Torino: firmati gli accordi sul telelavoro

Città di Torino: gli accordi firmati coi sindacati su Telelavoro e Smartworking Area Comparto e Area dirigenza




Dipartimento Regioni: Verbale della riunione del 23 maggio

 

In apertura, il Segretario Generale illustra le finalità dell’incontro, fissando come primo punto la raccolta di firme avviata tempo addietro tra i lavoratori e le lavoratrici iscritti per verificarne il consenso ad avviare delle azioni legali al fine di far abrogare la Legge Delrio. Secondo Garofalo, in base a quanto ha potuto constatare personalmente, c’è la volontà di tornare allo stato antecedente al referendum costituzionale e pone in particolare l’accento sugli appartenenti al corpo di Polizia Provinciale, che si trovano in una situazione di stallo e, di fatto, non possono più espletare la propria attività.

La questione va esaminata categoria per categoria e regione per regione, in quanto i trasferimenti attuati da ciascun Ente Regione hanno seguito criteri difformi. Ma il problema riguarda tutta l’Italia e pertanto il Dipartimento, afferma il Segretario, deve avere ben chiara la situazione per poter poi predisporre una piattaforma con cognizione di causa. In sostanza, si tratta di coniugare la doverosa battaglia che va fatta contro una legge che è anticostituzionale a tutti gli effetti, e l’azione volta a ricomporre le declaratorie contrattuali in base a quanto è accaduto.

Tutta la vicenda si interseca con la rappresentatività e le prossime elezioni RSU. I trasferimenti di personale hanno alterato gli equilibri in tal senso, il che impone di trovare un meccanismo per salvaguardare le nostre posizioni e così evitare che i sindacati confederali acquistino maggiore forza.

Prima ancora, però, bisogna elaborare proposte concrete e sostenibili. Secondo Garofalo, tornare alla situazione pre-Delrio sarebbe un bene. La realtà è che la provincia, nel frattempo, è stata svuotata nelle funzioni e in taluni casi hanno subito la sovrapposizione dell’Area Metropolitana e dell’Area Vasta. Ma il fatto più grave è che le Province oggi non hanno più il ristorno dei fondi dal governo centrale, bensì soltanto una quota parte.

Passando all’esame delle singole realtà regionali, Luigi Serra ha affermato che in Piemonte la situazione è insostenibile; ben 800 dipendenti sono stati trasferiti dalla Provincia alla Regione, una parte come “riallocati” lavorano nelle funzioni che la Regione si è ripresa, una parte come “distaccati”, svolgono funzioni riprese dalla Regione ma delegate alla Provincia, e sono comunque pagati dalla Regione. Quindi il problema è che il fondo sul quale sono inserite queste 800 persone è il loro fondo provinciale storico, proporzionalmente più basso di quello regionale.  In prospettiva quindi si aspettano un aumento, poiché le indennità sono maggiori in Regione che in Provincia, e nessuno vuole fare il passo indietro. E tali criticità vanno di pari passo con le RSU.

Daniela Brini conferma che i colleghi della Provincia sono restii a tornare indietro, e se proprio questo dovesse accadere, dovrebbe essere assicurato un aumento salariale.

In aggiunta a quanto indicato dai colleghi della Regione Piemonte, rendo noto che nel corso della raccolta firme per l’abolizione della Delrio, diversi lavoratori della Città Metropolitana di Torino si sono rifiutati di firmare la petizione auspicando un trasferimentodelle funzioni e del personale alla Regione che come ente offre maggiore garanzia di solidità e uno stipendio più alto (AkimZanforlin).

Garofalo interviene per sottolineare che, a prescindere dalle RSU, bisogna innanzitutto rasserenare i lavoratori e sviluppare una piattaforma che li salvaguardi al di là della loro attuale collocazione. I dipendenti di Regioni, Province ed Enti Locali devono essere tutti uguali. Di fatto, il problema non è tanto il Contratto Nazionale quanto i Contratti Decentrati, dove si sono create situazioni di disparità che non dovrebbero esserci.

Per quanto riguarda il Piemonte, alla luce dei trasferimenti attuati, bisogna capire su quanti RSU puntare per avere un risultato migliore. Se gli 800 di cui si parlava non votano CSA gli equilibri in regione si spostano enormemente; pertanto va fatta un’analisi precisa e successivamente predisporre la piattaforma.

In tale prospettiva, un punto nodale da chiarire è se ci si deve battere contro la Delrio a prescindere dai lavoratori. Si osserva infatti che livellare oggi i due mondi significa livellare i contratti decentrati, con la conseguenza di scendere, anziché salire. Più a monte, il problema è come muoversi per far sì che il Contratto Nazionale riporti al centro la soddisfazione dei dipendenti, stabilendo un livello di garanzia per tutti.

Santino Paladino, dopo aver fatto presente che in Sicilia la situazione è drammatica, afferma che innanzitutto bisogna tutelare i dipendenti che possono ritrovarsi da un momento all’altro senza stipendio. Quanto alla raccolta delle firme, bisogna dargli un seguito, anche se non sarà facile, perché è un’azione che ci fa distinguere dal nulla delle altre organizzazioni sindacali. A suo avviso, inoltre, dovremmo inserirci sul discorso della conversione in legge del DL 50 del 24 aprile, recante iniziative a favore degli enti territoriali. Da questa riunione dovrebbe uscire un documento che dica ai dipendenti delle province italiana che c’è un sindacato che sta provvedendo a portare proposte concrete. Perciò dobbiamo proporci anche come soggetto politico e cercare dei contatti negli ambienti politici. In merito, è evidente che qualcosa sta cambiando, lo stesso PD ha fatto dei passi indietro rispetto alla Delrio. Comunque, il massimo obiettivo è quello di far sì che i contributi in favore delle province, delle regioni a statuto ordinario, finalizzati rispettivamente all’esercizio delle funzioni fondamentali siano innalzati da 110 a 650 milioni. L’80% di questi enti non può chiudere il bilancio e quando si va in dissesto si comincia subito a parlare di esuberi e mobilità. Oltretutto, afferma ancora Paladino, la Sicilia è esclusa dal DL 50. In conclusione, afferma che bisogna al più presto predisporre un documento in merito e cercare di farlo arrivare direttamente alla Ministra Madia.

Anche Pierfrancesco Lincol sostiene che nella propria regione i lavoratori trasferiti non vogliono tornare alle province, perché mancano adeguate garanzie sullo stipendio. Poi la partecipazione alle RSU va da sé. Ora bisogna stringere legami fra le varie strutture territoriali per recuperare qui dipendenti delle province che, nel passaggio alla regione, si sono persi per strada. In definitiva, propone che la Segreteria Generale dia una direttiva per il coordinamento delle segreterie provinciali e regionali CSA.

Tullio Chetta (Lecce) afferma che bisognerebbe spostare l’attenzione dai lavoratori ai cittadini, che si trovano ad avere strade e scuole non manutenute e che magari devono fare centinaia di chilometri per proporre un’istanza. Proprio per evitare lunghi spostamenti la Regione Puglia, ad es. per la funzione turismo, ha aggirato il problema lasciando propri dipendenti in avvalimento presso le province. Facendo capire alla gente che questi disagi sono provocati da una legge malsana, di cui le province ed i loro dipendenti sono stati le vittime, il consenso nei nostri confronti salirebbe enormemente. Pertanto, dobbiamo fare in modo che le province riacquistino le loro funzioni, e il passo conseguente sarà il ritorno del personale. Sta di fatto che in molte province i dipendenti non percepiscono lo stipendio e diversi presidenti delle stesse si sono cautelati facendo denunce presso le Procure. Infine, è auspicabile che i cittadini tornino a esprimere i loro rappresentanti presso le Province attraverso il voto a suffragio universale.

Angelo Rossi (Lombardia) presenta un documento  con il quesito concernente la rappresentanza RSU provocata dallo sconquasso delle province, facendo presente che, in base all’art.2 del CCNQ del 10.2.2015, le RSU è formata da tutti i componenti trasferiti nella nuova amministrazione o ufficio, i quali continuano a svolgere le funzioni di componente RSU esclusivamente nell’amministrazione o ufficio dove sono assegnati che riguardano però l’intera RSU della Amministrazione Provinciale in quanto unica sede di lavoro e non solo sulle RSU relativamente alle funzioni trasferite.L’altro quesito riguarda gli RSU trasferiti che non possono votare i CCDI dei regionali in quanto ad oggi sono ancora titolari dei loro fondi e che fino a nuovo CCNL tali fondi sono ancora separati. E chiede che l’Ufficio Legislativo si incarichi di verificare se è possibile impugnare la disposizione.

Secondo il prof. Coco, responsabile dell’Ufficio Legislativo, la soluzione indicata dal citato articolo, valida per periodi di normalità, non può essere applicata nella particolare situazione venutasi a verificare con la soppressione delle province ed il ricollocamento di quote di personale presso altri enti fra cui le regioni. Infatti, questi trasferimenti alterano gravemente gli equilibri maggioritari che si erano realizzati presso gli enti di appartenenza, con violazione dei principi fondamentali che presiedono alle eventuali procedure di rimozione di rappresentanti sindacali. A suo avviso, quindi, la soluzione più plausibile sembrerebbe quella di riportare nelle predette amministrazioni di appartenenza (province) i rappresentanti ed innanzitutto quelli eletti alle RSU, fino alla scadenza del loro mandato, senza ulteriori effetti.

Per quanto riguarda invece la più ampia problematica dello stato giuridico degli istituti provinciali, Coco ha fatto presente che è opportuno sfatare un pregiudizio piuttosto negativo, riguardante l’eventuale rientro di personale ricollocato, qualora la provincia fosse restituita alla sua identità legislativa e costituzionale pregressa, ovvero vigente prima dell’entrata in vigore della legge Delrio. Giova a riguardo osservare che al momento attuale non esiste alcuna preclusione che impedisca al personale ricollocato presso altri enti di permanervi per il tempo necessario previsto dai relativi contratti. Pertanto questa impostazione “salva” perfettamente sia la libertà degli ex-provinciali di continuare a usufruire del nuovo posto ottenuto, sia di promuovere, come sembra giusto e necessario, il ripristino integrale dell’ordinamento provinciale, posto che essendo venuta meno la riforma costituzionale Renzi/Boschi, attualmente ci si trova al cospetto di una specie di mostro giuridico, ossia di una soppressione totale o parziale delle province, mentre esse continuano ad esercitare il ruolo di istituto costituzionale, assegnato loro dalla Carta del 1948.

Sulla Delrio, ha aggiunto Rossi, c’è chi effettivamente sta facendo marcia indietro. Se la legge è anticostituzionale, il problema sussiste. Ma non è la raccolta di firme a fare la differenza. Girando per le province lombarde è stato rilevato che, al di là Bergamo, il CSA non è rappresentato. A Pavia è stato fatto qualcosa ma siamo in salita, recuperare lo svantaggio è dura. Quanto alla questione fondi dobbiamo capire innanzitutto quale è l’intenzione del governo; ma per sbloccarli è chiaro che bisogna innalzare il tetto. E pure la triplice sta lavorando su questo. La regione Lombardia, aggiunge, sta accorpando più funzioni possibili e in pratica sta facendo sparire le province, sino a puntare all’obiettivo più alto di indire un referendum per ottenere addirittura l’autonomia. In definitiva, invita il Segretario a fare una scelta di campo, in chiave meramente sindacale, elaborando proposte condivisibili e che non ci si ritorcano contro.

Franco Colacelloe Carlo Cirasolaaffermano di aver incontrato delle contestazioni quando ha presentato la raccolta delle firme. Da un lato, la Regione Lombardia ha garantito lo stipendio a tutti i dipendenti per farli rimanere nelle province. Dall’altro, le 242 unità inserite nella regione Puglia fanno parte del suo patrimonio e l’azione di accorpamento che riguarda polizia provinciale, biblioteche, musei ecc. rende ancora più problematico il ritorno di tali lavoratori alle province.

Infine, Roberto Milano ha detto che se cancelliamo le province ammettiamo il controllo diretto dello Stato sui comuni, con l’Area Metropolitana che fa da controllore, e così si torna indietro di 40 anni.

Non essendoci altri interventi, Garofalo ringrazia tutti gli intervenuti per l’importante contributo dato alla discussione, che rafforza la centralità del Dipartimento Regioni/Province nell’ambito del CSA. Concorda con chi afferma che le scelte che andremo a fare non dovranno diventare un boomerang, perché se perdiamo i lavoratori delle province, le RSU e la rappresentatività non saremo più nelle condizioni di operare. In pratica, la predisposizione di un documento di carattere generale può andar bene, purché l’organizzazione non si esponga alle critiche degli altri. La questione essenziale è di ripristinare le funzioni delle Province, poi spetterà al governo valutare quanti dipendenti servono.

Come sindacato, il nostro dovere è di tenere tutto sotto controllo, in quanto ben sappiamo che c’è qualcuno che si sta dando da fare per farci fuori dalle RSU; dobbiamo cominciare a dare fastidio organizzando la protesta laddove ce ne sia bisogno; dare dei segnali chiari alla politica su quello che vogliamo e possibilmente avere incontri specifici; definire posizioni e salario.

In conclusione, l’intervento riepilogativo del Segretario generale evidenzia innanzitutto che, come dirigenti sindacali, non dobbiamo ragionare da politici ma da sindacalisti. Per questo, il lavoro del Dipartimento va strutturato per capire cosa è accaduto in tutte le province e quali sono i danni provocati al CSI dal passaggio del personale dalle province alle regioni. La strategia va tarata su quello che ci serve e quindi predisporre la piattaforma con cui formulare chiaramente le nostre richieste, compresa l’abrogazione della Delrio, valutandone altresì la sostenibilità economica.

Angelo Rossi (Lombardia), in qualità di coordinatore del Dipartimento, si incarica di predisporre al più presto un documento di base, che sarà poi girato a tutti i componenti dello stesso, per le opportune osservazioni. Su richiesta di Paladino, sarà elaborato anche un documento che tocchi i problemi emergenti delle province, con richiesta al governo di inserire nell’iter di conversione del DL 50.




Dipartimento Tecnico: il Verbale della riunione del 12 maggio

PROPOSTE PER LA PIATTAFORMA RIVENDICATIVA PER LA PROSSIMA CONTRATTAZIONE NAZIONALE RIVOLTA ALLE FIGURE TECNICHE INTERNE AGLI ENTI

Alla riunione presieduta da Massimo Druetto (responsabile dipartimento) sono presenti:

Volpe Antonio (Torino); Albertinetti Uliano (Torino); Campagnacci Fabio (Perugia);  Grignani Pierpaolo (Genova); Grassedonio Salvatore (Palermo); de Odorico Comuzzi Leo (Udine); Nosenzo Massimiliano (Salerno); Marino Caterina (Reggio Calabria); Martino Giovanni (Messina); Rombolà Ferdinando (Milano); Mangiapane Sandro (Messina); Russo Giacomo (Messina);  Viola Maurizio (Roma).

Comunicano l’impossibilità per interposti  motivi tecnici a essere presenti alla riunione Garofalo Francesco (Segretario Generale CSA); Pati Domenico (Lecce); Marra Luigi (Lecce).

Pur non essendo presenti, forniscono il loro contributo scritto: Brini Daniela (Torino); Spinetti Lorenzo (Genova); Vales Edoardo (Udine); Caligiuri Luigi (Piacenza); Fasulo Eduardo (Napoli); Massimo D’Ambra (Muggia-TS)

La riunione ha inizio alle ore 15:00 riprendendo i temi elaborati nel precedente incontro tenutosi il 30 marzo 2017 a Chianciano Terme in cui erano state evidenziate le difficoltà e le criticità che la categoria dei Professionisti Tecnici del pubblico impiego, riscontrata a seguito della complessa e continua evoluzione normativa.

I punti emersi nel corso della precedente riunione sono riletti criticamente uno a uno sviluppando e ampliando la discussione e il dibattito in merito al contenuto che ogni singolo punto vuole esprimere. Per ogni punto vengono anche lette le osservazioni e le integrazioni scritte fornite dai colleghi che non hanno potuto partecipare.

Al termine della discussione ogni punto viene messo ai voti e approvato.

I punti sottoposti a discussione e approvati nel corso di questa sessione sono i seguenti:

– GARANZIA DI FORMAZIONE CONTINUA PER LA CATEGORIA DEI PROFESSIONISTI TECNICI PUBBLICI DIPENDENTI –  L’Ente deve fornire adeguata formazione professionale e aggiornamento continuo ai propri professionisti tecnici anche per il conseguimento dei crediti formativi per i tecnici iscritti ai rispettivi Albi e Ordini Professionali

*Approvato senza modifiche. [Nell’ambito della discussione è emersa anche la necessità di redigere delle linee guida per i contratti decentrati sull’utilizzo delle risorse che le amministrazioni pubbliche devono destinare nell’ambito del 20% dell’incentivo ex Merloni]

– ONERI PROFESSIONALI ACCESSORI A CARICO DELL’ENTE – Gli oneri professionali accessori all’attività dei tecnici quali ad es. tasse di iscrizione agli Ordini professionali, kit firma digitale, casella di posta elettronica certificata, etc. devono essere interamente sostenuti dall’Ente.

*Approvato senza modifiche. [ Si è riscontrata nella discussione una situazione estremamente variegata constatando che  i vari enti assumono comportamenti diversi sull’argomento per cui sarebbe opportuno trovare in sede di discussione ulteriore modo di definire in termini più precisi cosa si intende per oneri professionali accessori ]

– ASSICURAZIONE PROFESSIONALE STIPULATA PER TUTTE LE FIGURE TECNICHE – L’Ente deve provvedere alla stipulazione di idonee e aggiornate polizze professionali a favore dei propri tecnici professionisti che tengano conto delle specifiche competenze in capo agli stessi garantendo  un’adeguata tutela legale.

*Approvato con riserve. [ Il punto seppur condiviso nelle sue linee essenziali sarebbe da riscrivere dopo aver consultato chi competente in materia. Nella discussione è emersa la necessità di maggiori coperture, anche in ambito di responsabilità civile. Occorre inoltre un chiarimento legale sulla possibile rivalsa dell’ente in caso di prescrizione del reato. ]

– SMART WORKING –  Individuazione  e  applicazione  di  ulteriori  sistemi  flessibili  dell’attività lavorativa,  al  fine  di  contemperare  al  meglio  le  esigenze  individuali  del  lavoratore  con  quelle degli  Enti.  Per   il  raggiungimento  di  tale  obbiettivo   è  necessario  un   nuovo   modello  di organizzazione  del   lavoro  che  porti  anche  alla  semplificazione  di  atti  e  procedure  che produrranno sensibili risparmi agli Enti.

*Approvato con modifiche. [ Il punto è risultato modificato rispetto alla stesura di Chianciano a seguito della discussione intervenuta. Le principali perplessità riguardavano l’accenno nella precedente stesura al telelavoro non sempre confacente all’attività del tecnico professionista dipendente. La discussione ha anche riguardato gli incentivi legati a una diversa modalità lavorativa che comporta risparmi per gli Enti. Gli elementi emersi in merito agli incentivi sono confluiti nei punti trattati successivamente]

– RUOLO PROFESSIONALE TECNICO – Riconoscimento del ruolo professionale tecnico in allineamento alle attuali tendenze europee che valorizzano i tecnici dipendenti pubblici considerandoli a tutti gli effetti come veri professionisti sotto tutti i punti di vista.

*Approvato con modifiche del titolo. [ Il punto è  stato a lungo discusso, in merito anche  ai profili professionali e relative  declaratorie,  pur essendo in linea di principio estesamente condiviso. Il punto focale della discussione riguardava il fatto che nella precedente stesura si parlava di ruolo unico professionale e questo avrebbe potuto ingenerare differenze di trattamento giuridico tra lo stesso personale tecnico.   Si è optato quindi a maggioranza alla modifica del titolo]

– ATTIVITA’ DI PROGETTAZIONE INTERNA – L’incentivazione per l’attività di progettazione interna è stata stralciata a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice (art. 113). A seguito di ciò, al fine di compensare i rischi professionali che comporta tale attività occorre individuare specifici strumenti di natura economica quali ad es. le tabelle del Ministero di Grazia e Giustizia opportunamente ridotte che comportano cmq. evidenti risparmi per l’Ente.

*Approvato con riserve. [ Il punto è stato oggetto di accorate discussioni in quanto sotto alcuni aspetti risulta un po’ criptico. Dopo le dovute spiegazioni, il punto è stato  condiviso nelle sue linee di principio anche se sarebbe meglio procedere ad una riscrittura che metta meglio in evidenza la necessità di trovare forme di giusto compenso per la progettazione interna all’ente ]

– NUOVO REGOLAMENTO DI RIPARTIZIONE INCENTIVO PER FUNZIONI TECNICHE (ART. 113 DEL dlgs 50/2016) –  Poiché ogni Ente ha necessità di provvedere alla stesura e conseguente approvazione di un nuovo Regolamento di ripartizione dell’incentivo per funzioni tecniche a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti, di cui all’art. 113 del 50/2016 verranno proposte, a livello centrale, apposite linee guida ai fini di una omogeneità di indirizzo per tutti gli Enti.

*Approvato senza modifiche. [ La discussione su incentivazione e forme di premialità si è estesa coinvolgendo anche punti già precedentemente discussi e punti ancora da discutere. In linea di massima è opinione diffusa tra tutti i partecipanti che  il D.T. possa diventare, in ambito tecnico,  l’interlocutore di riferimento nelle contrattazioni di secondo livello, sulle specifiche materie di natura tecnica, fornendo linee di indirizzo]

– NUOVE MODALITA’ DI INCENTIVAZIONE –  Individuazione di nuovi idonei istituti contrattuali nazionali che consentano, attraverso gli strumenti concertativi territoriali, la corresponsione di incentivi economici atti a valorizzare situazioni di uffici tecnici territoriali caratterizzati da effettive e riscontrate problematiche (carenza di organici, ridotte risorse economiche, etc. ).

*Approvato senza modifiche. [il punto è stato molto discusso perché in base all’esperienza del singolo partecipante alla discussione non vie era una omogeneità di vedute, soprattutto nella definizione di indennità ed incentivo. La discussione è servita principalmente per dare una base di discussione comune. Dalla discussione è anche emersa la condivisione che per i tecnici debba esserci una specifica indennità di funzione diversificata per specifiche responsabilità come già succede per altre categorie. In sede di discussione ulteriore si valuterà se integrare o modificare il punto]

– INDIVIDUAZIONE NUOVE MODALITA’ DI PREMIALITA’ –  Proporre nuovi sistemi di valutazione, tarati sui carichi di lavoro, competenze e effettive responsabilità  basate su criteri oggettivi di Enti terzi che possano effettivamente premiare e valorizzare il personale interno all’Ente (es. analisi rischio delle compagnie assicurative).

*Approvato senza modifiche. [Non vi è stata una specifica discussione su questo punto in quanto è rientrato nelle discussioni precedenti. Si valuterà successivamente se e come eventualmente pensare di agglomerare i discorsi su incentivo e premialità]

La discussione si è conclusa intorno alle 18:00.

 




Dipartimento Scuola: Verbale della riunione del 5 maggio 2017

 

Il 5 maggio 2017 si è svolta a Roma, presso la sede della Segreteria Generale CSA, la riunione del Dipartimento Scuola, finalizzata, come ha detto il Segretario Generale in apertura, alla costruzione reale del Dipartimento stesso, partendo da uno scambio di idee sui documenti fin qui prodotti, che costituiscono la base per la nuova piattaforma contrattuale.

Al momento, riferisce Garofalo, non abbiamo notizie né dell’accordo quadro né del contratto; a suo avviso, però, l’accordo – che definisce le nuove rappresentatività necessarie per la stipula del contratto – potrebbe essere stipulato entro l’estate. Il problema è che bisogna sapere gli obiettivi del governo, per poi aprire il tavolo per la contrattazione nazionale. Ad oggi, si è ancora in attesa delle direttive dei Comitati di Settore, che dovranno stabilire quali risorse saranno spalmate sui quattro comparti.

Inutile dire che sulla vicenda la nostra posizione è molto critica, in quanto l’ultima sceneggiata, prima del Referendum, fatta dai sindacati confederali – dove era stato stabilito un aumento di 85 per il contratto degli statali – non si comprende che seguito avrà. Da parte nostra, come già comunicato, non saremo disposti ad accettare cifre irrisorie, che andrebbero a coprire solo una minima parte di quanto perduto in questi anni dal nostro comparto.

L’obiettivo comunque resta quello di recuperare le perdite giuridiche subite in questi anni e per acquisire ottenere una parte economica più  consistente.

In questo senso, prosegue Garofalo, l’ultimo documento realizzato dal Dipartimento è una buona base di partenza. Ora bisognerebbe espandere le esperienze positive di alcuni Comuni, come Torino e Milano, sempre però tenendo presente che molti Comuni hanno delle disponibilità piuttosto limitate.

 

Quanto alla composizione del Dipartimento, il Segretario Generale ha annunciato che, date le assenze alla riunione odierna, sarà fatta una verifica dei nominativi presso le rispettive Segreterie provinciali. In ogni caso, ritiene che già in questo modo l’Organismo sia ben rappresentato, anche territorialmente.

Considerato che alla riunione sono presenti molte persone nuove, come rilevato da Maria Giangualano, si è proceduto a ricapitolare il lavoro svolto in precedenza, con una sottolineatura particolare gli aspetti nuovi che sono emersi, quali il tele-lavoro e il lavoro agile, per i quali mancano riferimenti contrattuali, e la nuova normativa degli asili nido.

E’ opinione dei presenti che lo scenario ideale sarebbe quello di poter parlare di scuola come contenuto unico e non secondo la dicotomia attuale fra scuola statale e comunale, ma vi è la consapevolezza che questo sia un proposito difficilmente realizzabile.

In proposito, Garofalo ha fatto presente che dopo la riduzione dei comparti e la creazione di quello delle funzioni locali, vi sono maggiori possibilità di ottenere un area separata. In particolare, ricorda che dopo l’approvazione dell’ultimo contratto nazionale, la nostra organizzazione mise una nota a verbale, accettata da tutti, per istituire un tavolo tecnico che vada a definire delle aree separate, e quindi riconoscendo delle specificità categoriali, per la polizia locale e la scuola.

 

Non tutti i partecipanti alla riunione, ed in particolare Angela Goffi,  sono convinti che percorrere questa strada possa portare a qualcosa di risolutivo. Ma, come sostiene Franca Pinto, nel marasma generale in cui si trova attualmente il mondo della scuola, è indispensabile uscire dall’ibrido di “insegnanti-dipendenti degli enti locali” per essere considerati insegnanti a tutti gli effetti. Per quanto riguarda gli asili nido, poi, bisognerà distaccarli dai servizi a domanda individuale.

Sempre secondo la Pinto occorre far leva sui cittadini con lavoro a tappeto sul territorio ed avere, come è già stato fatto a Napoli, un rappresentante in ogni scuola e asilo nido per avere immediata percezione dei problemi.

La discussione si sposta quindi su un punto già evidenziato in precedenza: la costruzione delle nuova piattaforma dovrebbe passare attraverso la verifica delle leggi regionali prendendone una come punto di riferimento, e lo stesso vale per i regolamenti comunali.

Pertanto, ciascuno dei componenti il Dipartimento ha illustrato le regolamentazioni vigenti nei rispettivi ambiti territoriali – quali Milano (Roberta Castelli), Torino (Maria Giangualano), Roma (Angela Goffi), Palermo (Salvatore Marte)– facendo emergere un quadro molto composito, quanto ad esempio a ore frontali e monte ore applicati.

Proprio per questo, la strada più opportuna da seguire, come proposto da Maria Gianguialano, è stata individuata in quella di prendere a riferimento l’accordo più favorevole e quindi valutare con l’Ufficio Legislativo se sia sostenibile farlo diventare un modello a livello nazionale.

Oltre a questo, Roberta Castelli ha posto il problema di individuare in maniera univoca le figure professionali della scuola, in quanto attualmente sono definite in maniere diverse dalle varie leggi e regolamenti, prevedendo anche la figura segretaria della scuola. Inoltre, è stato posto l’accento sulla necessità di migliorare quegli articoli che ora sono spesso oggetto di contenzioso.

Nel proseguo della discussione, il Segretario Generale ha affermato che questa ipotesi si può perseguire ed ha ulteriormente precisato che il nuovo contratto dovrebbe  essere configurato in modo tale che alcune funzioni particolari vengano delineate e disciplinate chiaramente, oppure vengano estrapolate per dar luogo a un contratto separato.

La strategia da seguire, secondo Garofalo, potrebbe essere questa: chiedere una nuova legge per la scuola, facendo capire al governo che la disomogeneità esistente in questo paese – dovuta anche il fatto che i contratti nazionali sono sempre interpretativi – si può risolvere soltanto legandola a una nuova tipicità di contratto, per poi eventualmente ripiegare sull’istituzione di un’area separata nel contratto con una piattaforma moderna e innovativa, che tenga presenti le esigenze attuali, e con una declaratoria che dia specificità giuridica a chi lavora in questo comparto.

Quindi, il Segretario ha invitato il Dipartimento a costruire subito una rete di comunicazione fra i vari componenti e svolgere una ricognizione dei regolamenti su scala nazionale, partendo dai decentrati, per trovare una misura equa per tutti.

Una volta predisposta la piattaforma, sarà indispensabile darne la più ampia diffusione nel mondo della scuola, puntando anche sull’organizzazione di un convegno a livello nazionale.

In questo lavoro, l’Ufficio Legislativo ha assicurato il proprio supporto. Il prof. Coco, in merito, ha chiesto al Dipartimento di porre domande circostanziate, in modo da affrontare le singole tematiche con maggiore precisione.

In definitiva, ha detto il Segretario, noi siamo pronti a far sapere che il CSA vuole una legge che parifichi scuola statale e comunale e coinvolgere più realtà possibili in questa battaglia. A tal fine, andrà predisposto un documento semplice e leggibile che deve arrivare in tutte le scuole d’Italia, per poi coinvolgere gli insegnanti nell’evento di presentazione della piattaforma.

Quale Coordinatrice nazionale del Dipartimento è stata individuata Franca Pinto.

Sono stati inoltre designati i seguenti Responsabili Nazionali: Maria Giangualano – Antonella Corradini – Roberta Castelli – Maria Giannini – Salvatore Marte – Maria Cocivolo – Angela Goffi

 




Polizia Locale: verso lo stato di agitazione nazionale

La costante e concreta azione sindacale portata avanti quotidianamente dal CSA, iniziata con lo sciopero nazionale del 2015  e proseguita con il massiccio sciopero del 2016, ha  prodotto i primi frutti.

Il risultato si concretizza con l’approvazione definitiva da parte del Senato della Repubblica della legge sulla “sicurezza delle città”. La legge ripristina , finalmente, la normativa “pre-salva Italia” con il riconoscimento della “causa di servizio” e spese mediche.

È solo un primo passo, il risultato definitivo si avrà quando saranno accolte le altre richieste della categoria , fino ad allora,adiamo avanti a piccoli passi, ma con la tenacia  la costanza e la concretezza che da sempre ci contraddistingue.

La norma ha confermato un’altra delle nostre richieste, cioè il ripristino della possibilità a tutti i comuni in linea con le norme di finanza pubblica di utilizzare per il 2017 l’80% delle risorse del personale andato in pensione e dal 2018 il 100% ai fini assunzionali.

Il CSA, con il dipartimento Polizia Locale, impegnato in prima linea per il riconoscimento dei diritti della categoria continuerà a tenere alta la pressione sulle istituzioni.

Infatti, riteniamo ancora insoddisfatte le richieste e le prerogative che in tutti questi anni ha chiestola Categoria, specialmente nei punti nodali:

  • mancanza della Polizia Provinciale all’interno del decreto;
  • pensione privilegiata;
  • non da ultimo – ma anzi ritenendola fondamentale – l’equiparazione della Polizia Locale alle altre Forze di Polizia ad ordinamento civile.

Per tale motivo, i sottoscritti, nella giornata di domani concorderanno le future iniziative affinché il tutto venga ricondotto nella giusta direzione, preannunciando già da ora lo stato di agitazione della categoria.

Sempre nella giornata di domani, vi informeremo sulle future mobilitazioni.

In allegato, lo stralcio della norma approvata dal Senato che riguarda la nostra vertenza.

 

 

F.to   Il Responsabile Nazionale                                                 F.to    Il Segretario Generale

Dipartimento Polizia Locale CSA                                                           Francesco Garofalo

Luigi Marucci

 

 

 

DOCUMENTO ALLEGATO

A.S. 2754: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”

Articolo 7 (…) – Il comma 2-bis, aggiunto dalla Camera dei deputati, dispone che negli anni 2017 e 2018 i comuni che, nell’anno precedente, hanno rispettato gli obiettivi del pareggio di bilancio di cui all’articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, possono assumere a tempo indeterminato personale di polizia locale nel limite di spesa individuato applicando le percentuali stabilite dall’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 ( per il 2017: 80 per cento della spesa del personale cessato nell’anno precedente; 100 per cento dal 2018), alla spesa relativa al personale della medesima tipologia cessato nell’anno precedente, fermo restando il rispetto degli obblighi di contenimento della spesa di personale di cui all’articolo 1, commi 557 e 5 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 2961 . Le cessazioni di cui al periodo precedente non rilevano ai fini del calcolo delle facoltà assunzionali del restante personale secondo la percentuale di cui all’articolo 1, comma 228, della legge 28 dicembre 2015, n. 2082 . I commi da 2-ter a 2-sexies, inseriti dalla Camera dei deputati, dispongono in merito all’equo indennizzo e al rimborso delle spese di degenza per causa di servizio nei confronti del personale della polizia locale. Agli oneri valutati in 2,5 mln di euro annui a decorrere dal 2017 si provvede a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004. Si stabilisce che con decreto ministeriale vengano stabiliti i criteri e le modalità di rimborso delle spese sostenute dai comuni per la corresponsione dei benefici in esame. Inoltre, si dispone che le commissioni deputate agli accertamenti delle condizioni per l’equo indennizzo e il rimborso delle spese operino nell’ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Infine, viene inserita una apposita clausola di salvaguardia (riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’interno) nel caso in cui si verifichi uno scostamento dell’andamento degli oneri in esame rispetto alle previsioni di spesa.




Incontro tra Unioncamere e le OO.SS. rappresentative

INCONTRO TRA UNIONCAMERE NAZIONALE E LE OO.SS. RAPPRESENTATIVE

(CSARAL – CGIL – CISL – UIL)

 

Care Colleghe e cari Colleghi,

ieri si è tenuto presso la sede di Unioncamere Nazionale, tra i Sindacati rappresentativi (CSA RAL, CGIL, CISL, UIL) e il Dr. Caporale, un incontro  di aggiornamento sui temi della riforma delle Camere di Commercio.

Con riguardo allo stato di avanzamento dei lavori, Unioncamere sta concludendo in questi giorni l’acquisizione dalle singole Camere dei dati necessari per avere un quadro completo della situazione. I dati sino ad oggi raccolti hanno consentito di effettuare una prima proiezione su possibili soprannumero, anche al fine di verificare preventivamente col Ministero della Funzione Pubblica eventuali disponibilità da parte di altre pubbliche amministrazioni ad assorbire con la mobilità eventuali “esuberi”.

Completata la raccolta dei dati Unioncamere trasmetterà al Ministero dello Sviluppo Economico, entro l’8 giugno 2017, in applicazione dell’art. 3 del decreto legislativo 219/2016:

  • una proposta di rideterminazione delle circoscrizioni territoriali delle CCIAA per ricondurre il numero complessivo delle camere entro il numero di 60;
  • un piano complessivo di razionalizzazione organizzativa sulla base delle indicazioni di ciascuna Camera di Commercio a seguito riassetto degli uffici, del contingente del Personale in funzione delle competenze/funzioni e della rideterminazione delle dotazioni organiche del personale (dirigente e non dirigente). Detto piano dovrà contenere anche proposte per una razionale distribuzione del personale dipendente delle CCIAA che dovesse risultare in soprannumero.

Eventuali “esuberi” verrebbero gestiti attraverso la mobilità tra Camere di Commercio e, al riguardo, alcune  avrebbero già dato la loro disponibilità ad accogliere dipendenti di altre CCIAA.

In base ai dati sino ad oggi raccolti, Unioncamere ha elaborato un report  con la previsione delle uscite di personale camerale fino al 31/12/2019. Tuttavia, il numero complessivo delle uscite programmate potrebbe aumentare, anche in modo significativo, in seguito all’aggiornamento di dati comunicati da diverse CCIAA ed anche per effetto di eventuali ulteriori accorpamenti rispetto agli attuali esistenti, gestione di servizi in cogestione tra camere ed altri fattori.

L’analisi dei dati è stata effettuata da Unioncamere tenendo in considerazione i seguenti fattori:

  1. incidenza del costo del personale sui costi fissi degli Enti esposti sul bilancio preventivo 2017;
  2. rapporto numero dipendenti / imprese iscritte;
  3. incidenza del costo dirigenti;
  4. processi di mobilità intervenuti su base volontaria;
  5. impatto aumento del 20% del diritto annuale per progetti di sistema;

ed ha messo in evidenza i potenziali soprannumeri suddivisi per Regione, con le seguenti risultanze:

 

Regione personale dirigente personale non dirigente
Abruzzo 3 5
Basilicata 0 3
Calabria 1 15
Campania 1 4
Emilia Romagna 0 10
Friuli 0 3
Lazio 1 9
Liguria 0 16
Lombardia 0 10
Marche 0 5
Molise 1 5
Piemonte 0 9
Puglia 1 15
Sardegna 0 8
Sicilia 10 68
Toscana 2 14
Umbria 0 3
Veneto 0 4

 

Nel caso l’applicazione dell’istituto della mobilità tra Camere di Commercio non dovesse  essere sufficiente a collocare tutti i soprannumerari si procederebbe, come già fatto in precedenza per i dipendenti delle Province, attraverso il portale del Ministero della Funzione Pubblica il quale consente di incrociare i dati relativamente ai posti disponibili presso altre PP.AA. con il personale in mobilità.

Nel 2016 si registrano cessazioni dal servizio di personale camerale pari a 276 unità per motivazioni diverse (dimissioni volontarie, raggiungimento età pensionabile ordinaria, mobilità verso altri enti,  prepensionamento a seguito dichiarazioni di eccedenza,  risoluzione unilaterale del datore di lavoro, licenziamento ed altre cause).

Con riferimento alle Aziende speciali, da una prima ricognizione, potrebbero essere circa 300 i dipendenti potenzialmente interessati da procedure di accorpamento e per i quali si dovrà ragionare sull’attivazione di misure di solidarietà.

In conclusione dell’incontro, il dott. Caporale ha ribadito che il personale delle Camere di Commercio accorpate sarà interessato da una intensa attività di riqualificazione,  attraverso corsi di formazione, per facilitarne la riconversione professionale ed il ricollocamento all’interno dei rispettivi enti di appartenenza.

Entro il mese di giugno dovranno chiudersi le intese tra Unioncamere e Ministero dello Sviluppo Economico per cui i prossimi incontri si terranno, presumibilmente, in date ravvicinate.

Vi terremo aggiornati.

Buon lavoro a tutti

Dipartimento Nazionale

Camere di Commercio

                                                                                                                      Lucia Grasso      Alessandro Tassi




Incontro alla Unioncamere sulla riforma delle Camere di Commercio

Di seguito, il testo comunicato relativo alla riunione tenutosi alla Unioncamere Nazionale coi sindacati relativamente alla riforma delle Camere di Commercio

 

Care Colleghe e cari Colleghi,

il 27 gennaio u.s. si è tenuto presso la sede di Unioncamere Nazionale tra i Sindacati rappresentativi della funzione pubblica (CSA RAL, CGIL, CISL, UIL), il Segretario Generale di Unioncamere Dr. Tripoli e il Dr. Caporale un incontro di aggiornamento sui temi della riforma delle Camere di Commercio.

Con riguardo allo stato di avanzamento dei lavori Unioncamere si è limitata a qualche accenno su alcune tematiche, senza peraltro fornire alla parte Sindacale (come spesso avviene) alcuna documentazione sull’oggetto della discussione.

Ad oggi nessuna concreta risposta alle richieste già formulate da parte sindacale.

Riguardo agli accorpamenti Unioncamere ha riferito che altre Camere di Commercio, rispetto alle attuali accorpate, avrebbero espresso volontà di accorparsi.

E’ stato ribadito che gli accorpamenti devono essere governati in maniera tale da non generare esuberi di personale salvaguardando le professionalità esistenti.

Il Segretario dr. Tripoli ha comunicato che per le Camere accorpate ed in corso di accorpamento, (ma presumibilmente per tutte), verrà predisposta una scheda nella quale saranno valorizzati gli ambiti sui cui lavorare (sedi – sedi staccate – aziende speciali – personale).

Il CSA, al fine di evitare il verificarsi di una chiusura indiscriminata di sedi, sedi secondarie, sedi staccate prescindendo, tra l’altro, dalla necessità delle imprese di avere l’erogazione dei servizi nel territorio ove queste operano (i servizi on line spesso non sono in grado di sopperire pienamente al servizio fornito dallo sportello territoriale), ha sollecitato Unioncamere a monitorare / vigilare affinché il processo degli accorpamenti garantisca nei territori la sussistenza di sedi secondarie/staccate soprattutto laddove sono presenti importanti distretti produttivi.

Relativamente alle Aziende speciali Unioncamere ha comunicato che saranno ridimensionate tendenzialmente secondo due direttrici:

– verticale ossia considerando la possibilità di conferimento di alcune aziende speciali in società nazionali (con diramazioni territoriali) ove caratterizzate da uguale mission

– orizzontale ossia con aggregazioni su base regionale (una o più per regione o infraregionale).

E’ stato ribadito come, in ogni caso, le aggregazioni non debbano generare esuberi di personale.

Sul tema della sostenibilità finanziaria Unioncamere ha comunicato che sta lavorando su un progetto finalizzato alla richiesta al Ministero dello Sviluppo Economico teso ad aumentare del 20% il diritto annuale. E’ stato ribadito come il taglio del 50% del diritto annuale metta a rischio la sostenibilità finanziaria delle Camere di Commercio e come a questa stortura vada messo rimedio al più presto.

Con riguardo alla determinazione di costi standard per servizi camerali, Unioncamere ha comunicato di averne sospeso i lavori potendo, tale determinazione, incidere negativamente sulla questione del personale. (In proposito Vi ricordo la nota della nostra Segreteria Nazionale trasmessa, anche all’Unione, in data 16 gennaio 2017 ad oggetto “Impugnazione dell’art. 10 della legge 124/2015 da parte di alcune Giunte Regionali” nella quale abbiamo evidenziato che “Poteva anche presumersi, quantomeno, che i suddetti tagli non si fermassero lì, bensì preludessero ad una prossima o graduale, ma definitiva, soppressione dell’intero sistema camerale, grazie alla cancellazione del criterio delle dotazioni organiche e all’avvento universale dei cc.dd. “indicatori di riferimento di costo e fabbisogno” (art. 33, quarto comma, della riforma costituzionale Renzi/Boschi) usati in qualità di strumenti della soluzione finale di enti, istituti e piante occupazionali”).

Infine Unioncamere circa i ricorsi al Decreto di riforma delle Camere di Commercio finora presentati alla Corte Costituzionale (Regione Toscana e Lombardia) ha comunicato che, a loro modo di vedere, tali ricorsi non dovrebbero ostacolare l’iter previsto dal decreto considerato il tempo che potrebbe impiegare la Corte Costituzionale per esprimersi in merito.

Il CSA è dell’avviso che non sia da sottovalutare la possibilità che i ricorsi presentati dalle suddette Regioni (e da altre Regioni che nel frattempo si dovessero unire alle precedenti) possano mettere nel nulla il Decreto di riforma delle Camere di Commercio e tutti gli atti ad esso conseguenti.

Il prossimo incontro è previsto per la seconda metà del mese di febbraio al quale ne seguiranno altri, presumibilmente in date ravvicinate, considerato che entro il mese di giugno dovrebbero chiudersi le intese politiche tra Unioncamere e Ministero dello Sviluppo Economico.

Lucia Grasso




Si è riunito a Roma il Dipartimento Sanità

Presentiamo il verbale della riunione del Dipartimento Sanità CSA, svoltasi il 24 gennaio presso la sede della Segreteria Generale.

Nel suo intervento introduttivo ai lavori, il Segretario Generale Garofalo ha evidenziato la necessità di dare una nuova veste, e nuovi obiettivi, al Dipartimento, fermo restando l’accordo stipulato suo tempo con FIALS, che comunque dovrà essere rivisto.

L’idea è quella di concepire il Dipartimento sulle forme di una federazione, e quindi di un soggetto giuridico che non sia un semplice supporto ad altre sigle ma un’entità capace di penetrare nel mondo della sanità per incontrare le esigenze dei lavoratori dei vari comparti di cui esso si compone, attraverso la creazione di tanti sotto-dipartimenti riferiti alle varie figure professionali (medici, paramedici, OSS, ecc.), per poi andare a verificare quali nuovi accordi sarà più opportuno stipulare.

Per questi motivi, Garofalo ha ritenuto di creare un Esecutivo ristretto nell’ambito del Dipartimento – composto dai sigg.ri Antonia Spina (coordinatrice), Rolando Scotillo, Giuseppe Badagliacca, Giuseppe Piastra, Domenico Godano – a cui spetterà anche il compito di individuare ulteriori figure che si impegnino a lavorare quotidianamente nei rispettivi territori.

E’ quindi di immediata evidenza la nuova impronta che si intende dare col Dipartimento, considerato che gli altri sindacati hanno già creato delle Federazioni in ambito sanitario, ma esse sono delle entità astratte, che si limitano ad erogare taluni servizi. Il nostro obiettivo è quello di elaborare, nell’ambito dell’Esecutivo del Dipartimento, un documento di programma a livello nazionale, che venga poi traslato e modellato a livello territoriale, dove le esigenze sono le più varie.

In definitiva, ha detto Garofalo, se ognuno potesse curare la propria specificità in un unico contenitore potrebbe essere la soluzione vincente.

A tal fine, per le prossime elezioni RSU si potrebbe istituire un singolo cartello, per poi aprirlo a tutti quelli che vogliono entrare.

Rolando Scotillo è entrato nello specifico dei servizi offerti da FISI, che dopo l’inglobamento in CSA sono fruibili anche dai nostri iscritti. Gli strumenti sono essenzialmente la formazione e l’offerta di contratti assicurativi.

Per quanto riguarda il primo aspetto, ha illustrato il progetto di e-learning ideato da FISI-CSA, basato su una piattaforma avanzatissima, accreditata presso il Ministero della Salute, che offre le più ampie possibilità di fruizione e permette nel contempo di realizzare il tesseramento online.

FISI-CSA ha alle spalle una lunga esperienza nel campo della formazione, erogando dei corsi rivolti a tutte le professionalità di settore di cui hanno usufruito migliaia di operatori ai vari livelli, affidandosi a docenti di prim’ordine. Naturalmente, questo know-how è trasferibile in ciascun ambito locale, perciò ciascuna struttura territoriale potrà organizzare i propri eventi, nel rispetto di alcuni requisiti di qualità, magari anche prendendo accordi con le Asl e le case di cura private

In una fase successiva delle riunione, Scotillo ha dato dei ragguagli sulla polizza assicurativa offerta da FISI Servizi, che copre tutti i profili professionali, medici compresi. Una soluzione che è stata apprezzata da tutti i partecipanti alla riunione, con la sottolineatura che ai territori dovrà essere lasciata la libertà di stabilire le modalità di fruizione della polizza (far pagare per intero, o parzialmente o per nulla il relativo costo al lavoratore; inglobare o meno tale costo nella tessera; prevedere o meno la rateizzazione, ecc.).

In linea di principio, sostiene Antonia Spina, non è semplice intervenire su una realtà particolare come quella della Sanità, data la presenza di una molteplicità di categorie che si guardano in cagnesco e di un contratto piuttosto complesso. D’altra parte, visto che in tale ambito il ruolo del sindacato si è molto ridimensionato nel tempo, è da ritenere lungimirante il discorso di organizzarsi per settori specifico, affinché ogni categoria si senta rappresentata e abbia un punto di riferimento, anche per via telematica, al quale l’iscritto possa rivolgersi per fare delle domande e ottenere in tempi brevi una risposta.

E questo parere è, sostanzialmente, condiviso da tutti i componenti l’Esecutivo del Dipartimento.

In conclusione, è emersa una visione comune sui seguenti aspetti:

  • Predisporre progetti a lunga gittata
  • Andare a colmare le lacune lasciate dai sindacati maggiori sia nel campo della formazione/informazione
  • Sfruttare la formazione e l’assicurazione come strumenti di proselitismo
  • In vista delle elezioni RSU, creare rapporti di collaborazione con le altre realtà che gravitano nel mondo della sanità per evitare meccanismi di conflitto.

 

 




A tutela del personale delle Camere di Commercio

Proponiamo il testo della lettera inviata il 16 gennaio ai Presidenti delle Camere di Commercio operanti sul territorio nazionale, ai Presidenti delle Camere di Commercio Italiane all’estero, al Presidente dell’Unioncamere nazionale, alla Presidenza della Conferenza Stato-Regioni, ai Presidenti delle Regioni e, p.c. Ai Dipendenti delle Camere di Commercio Alla Confindustria, in merito all’impugnazione dell’art.10 della Legge Madia da parte di alcune Giunte Regionali

Egregi Presidenti,

come probabilmente già saprete, dalla data del 10 gennaio u.s. due regioni (Toscana e Lombardia) hanno sollevato, in breve successione temporale tra loro, questione di illegittimità dell’art.10 della c.d. “riforma della P.A.” dinnanzi alla Corte Costituzionale.

Questa decisione ci giunge particolarmente gradita, sia per la pluralità degli organi promotori, sia per il rilevante interesse dimostrato nei confronti degli istituti camerali, da parte dei Governatori e delle Giunte regionali e sia, infine, per l’accoglimento delle nostre istanze sindacali, posto che, dal 16 dicembre 2016, l’Ufficio Legislativo del CSA aveva elaborato e diffuso un parere tecnico-giuridico a riguardo.

Le tesi e gli obiettivi illustrati in tale parere – vertenti specificamente sulla necessità di estendere anche alla CCIAA le censure rivolte dalla sentenza costituzionale n. 251/2016 agli abusi e prevaricazioni della “legge Madia” – si sono infatti dimostrati strettamente coincidenti con quelli evidenziati nei ricorsi già presentati e che fungono da presupposto per una conforme statuizione del Giudice delle Leggi.

D’altronde, le violazioni del principio fondamentale della “leale collaborazione” tra Stato e Regioni, che sono già valse allo smantellamento di almeno 2/3 della legge-delega e dei decreti applicativi, non possono non trovare pedissequo esito anche a riguardo del trattamento, autoritario e arbitrariamente invasivo, che il governo Renzi ebbe ad infliggere ad una gloriosa istituzione quale è il sistema delle CCIAA. E tutto ciò, in assenza di alcuna effettiva e valida motivazione diversa dal forsennato accentramento di poteri nell’Esecutivo, simmetrico alla devastazione di qualsivoglia entità territoriale, specialmente se munita di un certo grado di autonomia giuridica, decisionale e operativa.

Tuttavia, mentre esprimiamo la nostra sincera gratitudine a quanti si sono impegnati nella difesa delle Camere di Commercio, colmando un vuoto di iniziative e azioni di autotutela che – soprattutto dopo la declaratoria di incostituzionalità concernente una vasta gamma di materie (dirigenza pubblica, Asl, ecc.), lasciava impregiudicata la questione delle CCIAA – era divenuto ancor più grave e discriminatorio, ci corre l’obbligo di stigmatizzare l’assordante silenzio riservato a quel che era accaduto, sia da parte di altre sigle sindacali che dagli stessi vertici e strutture di Unioncamere.

In proposito, va constatato (e denunciato ai lavoratori) come codesti “rappresentanti” della categoria avessero completamente abdicato ai propri ruoli istituzionali, giacché contro il “taglio” (in realtà, un dimezzamento operato con precisione chirurgica!) delle camere e dei dipendenti (nell’ordine di alcune migliaia) non si erano preoccupati di alzare un dito!

E poteva anche presumersi, quantomeno, che i suddetti “tagli” non si fermassero lì, bensì preludessero ad una prossima o graduale, ma definitiva, soppressione dell’intero sistema camerale, grazie alla cancellazione del criterio delle dotazioni organiche e all’avvento universale dei cc.dd. “indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno” (art.33, quarto comma, della riforma costituzionale Renzi/Boschi) usati in qualità di strumenti della soluzione finale di enti, istituti e piante occupazionali.

Ma, anche a fronte di simili rischi, paralleli a quelli corsi dai dipendenti delle Regioni, “esodandi” dalla mezzanotte del 4 dicembre 2016, ove la riforma del Titolo V non fosse finita nel secchio della spazzatura assieme a tutto il Ddl costituzionale bocciato dal referendum, non sembra proprio che si sia levata una pur flebile opposizione.

Ora, è da ritenersi necessario che le Camere, a seguito e nell’occasione delle impugnazioni promosse dalle menzionate due regioni (alle quali, ci si augura, possano aggiungersi altre adesioni di eguale statura), riprendano, univocamente e unitariamente, la soggettività di enti pubblici muniti delle non trascurabili attribuzioni conferite loro dalla legislazione vigente ed in continuità con una tradizione che va, semmai, sviluppata ed attualizzata, in armonia con gli scenari politico-costituzionali che potranno affermarsi in un nuovo modello di assetto e di equilibri fra poteri e autonomie.

Nel contempo, occorre valutare delle strategie di intervento affinché gli incombenti dei ricorsi alla Corte costituzionale non gravino esclusivamente sull’azione delle Regioni, bensì ricevano il contributo diretto della Unioncamere, ovvero di singoli plessi camerali anche attraverso la proposizione di ricorsi “ad adiuvandum” per quelli già al vaglio della Consulta o, in alternativa, con l’accesso a procedure incidentali consistenti nell’attivare azioni giudiziarie (civili o amministrative) nell’ambito delle quali chiedere e ottenere la rimissione degli atti processuali – previo riconoscimento della non fondatezza della questione – alla Corte, con la finalità di pervenire alla cancellazione, dall’ordinamento giuridico, del succitato art. 10 L. 124/2015.

La qual cosa, naturalmente, non esclude, anzi, deve accompagnarsi a contestuali iniziative sindacali di rivendicazione dei diritti dei dipendenti delle CCIAA, sia in termini contrattuali che salariali, all’interno di un piano di rifinanziamento, considerando che, se il dimezzamento del diritto (di contribuzione) poteva corrispondere ad un provvedimento in qualche misura propedeutico al programma di ristrutturazione delle Camere con conseguente decremento della loro redditività, efficienza e funzionalità per le utenze imprenditoriali, l’assai probabile (oltreché imminente) declaratoria di incostituzionalità dell’art. 10 cit. consente di implementare uno o più progetti di riqualificazione degli istituti camerali che possano assegnare loro un ruolo anche maggiore nel contesto delle dinamiche e delle relazioni economico-produttive del futuro.

Non va dimenticato, in tal senso, che la bocciatura della riforma costituzionale, recupera alla potestà regionale un vasto numero di funzioni quali, ad esempio, il commercio con l’estero, la gestione del mercato del lavoro e così via, la cui piena esercitabilità delinea notevoli potenzialità di ordine sociale ed economico fin’ora schiacciate dal centralismo e dal dirigismo statali, nelle quali le CCIAA dovranno svolgere un ruolo da protagoniste.

(firmata dal Responsabile Ufficio Legislativo Prof. Avv. Nicola Coco, dal Segretario Generale Francesco Garofalo, dai Capi Dipartimento Camere di Commercio CSA Lucia Grasso e Alessandro Tassi)




Dal Dipartimento Pari Opportunità

In data 18 gennaio 2011 si è costituito il dipartimento Pari Opportunità FIADEL CSA. Sono stati individuati una Coordinatrice per il Dipartimento P.O. Maria GIANGUALANO e alcune Vice Coordinatrici divise per quattro aree del territorio:

Per il Nord: Liviana Zanta e Leonida Rostellato

Per il centro: Cinza Lucatelli e Stefania Spacca;

Per il Sud:Annalisa Cangiulli e Lucia Pagano;

Per le isole: Luisa Milazzo e Simona Lorettu.

Il CSA FIADEL Dipartimento Pari Opportunità ha istituito un primo tavolo di lavoro in merito al CPO che costituisca contrattazione di genere. Gli incontri devono essere finalizzati alla  realizzazione della ricerca, analisi e valutazione dell’attuazione delle politiche di genere.

Metodo e strumenti per la contrattazione di genere.

Le linee guida devono essere una proposta concreta per analizzare e progettare iniziative e formule innovative, volte a favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e la qualità della vita all’interno degli enti pubblici e privati ed in generale del mondo del lavoro. Tutto ciò deve servire per costituire un punto di partenza per la contrattazione decentrata di II livello.

I componenti si impegnano a  sensibilizzare le amministrazioni sulle problematiche dei dipendenti in tema di pari opportunità a senza aggravio di oneri per le amministrazioni, trovando l’accordo con le parti.

Il Dipartimento si propone di fissare degli obiettivi e metodi di lavoro. I vari componenti  si impegnano a realizzare, a partire dai territori di appartenenza, una ricognizione dell’attuale stato dell’arte in tema di Pari Opportunità (normativa e iniziative concrete realizzate nei vari enti e società) al fine di  mettere in comune le esperienze di ciascuna regione e realizzare progetti di sintesi che possano essere applicati alle diverse realtà del mondo del lavoro secondo le specificità delle varie categorie e territori.

OBIETTIVI

  1. Informare sui diritti di lavoratori padri e lavoratrici madri e sulle opportunità offerte dalla normativa vigente in materia della conciliazione dei tempi;
  2. offrire servizio di ascolto, consulenza e sostegno al personale con carichi di cura o altre esigenze di conciliazione;
  3. costituire un punto di riferimento tra l’amministrazione e l’organizzazione sindacale;
  4. fornire assistenza e tutela per contrastare azioni di mobbing o stalking ai danni di qualsiasi lavoratrice/lavoratore;
  5. elaborare proposte concrete da inserire nelle varie piattaforme per i rinnovi contrattuali (es: banca delle ore, Telelavoro, mobilità interna, part-time, Conciliazione tempi di lavoro-famiglia, favorire l’assistenza ai nostri cari diversamente giovani e minori, tutela e sicurezza sui posti di lavoro e formazione;
  6. in generale verificare all’interno delle amministrazioni tutte le possibilità di miglior favore che possono essere applicate al fine di promuovere tutte le azioni positive per l’eliminazione di ogni ostacolo al raggiungimento delle pari opportunità;

DESTINATARI

Tutti i lavoratori delle categorie rappresentate da questa O.S. con particolare riferimento a: lavoratrici/tori madri/padri, lavoratori con particolari carichi familiari o di cura, studenti lavoratori/lavoratrici, lavoratori con disabilità ecc.;

Le azioni che il Dipartimento intende portare avanti dovranno ovviamente tenere conto della normativa specifica sulle pari opportunità di cui si allega un elenco di leggi e decreti vigenti che i componenti si impegnano ad analizzare approfondire e divulgare anche attraverso incontri e altri strumenti di comunicazione che dovranno essere elaborati e resi disponibili a tutti i lavoratori. In tal senso il Dipartimento propone di inserite nel prossimo Consiglio Nazionale :

  • presentazione del dipartimento e delle sue linee di azione;
  • realizzazione di attività formative specifiche per i componenti del Dipartimento e per i componenti dei direttivi sul territori che si vorranno impegnare sulle tematiche;
  • la promozione di iniziative per la realizzazione di una rete di informazione e di comunicazione tra i vari territori.

Il Dipartimento si propone di fissare un nuovo incontro per vagliare e  armonizzare tutti i materiali e i documenti prodotti nei territori al fine di realizzare uno strumento programmatico di sintesi.

 

Coordinatrice del Dipartimento Pari Opportunità

CSA/FIADEL Nazionale

Maria Giangualano




Riuniti a Roma i Dipartimenti Welfare e Pari Opportunità

VERBALE RIUNIONE CONGIUNTA

DIPARTIMENTO WELFARE E ASSISTENZA SOCIALE

DIPARTIMENTO PARI OPPORTUNITA’ E POLITICHE DI GENERE

Roma, 19 dicembre 2016

 

Come nelle precedenti riunioni di Dipartimento, il Segretario Generale Francesco Garofalo ha spiegato in fase introduttiva gli obiettivi che il Sindacato intende perseguire con l’istituzione di tali organismi.

Nello specifico, ogni area di interesse della nostra organizzazione deve essere seguita da gruppi omogenei di persone che si assumano l’impegno di raccordarsi coi lavoratori per verificare la posizione che il CSA andrà ad assumere nel momento in cui si aprirà la discussione sul rinnovo del contratto degli enti locali (ora Funzioni Locali).

Dobbiamo quindi predisporre una piattaforma quanto più completa possibile e soprattutto vicina alle problematiche reali dei lavoratori stessi. Nel contempo, tale piattaforma dovrà avere sostenibilità dal punto di vista economico e piena attendibilità sul piano giuridico. Perciò, una volta che essa sarà stata predisposta, verrà sottoposta al vaglio dell’Ufficio Legislativo, per poi essere portata all’approvazione del Consiglio Nazionale. Tutto ciò farà da volano alle assemblee e alle manifestazioni che andremo a indire su tutto il territorio nazionale.

Il dibattito ha toccato, contemporaneamente, gli aspetti organizzativi e i contenuti.

Per quanto riguarda il primo, è stato rilevato da tutti i presenti che un Dipartimento degli Assistenti Sociali e delle Pari Opportunità rischia di essere dispersivo, per la sua eterogeneità, e che quest’ultima materia, in realtà, interessa trasversalmente tutti i settori.

Pertanto, è stato deciso di creare due distinti Dipartimenti: Welfare e Assistenza Sociale; Pari Opportunità e Politiche di Genere.

Per la fase iniziale dei lavori, nell’ambito del Dipartimento Welfare si individueranno tre responsabili di area (Nord, Centro, Sud), i quali, raccordandosi fra loro e confrontandosi con le altre persone che hanno dato la propria disponibilità, si concentreranno in primo luogo sulla predisposizione di una relazione tecnica illustrativa delle problematiche da affrontare, come espressamente richiesto dal Segretario Generale. A tal fine, è stato concordato di prendere spunto da un documento realizzato da Antonio Callea di Palermo, che è stato letto ed esaminato nel corso della riunione ottenendo l’apprezzamento di tutti i partecipanti.

Il Dipartimento Pari Opportunità e Politiche di Genere ha designato una Coordinatrice unica, Maria Giangualano, la quale avrà innanzitutto il compito di costruire una rete con i responsabili designati in ogni Regione. Sarà cura della stessa Coordinatrice recuperare il materiale elaborato tempo addietro e sottoporlo ai componenti del Dipartimento, per verificare cosa è recuperabile in funzione della piattaforma.

Per quanto concerne i contenuti, l’obiettivo comune è quello di arrivare al riconoscimento delle singole professionalità, attesa la quasi impossibilità di uscire dall’alveo del contratto collettivo nazionale, e di far si che nell’accordo decentrato vengano inserite delle garanzie per il personale con una certa anzianità, che altrimenti può essere scavalcato dai lavoratori più giovani, che hanno titoli di studio più elevati. Altro problema comune è il fatto di dover svolgere mansioni amministrative non contemplate dal contratto.

Non meno rilevanti sono temi quali l’incastro fra pari opportunità e benessere organizzativo, l’idoneità dei posti di lavoro, il sostegno delle politiche di turnover.

Va da sè che ci siano delle specificità da valorizzare e salvaguardare, ma non si può fare a meno di partire dai punti in comune per addentrarsi, in una fase immediatamente successiva, nelle singole tematiche. In questo contesto, ovviamente, non si possono trascurare le grandi differenze che vi sono fra le varie municipalità, ma piuttosto che puntare su di esse è preferibile partire dal contratto per poi cercare di polarizzarle.

Garofalo, nel corso della riunione ha più volte sottolineato l’importanza di un dialogo costante con la base e con i Comuni, perché in tal modo sarà possibile far emergere le realtà più avanzate, come ad esempio quella di Torino, e quindi tentare di far adottare le stesse regole da parte delle altre amministrazioni. Di conseguenza, occorre sviluppare una sinergia coi territori chiamando in causa anche i segretario provinciali, evitando però che ci siano sovrapposizioni.

L’obiettivo, come ha ribadito Garofalo, di individuare i punti salienti della riforma che vorremmo mettere in atto è strettamente connesso a quello di ipotizzare uno schema di contratto tipo decentrato. In questo, però, dobbiamo tener presente l’anomalia per cui il contratto nazionale è ancora legato alla pianta organica, mentre la riforma dei comparti, introducendo le Funzioni Locali, ha dato vita ad un regime assolutamente incompatibile col contratto stesso. Tant’è vero che decadendo la pianta organica si vengono a creare degli esuberi che possono provocare la messa in mobilità dei dipendenti.

Tale contratto, inoltre, non ha mai normato alcuni aspetti molto rilevanti, dando così modo a ciascun ente di decidere liberamente le regole da applicare, che naturalmente non sono mai orientate al rispetto delle singole professionalità.

Prova ne sia quanto reso noto da Antonio Callea riguardo la realtà di Palermo: gli assistenti sociali, a fronte dell’obbligo di formazione continua, non vengono risarciti dalle amministrazioni della quota di iscrizione all’albo. Non solo, gli assistenti sociali hanno persino difficoltà a farsi autorizzare la partecipazione agli eventi formativi.

In definitiva, emerge una forte frattura fra ambito statale e locale, dove è sin troppo palese l’intento di penalizzare quest’ultimo. L’idea di smantellarlo è partita dal Ministro Brunetta, che ha cercato in tutti i modi di dimostrare che quello del pubblico impiego è un carrozzone pieno di figure inutili e di lavativi. Si è poi cominciato a parlare della privatizzazione di tutto il comparto; un attacco che al tempo venne tamponato, ma che poi è stato rilanciato con prepotenza proprio attraverso la riforma costituzionale. Se fosse passato il SI, saremmo diventati ben presto il bersaglio di licenziamenti di massa!

Oramai, il CSA è rimasto solo a rappresentare il personale degli enti locali e ora che lo spauracchio della riforma è passato, dobbiamo favorire la rinascita del comparto ed altresì rigenerare la macchina comunale che è  quella più vicina ai cittadini e che funziona meglio.

Con tutto ciò premesso, l’aspetto chiave sta nella capacità di portare all’esterno le nostre idee facendo opera di convincimento. Per creare affezione fra i lavoratori bisogna portare argomenti innovativi – come quelli sin qui esposti – e lavorare con costanza sui territori, recependo quelle che sono le principali cause del loro malessere. In ultima analisi, la piattaforma non dobbiamo inventarla noi ma confrontarla coi lavoratori.

E una volta che questa piattaforma sarà stata creata, dovremo rivendicarne la paternità in tutte le sedi. La scommessa è aperta e non lascia alternative: o andiamo fino in fondo oppure alziamo le mani e accontentiamoci delle briciole che ci daranno.

Ciò che ci distingue è che noi siamo un vero e proprio movimento sindacale, mentre le altre solo organizzazioni. Consapevoli di questo, non possiamo mettere il nostro futuro nelle loro mani e, interfacciandosi coi Dipartimenti, la gente ci seguirà.

Il nuovo contratto non serve tanto a noi quanto alle future generazioni. Perciò, nel salvaguardare l’esistente, dobbiamo puntare al ricambio generazionale.

 

 

 




Verbale della riunione del Dipartimento Regioni/Province del 13 dicembre

Nel suo intervento introduttivo ai lavori, Francesco Garofalo ha evidenziato innanzitutto che il Dipartimento Enti Regioni/Province è sicuramente uno dei più importanti fra quelli costituiti nell’ambito del CSA, anche alla luce delle criticità che gli enti locali stanno vivendo in questa fase. Noi siamo stati i primi a crearlo, in funzione di ciò che doveva avvenire, e questo ci permetterà realmente di diventare “la storia”.

Del resto, alla luce del voto referendario, oggi la difesa degli enti locali e dei relativi lavoratori è diventata una priorità assoluta, da affrontare con la massima urgenza. Purtroppo siamo in mano a politici che continuano ad aggirare l’ostacolo del voto popolare, ma anche sul fronte di quelli che si sono imbarcati con noi nella battaglia per il NO si nota una certa inefficienza e una mancanza di idee chiare. Quindi, siamo ormai arrivati al punto di dover decidere il nostro futuro con le nostre mani.

Durante la campagna referendaria abbiamo evidenziato il vero problema, che è quello di dare sostegno alla parte debole del paese, ed in particolare ai lavoratori che si trovano maggiormente in difficoltà, vale a dire quelli degli Enti Locali (Province, Regioni e Comuni). E questa è la grande sfida che andremo ad affrontare, passando attraverso il Consiglio Nazionale.

In coerenza con l’obiettivo più volte annunciato di rimettere al centro la “vera” Costituzione, in tutti i suoi aspetti, è stato dato mandato al prof.Nicola Coco, responsabile dell’Ufficio Legislativo, di redigere un documento contenente alcune ipotesi di intervento, concrete e percorribili, che è stato esaminato in loco.

Tale documento – come ha spiegato lo stesso prof. Coco nel corso della riunione – traccia la possibilità di ricorrere alla Corte Costituzionale per far dichiarare l’incostituzionalità della Legge 7 aprile 2014, n.56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), altrimenti nota come Legge Del Rio, che è affetta da gravi vizi di violazione di principi e regole fondamentali per l’ordinamento italiano, sollevando il conflitto di attribuzioni fra Province e Stato.

Vincere questa battaglia significherebbe anche, e soprattutto, puntare al reintegro dei circa 20mila lavoratori degli Enti Province esodati, che oggi si vedono negare le proprie funzioni e vengono tenuti in “parcheggio”, con contestuale richiesta di risarcimento dei danni subiti dal 2014 ad oggi.

Il Dipartimento si attiverà per vagliare l’attendibilità del progetto attraverso una raccolta di firme fra i lavoratori, che permetterà anche di verificare ciò che essi vogliono realmente e di coinvolgerli come protagonisti attivi della grande sfida che stiamo lanciando alla politica. Una sfida che ha come obiettivo ultimo quello di demolire tutta l’architettura di un sistema che, in questi anni, ha messo nel mirino il lavoro pubblico e privato e che ha sminuito il ruolo degli enti locali anche attraverso la creazione delle Funzioni Locali. Altro cavallo di battaglia è la salvaguardia delle 31 funzioni delle regioni.

Secondo Francesco Garofalo, infatti, proiettare all’esterno l’analisi fatta dal prof.Coco metterà in allarme il governo e troverà spiazzate Cgil Cisl Uil. E questo ci permetterà di acquistare enorme visibilità a tutti i livelli.

Ecco perché bisogna uscire prima degli altri con la nostra proposta, che avrà un effetto così dirompente da sollevare l’interesse della gran massa dei lavoratori, a tutti i livelli. E se ciò si realizzerà, potremmo costituire un vero e proprio Movimento nazionale delle autonomie locali.

Per questo, è importante dotarsi di una organizzazione solida, capillare e convinta di dare una svolta.

Tutti i presenti hanno manifestato grande entusiasmo per l’iniziativa avanzata dal Segretario Generale, approvando all’unanimità il documento predisposto dal prof.Coco.

Su proposta di Santi Paladino, il documento in oggetto sarà integrato con la proposta di abrogazione del comma 418 della legge 190/14, per il quale “Le  province e le  città  metropolitane concorrono al contenimento della spesa  pubblica  attraverso  una  riduzione  della spesa corrente di 1.000 milioni di euro per l’anno 2015, di 2.000 milioni di euro per  l’anno 2016 e di 3.000 milioni di  euro  a decorrere dall’anno 2017. In considerazione delle riduzioni di  spesa di  cui  al  periodo  precedente,  ciascuna provincia e città metropolitana versa ad apposito capitolo di entrata del  bilancio dello Stato un ammontare di risorse  pari  ai  predetti  risparmi  di spesa. Sono escluse dal versamento  di  cui  al  periodo  precedente, fermo restando l’ammontare complessivo  del  contributo  dei  periodi precedenti, le province che risultano in dissesto alla  data  del  15 ottobre 2014. (…)”

Per quanto riguarda l’organizzazione del Dipartimento, a fronte delle varie possibilità prospettate dal Segretario Generale, i presenti, riconoscendogli la massima fiducia circa la migliore soluzione da adottare, gli hanno dato mandato di individuare i nominativi e gli incarichi che ritenga più opportuni.

Il ruolo di Coordinatore del Dipartimento viene quindi assegnato ad Angelo Rossi, che rappresenta un Ente Regione, la Lombardia, che ha una rilevanza significativa nel nostro Sindacato. Inoltre, è stato deciso che ogni Ente Regione e Provincia dovranno fornire un nominativo per comporre una squadra forte, trasparente capace di fare rete e di farsi conoscere, innanzitutto attraverso un costante flusso informativo.

Il Dipartimento – che oltre ai presenti comprende anche i nominativi che hanno dato la propria adesione ma non hanno potuto prendere parte all’incontro odierno – è incaricato di predisporre il documento definitivo da presentare in Consiglio Nazionale, che dovrà essere pronto entro i primi di gennaio, per avviare immediatamente la consultazione fra i lavoratori. A tal fine, sarà predisposta anche la scheda per la raccolta delle firme, che dovrà essere svolta capillarmente in tutte le sedi.

Per dare ulteriore sostegno alla campagna, il Segretario Generale ha reso noto di aver già preso contatto con una autorevole figura del mondo giornalistico per impiantare una strategia che ci permetta di acquisire le necessarie entrature a livello mediatico.

In definitiva, Francesco Garofalo ha ribadito che nella riunione odierna è nato, con il contributo di tutti i presenti, un qualcosa di veramente importante, che va oltre il Dipartimento stesso: il CSA sta proponendo una reale alternativa ai lavoratori, che certamente permetterà di avvicinarli. La storia siamo noi, nessuno escluso!

 

Il Segretario Generale

Francesco Garofalo

 

DOCUMENTAZIONE ALLEGATA

Relazione Ufficio Legislativo

Scheda raccolta firme




Riunito a Roma il Dipartimento Scuola

Il 6 dicembre si è riunito a Roma – presso la sede della Segreteria Generale in Via Goito – il Dipartimento Scuola, per proporre ed esaminare le linee sulle quali impostare un programma volto al sostegno delle istanze contrattuali ormai da tempo avanzate dal personale docente, dipendente dalle amministrazioni comunali.

Cliccare qui per visualizzare il verbale




Il Dipartimento Camere di Commercio in audizione

In questi giorni, i Capi Dipartimento Camere di Commercio CSA RAL, Alessandro Tassi e Lucia Grasso, sono intervenuti in audizione presso le Commissioni X (Attività Produttive) di Camera e Senato, per l’esame dello “Schema di decreto legislativo di riordino delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura”.

In entrambe le sedi, i nostri dirigenti hanno esposto i vari punti di criticità del decreto in oggetto, a partire dalle questioni che riguardano la salvaguardia dei livelli occupazionali dei lavoratori del Sistema camerale, il taglio delle funzioni e delle risorse e il dimezzamento delle Camere di Commercio.

In chiusura, Tassi e Grasso hanno esposto alle Commissioni alcune proposte emendative al decreto stesso.

Nei prossimi giorni pubblicheremo degli approfondimenti a cura dei Capi Dipartimento. Nel frattempo, è possibile prendere visione del testo dell’audizione in Senato e della registrazione video della seduta svoltasi alla Camera nella giornata di ieri.




Camere di Commercio: proclamazione dello stato di agitazione del personale

In data odierna, il CSA RAL – Segreteria Nazionale ha proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale del Sistema Camerale in reazione al decreto di riforma delle Camere di Commercio approvato, in esame preliminare, il 25 agosto 2016 dal Consiglio dei Ministri, che non offre  alcuna reale garanziariguardo i livelli occupazionali e la razionalizzazione delle dotazioni organiche, e che nella riorganizzazione del Sistema camerale cela tagli lineari ai finanziamenti, alle funzioni e servizi alle imprese, al personale, alle sedi periferiche senza che siano stati attivati tavoli di diretto confronto con i rappresentanti della OO.SS. nazionali maggiormente rappresentative e di fronte al rischio di pesanti ricadute occupazionali.

In particolare, il decreto in oggetto prevede quanto segue:

– riduzione del numero delle Camere dalle attuali 105 a non più di 60, ferme restando la presenza di almeno 1 CdC per Regione e l’accorpamento delle Camere con meno di 75.000 imprese iscritte;

– conferma del taglio del 50% del diritto annuale dal 2017;

– riduzione del numero dei consiglieri: 16 nelle Camere fino a 80.000 imprese e 22 in quelle maggiori;

– limite di due mandati e gratuità degli incarichi negli organi, nonché limiti al trattamento economico di amministratori e dirigenti;

– accorpamento delle Aziende speciali che svolgono compiti simili e razionalizzazione delle partecipazioni.