solamente che tutte le mansioni che vengano ascritte dal contratto collettivo nazionale all’interno delle singole categorie, “in quanto professionalmente equivalenti sono esigibili”.
Tale disciplina contrattuale deve oggi essere correttamente interpretata diacronicamente nel contesto dell’evoluzione della disciplina legislativa in materia, da ultimo scandita nell’articolo 52, nuovo testo, del Dlgs. 165/2001 e smi. rispetto alla quale è intervenuta la Corte di Cassazione (cfr. Cass. 16/06/2009 n° 13941 e Cass. 26/01/2017 n° 2011), che ha statuito i seguenti principi interpretativi:
“3.2. A partire dalla sentenza resa dalle Sezioni Unite n. 8740/08, è principio costante nella giurisprudenza di questa Corte che, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, non si applica l’art. 2103 c.c., essendo la materia disciplinata compiutamente dal D.Lgs.n.165 del 2001, art. 52 che assegna rilievo, per le esigenze di duttilità del servizio e di buon andamento della P.A., solo al criterio dell’equivalenza formale con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che possa quindi aversi riguardo alla citata norma codicistica ed alla relativa elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale che ne mette in rilievo la tutela del c.d. bagaglio professionale del lavoratore, e senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente della mansione (Cass. n. 17396/11; Cass. n. 18283/10; Cass. sez.un. n. 8740/08; v. più recentemente, Cass. n. 7106 del 2014 e n. 12109 e n. 17214 del 2016). Dunque, non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 52 d.lgs. n. 165/01 qualora le nuove mansioni rientrino nella medesima area professionale prevista dal contratto collettivo, senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente delle medesime mansioni. Restano, dunque, insindacabili tanto l’operazione di riconduzione in una determinata categoria di determinati profili professionali, essendo tale operazione di esclusiva competenza dalle parti sociali, quanto l’operazione di verifica dell’equivalenza sostanziale tra le mansioni proprie del profilo professionale di provenienza e quelle proprie del profilo attribuito, ove entrambi siano riconducibili nella medesima declaratoria.
3.3. Condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita, evidentemente ritenendosi che il riferimento all’aspetto, necessariamente soggettivo, del concetto di professionalità acquisita, mal si concili con le esigenze di certezza, di corrispondenza tra mansioni e posto in organico, alla stregua dello schematismo che ancora connota e caratterizza il rapporto di lavoro pubblico (cfr. Cass. n. 11835 del 2009).
3.4. Tale nozione di equivalenza in senso formale, mutuata dalle diverse norme contrattuali del pubblico impiego, comporta che tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili e l’assegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo dell’oggetto del contratto di lavoro.
Ai fini della interpretazione della regola sull’equivalenza delle mansioni contenuta nell’art. 3, comma 2, del CCNL del 31.03.1999 sulla base alla ricordata esegesi giurisprudenziale dell’articolo 52, nuovo testo, del Dlgs. 165/2001 e smi, si deve rilevare che la locuzione “in quanto equivalenti” ben possa essere considerata espressione di una valutazione di equivalenza di tutte le mansioni ascrivibili ad una stessa categoria aprioristicamente formulata dal contratto collettivo nazionale e perciò intesa in senso formale,  statuendo la possibilità di assegnazione al lavoratore di mansioni diverse da quelle del profilo posseduto purché ascrivibili alla medesima categoria secondo la relativa declaratoria professionale come descritta nell’allegato A allo stesso CCNL.
Così ricostruita la lettura interpretativa delle disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro in materia di equivalenza delle mansioni, la valutazione di tale equivalenza nel caso concreto costituisce una questione di natura prettamente gestionale relativa all’esercizio del potere direttivo ed organizzativo datoriale da parte dell’Ente e che, pertanto, esula dalla competenza della scrivente Agenzia la quale, come è noto, è circoscritta dall’articolo 46, comma 1, Dlgs. 165/2001 e smi, alla formulazione di orientamenti per l’uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

 Al personale delle scuole materne e degli asili nido che durante lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, non abbia svolto regolarmente l’attività educativa e di insegnamento, spettano le indennità di cui all’ art. 31, c. 7 del CCNL del 14.9.2000 e art. 37, c. 2 del CCNL del 6.7.1995?
Relativamente alle voci indennitarie previste per il personale educativo degli asili nido e per il personale insegnante delle scuole materne ed elementari, la scrivente Agenzia, per quanto di competenza, non può che ribadire le indicazioni già fornite con altri orientamenti  applicativi predisposti in materia,  secondo le quali la previsione dell’art.37 , comma 3, del CCNL del 6.7.1995(“Le indennità previste alle lettere c) d) ed e) del comma 1 e al comma 2 competono solo al personale che svolga esclusivamente e permanente attività educativa e di insegnamento”) debba essere interpretata nel senso di circoscrivere l’attribuzione dei particolari trattamenti economici ivi richiamati al solo personale che, inquadrato nei profili di educatore di asili nido o di insegnante delle scuole materne ed elementari, ecc., secondo le previsioni dell’allegato A al CCNL del 31.3.1999, svolga esclusivamente e permanentemente attività educativa e di insegnamento, nell’ambito del proprio rapporto di lavoro con l’ente.
Il senso della disposizione del citato art.37, comma 3, è di tutta evidenza in quanto essa mira semplicemente ad evitare che l’indennità in questione possa essere attribuita anche a personale che non svolga “attività educativa” o di “insegnamento”, pur risultando, formalmente, in possesso del profilo di “educatore di asilo nido” o di “insegnante”.
A tal fine, inoltre, si evidenzia che l’indennità dell’art.37, comma 1, lett. c) del CCNL del 6.7.1995 viene espressamente qualificata come “professionale” dall’art.31, comma 7, del CCNL del 14.9.2000, in quanto legata alle specifiche mansioni che in generale caratterizzano il profilo professionale dell’educatore e per lo svolgimento delle quali questi viene assunto.
Ordinariamente, tale compenso, quindi, non può non essere erogato che al solo personale in possesso del profilo di educatore di asilo nido (ai sensi dell’Allegato A al CCNL del 31.3.1999), che, in via permanente ed esclusiva, svolga attività educative.
In sostanza, come emerge dalla disciplina contrattuale, si tratta di indennità che si collegano alla specifica professionalità posseduta dal dipendente e che sono erogate solo nel caso dell’effettivo ed esclusivo svolgimento delle attività e delle specifiche mansioni proprie dei profili professionali dell’educatore e dell’insegnante.
Pertanto, esse non possono essere riconosciute ove manchino le condizioni legittimanti previste dalla disciplina contrattuale.

QUESITI RIGUARDANTI LA POLIZIA LOCALE

 

Come deve essere quantificata l’indennità di servizio esterno di cui all’art. 56 quinquies del CCNL 21.5.2018 delle Funzioni Locali, in caso di prestazione di durata inferiore alla intera giornata lavorativa?
L’indennità di servizio esterno di cui all’art. 56 quinquies del CCNL del 21 maggio 2018 è indubbiamente giornaliera e qualora il tempo di effettivo svolgimento della prestazione lavorativa in servizio esterno risulti inferiore a quello ordinariamente coincidente con la durata della giornata lavorativa deve essere effettuato un corrispondente riproporzionamento dell’indennità.
Pertanto, nei casi in cui, per particolari esigenze organizzative dell’ente, o per la fruizione da parte del dipendente di specifici permessi ad ore, previsti sia dalla legge che dalla contrattazione collettiva, la prestazione lavorativa nei servizi esterni non copra l’intera durata della giornata lavorativa, l’indennità sarà necessariamente riproporzionata in relazione all’arco temporale di effettivo svolgimento della stessa prestazione lavorativa resa nei servizi esterni.

Con quali modalità l’ente deve determinare l’utilizzo dei proventi delle sanzioni amministrative derivanti dal Codice della Strada?
L’art. 56 quater del CCNL del 21 maggio 2018 individua alle lettere a), b) e c) del comma 1, le possibili modalità di utilizzo dei proventi delle sanzioni amministrative derivanti dalla violazione del Codice della Strada.
Tale disciplina contrattuale, tuttavia, deve essere interpretata ed applicata all’interno della cornice regolativa dell’art.208 del D. lgs. n. 285/1992.
Infatti, il citato art.6 quater, comma 1, del CCNL del 21.5.2018 dispone che: “I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie riscossi dagli enti, nella quota da questi determinata ai sensi dell’art. 208, commi 4 let c), e 5, del D.Lgs. n. 285/1992 sono destinati, in coerenza con le previsioni legislative,…”.
Pertanto, in coerenza e nel rispetto delle disposizioni del citato art.208, commi 4, lett. c), e 5, del D.Lgs.n.285/1992, spetta all’ente la concreta individuazione delle possibili finalità di utilizzo delle risorse di cui si tratta, tra quelle indicate nella legge e l’ammontare delle risorse per ciascuna fissata.
Al riguardo risulta opportuno evidenziare che in materia non esiste alcuna delega negoziale nazionale alla contrattazione di secondo livello.
Spetta, pertanto, al singolo ente, sulla base di proprie autonome determinazioni, la definizione della disciplina di dettaglio per l’applicazione delle previsioni del citato art.56-quater, lett. a) del CCNL del 21.5.2018, anche per quanto attiene ai profili meramente regolativi e gestionali della stessa.

L’indennità di ordine pubblico propria dell’ordinamento della Polizia di Stato, estesa per l’emergenza da Covid-19 alla Polizia Locale, può essere cumulata con l’indennità di servizio esterno prevista dall’art.56-quinquies del CCNL 21.5.2018 delle Funzioni Locali?
(…) Al riguardo si precisa, infatti che le indicazioni applicative sul riconoscimento della indennità di ordine pubblico al personale di polizia locale coinvolto, su tutto il territorio nazionale, nell’attività di monitoraggio e di attuazione delle disposizioni per il contrasto della diffusione della epidemia Covid-19 in conseguenza della relativa normazione di emergenza, sono contenute nella Circolare del Capo della Polizia del 16 marzo 2020 e nella Circolare del 13 marzo in essa richiamata.
Poiché la predetta indennità risulta temporaneamente e straordinariamente applicabile al personale della polizia locale, nell’ambito della normativa speciale concernente lo stato di emergenza nazionale in atto  esclusivamente in forza delle richiamate circolari, a tali fonti occorre fare riferimento per la risoluzione della questione di compatibilità in esame e pertanto, ratione materiae, qualora si ravvisi la necessità di orientamenti per la corretta interpretazione della normativa in parola, non può che farsi rinvio alle indicazioni delle competenti Autorità di Governo.
In proposito si deve peraltro segnalare la Deliberazione n. 96/2020, resa dalla Sezione Regionale di Controllo per il Veneto nell’adunanza del 4 giugno 2020, che ha effettuato una ampia ricostruzione della fattispecie sotto il profilo della eventuale cumulabilità delle due indennità, concludendo che: “In conclusione (sulla base del quadro normativo ed ermeneutico sopra analiticamente ricostruito) la Sezione ravvisa l’opportunità di evidenziare che l’individuazione dell’ambito delle ipotesi di cumulo -solo eccezionalmente consentite- non può che essere rigorosamente vincolata alla verifica dell’oggettività delle prestazioni di servizio, ontologicamente riconducibili alla materia collegata dell’ordine pubblico, senza alcuna commistione e/o sovrapposizione con le competenze ordinarie della polizia locale. Solo tale condizione preventiva, infatti, è idonea ad escludere l’attribuzione di componenti remunerative illegittimamente liquidate per la resa del medesimo ed unico servizio, da realizzare, quindi, secondo il criterio di effettività con la resa di prestazioni diverse e aggiuntive rispetto a quelle ordinarie”.
Tanto premesso, per quanto di propria competenza, la scrivente Agenzia, per agevolare il confronto trai due citati istituti ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni per il loro eventuale cumulo, ritiene opportuno, relativamente alla richiamata indennità di servizio esterno, confermare i più salienti passaggi degli orientamenti applicativi già formulati ed a tale riguardo ritiene utile precisare che sulla base delle disposizioni dell’art. 56- quinquies, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, il riconoscimento della indennità in parola può essere garantito solo al personale della polizia locale che, continuativamente (e, quindi, in maniera non saltuaria o occasionale) sulla base dell’organizzazione del lavoro adottata, renda effettivamente la propria prestazione lavorativa ordinaria in servizi di vigilanza esterni sul territorio, fuori degli uffici, nell’ambito non solo della vigilanza stradale, ma di tutte le altre molteplici funzioni della polizia locale.
Nei casi in cui, per particolari esigenze organizzative dell’ente, o in quelli di fruizione da parte del dipendente di specifici permessi ad ore, previsti sia dalla legge che dalla contrattazione collettiva, la prestazione lavorativa nei servizi esterni non copra l’intera durata della giornata lavorativa, l’indennità sarà necessariamente riproporzionata tenendo conto solo delle ore effettivamente rese nei servizi esterni.
La disciplina contrattuale, infatti, ai fini del riconoscimento dell’indennità fa riferimento “all’effettivo svolgimento del servizio esterno”…
Ugualmente, per le medesime motivazioni, l’indennità di cui trattasi non potrà essere erogata nei casi di assenze per l’intera giornata lavorativa, qualunque sia la motivazione della stessa.
Si deve infine evidenziare che, sia sulla base delle previsioni dell’art.18, sia su quelle dell’art. 56-quinquies, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, l’indennità di servizio esterno non risulta tra i compensi che possono essere erogati ai titolari di posizione organizzativa in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato.

Le prestazioni di lavoro straordinario conseguenti alle attività lavorative connesse allo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 possono essere remunerate anche al personale di Polizia Locale titolare di Posizione Organizzativa?
L’art. 115 del D.L. n. 18 del 17.3.2020, convertito con modificazioni nella Legge 24.4.2020 n. 27, ha individuato specifiche risorse (nella forma di uno fondo con dotazione pari a 10 milioni di euro, istituito presso il Ministero dell’Interno per l’anno 2020) destinate al finanziamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane direttamente impegnato per le esigenze conseguenti ai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19 e limitatamente alla durata dell’efficacia delle disposizioni attuative.
In conformità alle previsioni  dal comma 2 del richiamato art. 115, con  decreto del Ministero dell’interno di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze del 16/4/2020, sono stati individuati criteri di riparto e destinatari: le predette risorse, stanziate nei limiti delle quote assegnate a ciascuna amministrazione, possono, pertanto, essere destinate, nei limiti dell’uso temporaneo limitato allo stato di emergenza, esclusivamente al personale di polizia locale che sia impegnato nella situazione emergenziale.
Relativamente alle disposizioni di fonte contrattuale previste in materia, ai sensi dell’art. 40 del CCNL del 22.1.2004 “Le risorse finanziarie formalmente assegnate agli enti, con i provvedimenti adottati per far fronte elle emergenze derivanti da calamità naturali, per remunerare prestazioni straordinarie del personale, possono essere utilizzate, per le medesime finalità, anche a favore del personale incaricato della responsabilità di una posizione organizzativa.”.
L’art. 18, c. 1, lett. e) del CCNL del 21 maggio 2018  menziona espressamente, tra i diversi compensi aggiuntivi che possono essere erogati ai titolari di posizione organizzativa, i compensi per lavoro straordinario connesso a calamità naturali,  previsti dall’art. 40 del CCNL del 22.1.2004, precisando inequivocabilmente che  tali compensi possono essere riconosciuti solo nell’ambito delle risorse finanziarie assegnate agli enti con i provvedimenti adottati per far fronte ad emergenze derivanti da calamità naturali.
Stabilire se l’attuale situazione emergenziale, assolutamente priva di precedenti confrontabili, possa essere ricondotta alla nozione di emergenza derivante da calamità naturale sussunta dalle norme del CCNL e, dunque, legittimare l’applicazione della disciplina ivi prevista, costituisce una questione definitoria la cui soluzione non può che risultare dall’esegesi della disciplina, di fonte legislativa, regolante la materia.
Una possibile soluzione positiva potrebbe essere rinvenuta nelle disposizioni dell’articolo 16, comma 2, del Dlgs. 02/01/2018, n° 17, ma a tale riguardo, ratione materiae, l’Agenzia non può che uniformarsi alle indicazioni che potranno essere formulate dai competenti Dicasteri.

 

QUESITI CONNESSI ALL’EMERGENZA COVID-19

 

Al personale impiegato in regime di “lavoro agile” può essere riconosciuta l’indennità condizioni di lavoro prevista dall’art. 70 bis del CCNL del 21.5.2018?
Relativamente all’istituto previsto dall’art. 70 bis del CCNL del 21.5.2018,, per quanto di competenza, l’Agenzia ha già avuto modo di precisare che la nuova “Indennità condizioni di lavoro”, che accorpa le precedenti indennità di rischio, disagio e maneggio valori, fermo restando, comunque, i presupposti fattuali che giustificavano l’erogazione di tali compensi (remunerare lo svolgimento, da parte dei lavoratori, di attività disagiate o rischiose in quanto pericolose o dannose per la salute o implicanti il maneggio di valori, laddove tutte effettivamente espletate) è demandata alla contrattazione collettiva integrativa.
La richiamata norma, infatti, si è limitata a stabilire solo che, la nuova voce indennitaria è commisurata ai giorni di effettivo svolgimento delle attività legittimanti ed il suo ammontare è determinato in sede di contrattazione integrativa, sulla base di specifici criteri individuati direttamente dal CCNL, e cioè:
a) l’effettiva sussistenza ed incidenza di ciascuna delle condizioni legittimanti sulle attività svolte dal dipendente;
b) le caratteristiche istituzionali, dimensionali, sociali e ambientali degli enti interessati e degli specifici settori di attività.
La soluzione dipende dalle scelte che l’ente opera in sede di contrattazione integrativa ove viene individuata la misura dell’indennità entro i valori minimi e massimi e nel rispetto dei criteri ivi previsti; ogni valutazione o decisione in ordine all’erogazione o meno dell’indennità per condizioni di lavoro, quindi, non può che spettare all’ente nella sua veste di datore di lavoro e che ha sottoscritto il contratto integrativo.
Nella fattispecie in esame, pertanto, l’ente dovrà valutare, tenuto conto di quanto previsto nel contratto integrativo, se il personale chiamato a svolgere la prestazione lavorativa presso la sede di lavoro durante lo stato di emergenza o che sia utilizzato, nel medesimo stato di emergenza, in modalità di “lavoro agile”, possa o meno avere diritto alla richiamata indennità, ove concretamente sussistano i suindicati presupposti fattuali per la sua erogazione.

Il personale impiegato in regime di “lavoro agile” può svolgere prestazioni di lavoro straordinario?
(…) In relazione alla questione concernente il lavoro straordinario e la fruizione dei riposi compensativi, per quanto di competenza, la scrivente Agenzia non può che richiamare la disciplina di carattere generale a cui occorre fare riferimento nella gestione di tali istituti.
Al riguardo si evidenzia, in primo luogo, che, secondo la norma di cui all’art. 38 del CCNL del 14/09/2000, le prestazioni straordinarie sono rivolte a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e non possono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro.
Nell’ambito della definizione contrattuale, l’indicazione secondo la quale la prestazione di lavoro straordinario non può essere utilizzata come fattore ordinario di programmazione del lavoro sta ad indicare la necessità che, ai fini dell’ordinaria organizzazione del lavoro, il datore di lavoro può tenere conto solo delle prestazioni dovute dal dipendente nell’ambito del suo normale orario di lavoro d’obbligo, contrattualmente stabilito.
Da qui la necessità di contenere il ricorso al lavoro straordinario, limitandolo alle ipotesi della sopravvenienza di situazioni di carattere eccezionale e straordinario, le sole che, in quanto imprevedibili ed insuscettibili di essere programmate dal datore di lavoro, possono giustificare la richiesta dello stesso al dipendente di eseguire prestazioni di lavoro ulteriori ed aggiuntive rispetto a quelle dovute nell’ambito dell’orario di lavoro contrattualmente stabilito.
Risulta quindi evidente che l’applicabilità degli istituti contrattuali relativi alle prestazioni di lavoro straordinario ed ai riposi compensativi richiede, quali condizioni necessarie e legittimanti, di norma non riscontrabili nel lavoro agile come affermato anche dalla ricordata circolare 2/2020 alla pagina 4:
a) l’assolvimento dell’obbligo lavorativo nell’ambito di un tempo di lavoro predefinito, puntualmente rilevato e controllato;
b) lo svolgimento delle prestazioni straordinarie nell’ambito di un tempo aggiuntivo, anch’esso puntualmente rilevato e controllato, con sistemi conformi a quanto prescrive la normativa in materia.

Il personale impiegato in regime di “lavoro agile” può utilizzare le diverse fattispecie di permesso, fruibile su base oraria, previste dalla disciplina contrattuale?
In considerazione della peculiarità della situazione determinata dall’epidemia di Covid-19 e della necessità di valutare i margini di applicabilità della disciplina contrattuale collettiva nazionale degli istituti contrattuali sottoposti ad esame, nel contesto della legislazione speciale legata all’emergenza nazionale in atto, è opportuno, anzitutto, premettere alcune considerazioni propedeutiche a tale valutazione.
Al riguardo, occorre in primo luogo rilevare che, secondo le indicazioni impartite dal Ministro per la Pubblica Amministrazione con Circ. 01/04/2020 n° 2, alla pagina 4. “Le amministrazioni sono chiamate, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, a definire gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro” e che, pertanto, il lavoro agile costituisce una modalità di espletamento della prestazione lavorativa la cui organizzazione concreta, quale espressione del potere organizzativo e direttivo datoriale, è prerogativa delle amministrazioni.
Tale attività di organizzazione del lavoro da parte delle amministrazioni, inoltre, non costituisce una attività da esercitarsi una tantum, ma integra un processo di progressivo adeguamento alle diverse necessità che si pongono in dipendenza della evoluzione delle misure emergenziali nelle varie fasi dalle stesse previste, come precisato alla pagina 3 della Direttiva  04/05/2020 n° 3 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, giusta la quale “Le pubbliche amministrazioni dovranno essere in grado di definire modalità di gestione del personale duttili e flessibili, tali da assicurare che il supporto alla progressiva ripresa delle attività sia adeguato e costante”.
Per quanto attiene l’interpretazione, a fini applicativi, della disciplina degli istituti contrattuali concernenti le varie tipologie di permesso, per la cui fruizione l’orario di lavoro rappresenta il parametro di riferimento e di quantificazione, la scrivente Agenzia, per quanto di sua competenza, si è già espressa mediante la formulazione di orientamenti applicativi pubblicati sul proprio sito istituzionale ed ivi facilmente consultabili, ai quali pertanto si rinvia.
Con riferimento alle tre fattispecie di permessi su base oraria, si deve rilevare altresì che nel lavoro svolto in modalità agile deve di norma, intendersi sussistente, in base alle indicazioni recate alle pagine 6, punto ii), 10 e 18 della Direttiva 01/06/2017, n° 3 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, uno specifico obbligo del lavoratore di rendersi contattabile all’interno di fasce orarie predeterminate.
Pertanto, tenendo conto dell’insieme delle citate indicazioni formulate alla pagina 4 della richiamata Circ. 2/2020, anche nella modalità lavorativa agile potrebbe risultare possibile la fruizione dei permessi su base oraria previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro vigente. Essi, nella fattispecie in esame, si concretizzerebbero nella possibilità per il dipendente, in relazione ad un intervallo temporale determinato, di essere sollevato dal predetto obbligo di contattabilità laddove la sua esigenza, per natura e caratteristiche, non risulti compatibile con tale obbligo e non possa essere soddisfatta al di fuori del periodo di durata del medesimo, ferme restando le ordinarie disposizioni contrattuali sulle causali, e sulla motivazione e sulla documentazione dei permessi stessi.

Al personale impiegato in regime di “lavoro agile” può essere applicata la disciplina della reperibilità?
Per quanto di competenza, si deve rilevare che la disciplina contrattuale, attualmente prevista dall’art. 24 del CCNL del 21 maggio 2018, stabilisce che l’indennità di reperibilità non compete durante l’orario di servizio a qualsiasi titolo prestato.
Nei confronti del dipendente che, inserito in un servizio di reperibilità, sia chiamato a rendere effettivamente la prestazione lavorativa, trova applicazione esclusivamente la disciplina prevista dal comma 6, con esclusione di qualunque altra forma di compenso o trattamento accessorio.
In particolare, la richiamata norma prevede che in caso di chiamata le ore siano retribuite con il compenso previsto per lavoro straordinario (art.38, comma7 ed art.38-bis, del CCNL del 14.9.2000) o con equivalente riposo orario compensativo, al dipendente, collocato in reperibilità nella giornata di riposo settimanale coincidente con la domenica e che, nell’ambito della stessa, sia chiamato a rendere la sua prestazione lavorativa, deve essere corrisposto per le ore di effettivo lavoro, il particolare compenso previsto dall’art.24, comma 1, del CCNL del 14.9.2000, ai sensi del comma 7 del medesimo art.24 del CCNL del 21.5.2018).
La concreta applicazione dei suindicati orientamenti interpretativi della disciplina contrattuale in materia costituisce una attività di carattere gestionale prerogativa esclusiva dell’Ente quale datore di lavoro.
Le risorse di cui all’art. 115 del D.L. n. 18 del 17.3.2020, convertito con modificazioni nella Legge 24.4.2020 n. 27, possono essere utilizzate per remunerare prestazioni di lavoro straordinario effettuate dal personale non appartenente al corpo di polizia locale ed a quello operante nei COC per esigenze connesse allo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19?
L’art. 115 del D.L. n. 18 del 17.3.2020, convertito con modificazioni nella Legge 24.4.2020 n. 27, ha individuato specifiche risorse (nella forma di uno fondo con dotazione pari a 10 milioni di euro, istituito presso il Ministero dell’Interno per l’anno 2020) destinate al finanziamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane direttamente impegnato per le esigenze conseguenti ai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19 e limitatamente alla durata dell’efficacia delle disposizioni attuative.
Pertanto, per tutto il personale amministrativo e/o tecnico non rientrante nel corpo di polizia locale che sia impegnato, per le esigenze conseguenti ai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19, le prestazioni di lavoro straordinario, in assenza di uno specifico finanziamento derivante da una specifica fonte di legge dovranno trovare integrale copertura esclusivamente nello specifico fondo di cui all’art.14 del CCNL dell’1.4.1999, costituito nel rispetto delle prescrizioni ivi contenute, come sopra precisato.
Si ritiene che le medesime considerazioni valgano anche per il personale non appartenente al corpo di polizia locale
che sia nominato, con ordinanza sindacale, quale componente del C.O.C (Centro operativo comunale) per l’emergenza epidemiologica in essere; al riguardo, è opinione dell’Agenzia che trattandosi di attività di servizio le prestazioni straordinarie eventualmente rese debbano essere finanziate sempre entro i menzionati limiti previsti dalla disciplina contrattuale.
Si ricorda, comunque che, ai fini della corretta gestione dell’istituto del lavoro straordinario, gli enti devono attenersi alle regole di carattere generale espressamente stabilite nella disciplina contrattuale.
Al riguardo si evidenzia, in primo luogo, che, secondo la norma di cui all’art. 38 del CCNL del 14/09/2000, le prestazioni straordinarie sono rivolte a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e non possono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro.
Nell’ambito della definizione contrattuale, l’indicazione secondo la quale la prestazione di lavoro straordinario non può essere utilizzata come fattore ordinario di programmazione del lavoro sta ad indicare la necessità che, ai fini dell’ordinaria organizzazione del lavoro, il datore di lavoro può tenere conto solo delle prestazioni dovute dal dipendente nell’ambito del suo normale orario di lavoro d’obbligo, contrattualmente stabilito.
Da qui la necessità di contenere il ricorso al lavoro straordinario, limitandolo alle ipotesi della sopravvenienza di situazioni di carattere eccezionale e straordinario, le sole che, in quanto imprevedibili ed insuscettibili di essere programmate dal datore di lavoro, possono giustificare la richiesta dello stesso al dipendente di eseguire prestazioni di lavoro ulteriori ed aggiuntive rispetto a quelle dovute nell’ambito dell’orario di lavoro contrattualmente stabilito.

E’ possibile remunerare a titolo di straordinario per emergenze derivanti da calamità naturali le prestazioni eccedenti l’orario giornaliero di lavoro rese dal personale non appartenente al corpo di polizia locale titolare di posizione organizzativa a seguito delle esigenze operative derivanti dallo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19?
In relazione alla problematica in esame, occorre ricordare che ai sensi dell’art. 40 del CCNL del 22.1.2004 “Le risorse finanziarie formalmente assegnate agli enti, con i provvedimenti adottati per far fronte elle emergenze derivanti da calamità naturali, per remunerare prestazioni straordinarie del personale, possono essere utilizzate, per le medesime finalità, anche a favore del personale incaricato della responsabilità di una posizione organizzativa.”.
L’art. 18, c. 1, lett. e) del CCNL del 21 maggio 2018 menziona espressamente, tra i diversi compensi aggiuntivi che possono essere erogati ai titolari di posizione organizzativa i compensi per lavoro straordinario connesso a calamità naturali, previsti dall’art.40 del CCNL del 22.1.2004, precisando inequivocabilmente che  tali compensi possono essere riconosciuti solo nell’ambito delle risorse finanziarie assegnate agli enti con i provvedimenti adottati per far fronte ad emergenze derivanti da calamità naturali.
La scrivente Agenzia ha avuto modo di precisare in precedenti orientamenti applicativi, tenuto anche conto delle modalità di finanziamento richieste dalla disciplina contrattuale, che per “calamità naturali” si debbono intendere gli eventi che hanno avuto espressamente tale formale riconoscimento dal Governo e/o dalle Regioni in base alla vigente legislazione prevista in materia, con l’apprestamento delle risorse necessarie per fronteggiarle.
Stabilire se l’attuale situazione emergenziale, assolutamente priva di precedenti confrontabili, possa essere ricondotta alla nozione di emergenza derivante da calamità naturale sussunta dalle norme del CCNL e, dunque, legittimare l’applicazione della disciplina ivi prevista, costituisce una questione definitoria la cui soluzione non può che risultare dall’esegesi della disciplina, di fonte legislativa, regolante la materia.
Peraltro, a prescindere dalla soluzione della appena ricordata questione definitoria, per quanto riguarda il personale titolare di posizione organizzativa non appartenente al corpo di polizia locale si ritiene di dover comunque escludere l’applicabilità dell’art. 18, c. 1, lett. e) del CCNL del 21 maggio 2018 poiché, nell’emergenza in atto, le sole risorse finanziarie di fonte legislativa specificamente destinate al finanziamento dello straordinario, sono, allo stato, esclusivamente  quelle destinate al personale di polizia locale.

In un ente che non abbia mai stanziato ed erogato in passato risorse per finalità di welfare integrativo la situazione emergenziale determinata dall’epidemia di Covid-19 potrebbe legittimare forme di attivazione di tale istituto?
Per quanto di competenza si deve rilevare che, nella assoluta consapevolezza della necessità di valutare i margini di applicabilità dei diversi istituti previsti dalla disciplina contrattuale nel contesto della legislazione speciale legata all’emergenza nazionale in atto, non può, tuttavia, che confermarsi l’orientamento applicativo già espresso in materia dall’Agenzia.
Si precisa, pertanto, che come evidenziato dalla stessa formulazione dell’art.72 del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, gli oneri per la concessione al personale di benefici di natura assistenziale e sociale possono trovare copertura nelle disponibilità già stanziate dagli enti sulla base delle vigenti e specifiche disposizioni normative in materia.
Pertanto, se l’ente non ha già in passato stanziato risorse a tale finalità, sulla base di specifiche norme vigenti nel tempo, non potrà applicare la citata disciplina dell’art.72 del CCNL del 21.5.2018 atteso che il CCNL non prevede altre e diverse forme di finanziamento.




Importanti chiarimenti ARAN sulla rappresentanza sindacale

L’Aran, con gli orientamenti applicativi CQRS149 e CQRS150 del 4 agosto 2020, ha fornito alcuni chiarimenti in materia di rappresentanza sindacale. In particolare, l’Agenzia ha precisato che:
  • l’organizzazione sindacale territoriale di categoria, firmataria del CCNL, può, nell’esercizio della propria autonomia organizzativa, eleggere come propri dirigenti sindacali sia lavoratori dipendenti, che pensionati o altro. Tale carica non dipende in alcun modo dall’essere o meno dipendenti dell’amministrazione presso cui si svolgerà la contrattazione integrativa e né di qualsiasi altra amministrazione pubblica;
  • per poter accedere a tutti i diritti e alle prerogative sindacali, fra cui, ad esempio, informazione, accesso ai luoghi di lavoro, uso locali, bacheca sindacale, etc., occorre il requisito della rappresentatività sindacale, ex art. 42 d.lgs. 165/2001 e art. 39, comma 1 CCNQ 4 dicembre 2017. Pertanto, un sindacato non rappresentativo nel comparto di riferimento non ha alcun diritto e prerogativa sindacale, sebbene possa avere molti iscritti presso l’ente.

 

RISOLUZIONI ARAN CQRS149-CQRS150




INPS: Circolare sul congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli

 

LA Circolare INPS n.116 su: Congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli in favore dei lavoratori dipendenti, introdotto dall’articolo 5 del decreto-legge 8 settembre 2020, n. 111, recante “Disposizioni urgenti per far fronte a indifferibili esigenze finanziarie e di sostegno per l’avvio dell’anno scolastico, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Istruzioni contabili. Variazione al piano dei conti.

 

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Coronavirus: orientamenti applicativi ARAN per il comparto Funzioni Locali

Sul portale dell’ARAN è stato reso disponibile un pacchetto di orientamenti applicativi per il comparto Funzioni Locali con specifico riferimento alle problematiche di ordine tecnico generate dall’emergenza Coronavirus in questi complicati mesi. Tra i vari orientamenti (se ne contano oltre 10 a livello complessivo) differenti i temi trattati: dalla fruizione del congedo matrimoniale oltre i limiti temporali di legge alla gestione delle ferie transitando per l’impiego dello smart working durante il periodo di emergenza epidemiologica.