Comunicato del Segretario Generale sul rinnovo del CCNL Servizi Ambientali

Dopo una estenuante trattativa che ci ha visto impegnati nei mesi scorsi con numerosi scioperi, questa notte si è giunti alla firma definitiva dell’accordo nazionale di rinnovo del CCNL FiseAssoambiente e società esercenti servizi ambientali.

L’accordo, che ha decorrenza dal 1 luglio 2016 al 30 giugno 2019, soddisfa le richieste dei lavoratori e delle lavoratrici dell’Igiene Ambientale pubblico e privato, introducendo la clausola sociale che supera le inique disposizioni del  Jobs Act, per le quali i lavoratori erano a rischio di licenziamento individuale nei casi di cambio di appalto, migliorando così notevolmente l’aspetto economico.

Infatti, siamo riusciti ad ottenere un aumento di 120 euro complessivi, a cui si aggiunge l’ una tantum per la vacanza contrattuale di circa 400 euro, che supera nettamente le cifre recentemente riconosciute ai metalmeccanici ed ai dipendenti pubblici.

Inoltre, il nuovo contratto prevede tutta una serie di tutele, quali la previdenza complementare generalizzata, l’assistenza sanitaria integrativa, il fondo di solidarietà per incentivare i prepensionamenti dei lavoratori dichiarati inidonei.

Il raggiungimento di questo importantissimo traguardo favorirà non solo il rilancio del comparto, ma soprattutto il miglioramento dei servizi di Igiene Ambientale, che toccano da vicino la vita quotidiana dei cittadini.

Ora, con l’avvenuta bocciatura della riforma costituzionale, auspichiamo che lo spettro del Jobs Act venga eliminato definitivamente, a vantaggio di tutto il mondo dell’impiego pubblico e privato. E la nostra Federazione, tramite il proprio Ufficio Legislativo, sta già provvedendo – come comunicato in data odierna – a perseguire tale obiettivo.

Roma, 07/12/2016

 

Il Segretario Generale

Francesco Garofalo




Ed ora avanti coi diritti di libertà e dignità dei lavoratori!

Confortato dallo schiacciante successo ottenuto dal NO nel referendum sulla riforma costituzionale di domenica scorsa, vorrei rivolgere a tutti i lavoratori e alle lavoratrici che si sono recati alle urne il mio più vivo ringraziamento per aver condiviso e sostenuto la nostra campagna.

Il primo passo è stato compiuto! Abbiamo salvato la Costituzione e, soprattutto, abbiamo salvato i nostri  comparti da tutte le nefaste conseguenze che si prefiguravano all’attenta lettura del decreto Renzi/Boschi; da ultimo, i licenziamenti in massa.

Con orgoglio, ribadisco che siamo stati noi i primi – come si può evincere dal verbale dell’Assemblea di Chianciano svoltasi il 18/20 febbraio scorsi – a porre l’indice, sul solco della migliore tradizione del vero sindacalismo, sulle gravissime conseguenze che tale riforma, e segnatamente la modifica del Titolo V, avrebbe avuto nei confronti dei lavoratori rappresentati da CSA e FIADEL. Dapprima abbiamo dato mandato al prof. Coco, responsabile dell’Ufficio Legislativo, il compito di scrivere un libro che ha messo a nudo i reali obiettivi di accentramento e assolutismo perseguiti dal premier, e poi con il Convegno di Napoli dl 7 novembre, nel quale abbiamo ribadito con coraggio e senza veli questi concetti.

E questo mi induce ad affermare che CSA e FIADEL costituiscono, nel loro insieme, l’unica realtà sindacale disposta ad opporsi alle logiche di regime e mai incline a scendere a compromessi.

Nessuno potrà dimenticarsi del lavoro che abbiamo svolto in questi mesi, non per opporci al Governo Renzi ma per garantire un futuro ai nostri lavoratori e lavoratrici, alle loro famiglie e alle nuove generazioni; cosa che sarebbe stata messa seriamente in pericolo qualora si fosse affermato il SI.

Non è però nostra intenzione cullarci sugli allori dei vincitori – come stanno facendo i partiti schieratisi per il NO – perché sul tappeto restano aperte numerose questioni, molto delicate, sulle quali continueremo a dare battaglia, in quanto la nostra posizione è stata chiara fin da prima che si concludesse l’iter legislativo del decreto Renzi/Boschi e siamo stati gli unici a porre nelle proprie rivendicazioni i riferimenti al lavoro e ai lavoratori.

Ora, dovremo innanzitutto affrontare la questione contrattuale delle Funzioni Locali, per la quale chiediamo l’immediata apertura di un tavolo presso l’ARAN, affinchè si arrivi, nel più breve tempo possibile alla equiparazione dei dipendenti delle Funzioni Locali coi dipendenti pubblici.

In definitiva, la vittoria del NO, che è anche la nostra vittoria, ci renderà ancora più convinti e tenaci nel fare  muro contro chiunque voglia abolire la democrazia e attaccare il mondo del lavoro in questo Paese.

Dal fronte dei partiti, delle associazioni e dei comitati che hanno votato NO mi aspetto coerenza. Difendere i valori della Vera Costituzione significa anche ripristinare i diritti dei lavoratori e pertanto ci batteremo perché vengano abrogate le leggi che in questi anni li hanno pesantemente mortificati, ed in particolare la Fornero, i Jobs Act 1 e 2 e la Legge Madia.

Inoltre, abbiamo incaricato l’Ufficio Legislativo di valutare le modalità di opposizione a quanto è già stato realizzato riguardo lo smantellamento delle Province, delle Camere di Commercio e di tutto quanto entra in palese contrasto con la Costituzione dopo la solenne bocciatura della riforma da parte nostra e del popolo.

Ora, si è aperto uno scenario nel quale la nostra Organizzazione dovrà essere al centro, per affrontare il ripristino di quanto appena accennato, e la nostra battaglia continuerà nel percorso intrapreso di difendere il lavoro pubblico e privato.

Non lesineremo le nostre forze affinchè tutti i danni prodotti in questi anni da leggi scellerate vengano cancellati, e per ricondurre l’azione della politica sui binari della giusta correttezza e dell’applicazione delle norme della Costituzione, che esce intatta dai tentativi di demolizione che ha subito e oggi risulta più forte di prima.

Ai lavoratori e alle lavoratrici, invio l’esortazione ad esserci sempre più vicini, a darci fiducia e ad appoggiare le nostre campagne, il cui obiettivo è soltanto uno: dare loro certezze, tranquillità e dignità.

Infine, rivolgo anche alle forze sociali di questo Paese l’invito ad unirsi alle nostre iniziative, per intraprendere un percorso comune.

 

Francesco Garofalo

 

Francesco Garofalo




La Corte Costituzionale pone un freno alla protervia della Legge Madia

Vista superficialmente, la questione affrontata dalla sentenza della Consulta n.251/2016, emessa il 9 novembre u.s., può sembrare un argomento poco influente sui problemi assai più importanti e gravi che incombono sul Paese e sull’esito referendario del 4 dicembre.

E invece, mai come in questo caso si avvalora il vecchio detto che “nel dettaglio si ritrova il dito di Dio”, giacchè in realtà questa pronuncia contiene dei principi i cui effetti coinvolgono, direttamente ed indirettamente, il fulcro stesso del disegno che mira a trasformare l’ordinamento legislativo italiano in un regime sin troppo simile a quelli fascisti del tempo andato.

In breve: la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art.11 della Legge Delega n.124/15 (Legge Madia) giustamente, anche se deprecabilmente, considerata la “madre” (con cotanta “madrina”) di tutto l’armamentario renziano, propedeutico e preparatore del “gran balzo finale” della riforma della Carta del ’48.

Motivo della censura: la legge delega prevede solo la richiesta di un parere, da parte del Governo alle Regioni – in materie che spaziano dalla nomina dei dirigenti sanitari all’affidamento gestionale dei servizi pubblici locali – anziché l’avvio di una concertazione, al fine di raggiungere un accordo tra potere centrale e poteri locali, con reciproca parità di ruoli, funzioni e capacità decisionali.

La sentenza, in concreto, va a picconare una delle più becere e pervasive “innovazioni” dell’intera politica renziana, ossia ridurre a semplici pareri ciò che, viceversa, deve risultare da una composizione negoziata di diverse posizioni e diversi interessi.

Ed è ovvio che il “parere” – vedasi l’esempio del “nuovo” Senato dei nominati, dove il 90% delle funzioni è ridotta a tale “attività” – equivale a carta straccia, mentre l’intesa o accordo che dir si voglia ha un valore determinante per l’esercizio dei pubblici poteri e per la stessa forma dello Stato democratico.

Altamente significativa, ai fini di comprendere e prevedere lo scenario del dopo-riforma costituzionale, si mostra la reazione del premier: “cavilli legulei, impicci burocratici, sottigliezze irrilevanti”, ecc. sono state le sue migliori espressioni sull’operato di una Corte Costituzionale verso la quale il capo di governo di un Paese cosiddetto libero dovrebbe portare un po’ più di rispetto!

Come se non bastasse, Renzi ha assunto altresì l’atteggiamento del “grande castigatore”, imponendo nella riforma costituzionale la clausola di supremazia dello Stato sulle Regioni (e su tutto il resto!), che spazzerà via bagatelle di questo tipo, come se si trattasse di immondizie giuridiche e cascami post-democratici.

E’ ovvio che il premier sia particolarmente irritato dal fatto che la pronuncia della Consulta possa compromettere il suo “regno incantato”, specificamente rappresentato da alcuni Decreti attuativi. Primo fra tutti quello industriale, che gli regala superpoteri nella scelta delle grandi opere, o ancor di più dei grandi insediamenti, destinati, notoriamente, alle impazienti multinazionali (specie cinesi).

Non solo: la legge 124/15, che ha partorito ben 17 decreti e decretini in moltissime altre materie – dalla mutilazione delle Camere di Commercio agli enti di ricerca – rischia una lunga paralisi e, ancor peggio, porta allo scoperto gli abusi dell’istituto stesso della legge delega, perpetrati dal governo negli ultimi tempi.

Infatti, più volte Renzi si è vantato di non ricorrere al decreto legge per attuare le sue politiche di riforma. In realtà, ha fatto e fa di peggio, utilizzando proprio il sistema dei decreti delegati, che consente di far approvare un’unica legge – a colpi di voto di fiducia – la quale funge da fonte per innumerevoli mini-leggi ( i decreti delegati, per l’appunto) che passeranno automaticamente senza il benchè minimo rischio di opposizioni ed eventuali blocchi.

Ben diverso, invece, è il percorso dei decreti legge che rischiano di decadere in tempi brevissimi (60 giorni) e sono vulnerabili dall’ostruzionismo delle opposizioni, oltre a essere vincolati dai requisiti della necessità e dell’urgenza.

In definitiva, comunque, quale che possa essere l’esito referendario, difficilmente la trovata renziana delle deleghe “a comando” avrà vita facile dopo il 4 dicembre.

 




Referendum, il SI ci spingerebbe in fondo al baratro

A qualcosa, almeno, sono servite le ultime fasi della campagna referendaria giacchè, tra isterismi, insulti e provocazioni, hanno messo in luce i veri obiettivi della riforma costituzionale di Renzi e soci.

Intanto, capovolgendo l’ordine abituale di ogni discorso sociologico, ossia partendo dagli aspetti di contorno, nonché di metodo, deve osservarsi la compresenza delle tre costanti che caratterizzano tutte le campagne volte al raggiungimento del plebiscito: la paura, la minaccia e l’obolo.

Paura – Se non passa la riforma, dicono i sostenitori, sarà il caos, il salto nel buio, il crollo delle banche, l’impoverimento dell’intera popolazione, magari anche i Cavalieri dell’Apocalisse (guerra, fame, peste e morte), senza dimenticare le celeberrime Piaghe d’Egitto!

Minacce – Se vince il No, aggiungono quei sostenitori, Renzi e il governo vanno a casa; quindi vuoto di potere, anarchia, sommosse e, perché no, pure nubifragi. E subito dopo il ritorno dei Tecnici – evocati come un babau da un Renzi non eletto – lo spread che vola e (udite udite) aumento della disoccupazione.

Obolo – 80 euro di qua, buoni-libri di là, gratifiche natalizie e mancette una tantum, cioè l’eterno contentino post-assistenzialista e pre-elettorale del buon tempo andato, figlio del secolare principio “del bastone e della carota”.

Ora, è appena il caso di osservare come questi tre ingredienti siano schiettamente di tipo populista, anzi, siano essi stessi il populismo della più storica e comune specie, la qualcosa è un po’ inquietante, e molto ridicola, per chi nel contempo è impegnato nella crociata contro i nuovi eretici: Salvini, Meloni, Grillo, Le Pen, Farage (quello della Brexit), l’austriaco Hofer, l’ungherese Orban e più di tutti Donald Trump!

A dirla tutta, però, è la stessa trasformazione della consultazione referendaria in plebiscito a suscitare a monte le prime e più acute perplessità sulla genuinità democratica di questa operazione che, assemblando requisiti reciprocamente eterogenei con la tecnica del “pacchetto”, finisce per tradursi nella scelta binaria tra SI e NO, più confacente al sondaggio su un detersivo che a cotanta ristrutturazione della Legge Fondamentale di un Paese.

Ma il fatto ancor più deprecabile è il modo con cui l’unico quesito del referendum è stato posto, che in maniera sin troppo sfacciata vorrebbe orientare i votanti verso il SI, come se si trattasse di uno slogan da campagna referendaria, e non del vero e proprio quesito del referendum!

«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?».

Una gigantesca riforma, che viene banalizzata in poche righe, o forse è meglio dire trasfigurata, ponendo in evidenza quegli aspetti che più toccano le corde dei ceti medio-bassi, non in senso economico ma soprattutto culturale.

Quanti, pur sapendo poco e nulla di politica, contestano il bicameralismo perfetto, perché causa di pesantezza e di lungaggini negli iter parlamentari delle leggi? Quanti, fra quei soggetti, non auspicherebbero la riduzione dei parlamentari, anche per quel che guadagnano? Ma ancor di più, quanti non vorrebbero la riduzione dei costi della politica, e l’abbattimento di un vecchio (e inutile?) carrozzone quale è il CNEL? Tutto facile, tutto scontato. Ma poi, senza dilungarci nelle varie “dimenticanze”, quando si deve dar traccia dello stravolgimento del rapporto fra Stato e Regioni, si fa cenno soltanto al Titolo V, che sarebbe già tanto se la maggioranza degli aventi diritto al voto sapesse riconoscerlo in “Titolo Quinto” e non come “Titolo (lettera) V”.

Eccola, allora, l’essenza della ricerca del plebiscito: qui siamo sui livelli del plebiscito sull’operato del governo, cioè sull’ormai consolidata dittatura, voluto da Mussolini nel ’29!

In verità, tutte le riforme di Renzi trasudano di istituti presi pari pari dalle leggi fasciste: il premio di maggioranza “sicura”, il voto a data certa dei Ddl presentati dal governo, il Senato trasformato in Camera dei Fasci e delle Corporazioni, l’eliminazione dei corpi intermedi (province) o la loro neutralizzazione (regioni); la centralizzazione di ogni potere decisionale nella persona del Capo del Governo; la sostituzione della Rappresentanza con la Nomina e la Cooptazione; l’attacco ai sindacati come tali; le leggi antisciopero; la Scuola asservita ai presidi, e via dicendo.

Questa sarebbe la “moderinazzione” o la “innovazione”? Ma di cosa stiamo parlando? Forse di semplificazione, nella forma più becera, giacchè è ovvio che eliminando ogni organo o istituzione potenzialmente “disturbante” si semplifica tutto!

Ma perché questa riesumazione dei principi cardine dello stato fascista? Da una parte vi è certamente l’obiettivo di contenere le crepe e le fratture che si stanno aprendo nella compagine e nel tessuto sociali, a causa del cedimento della vecchia struttura statale e costituzionale, accelerato dal dilagare della disoccupazione, dei fenomeni migratori e dalla dissoluzione del modello imprenditoriale classico, che hanno portato i poteri forti alla riduzione se non alla cancellazione dei diritti individuali e collettivi, attraverso la demolizione del pluralismo degli organismi che lo rappresentano.

In un simile contesto, il ruolo del debito pubblico e del suo vertiginoso aumento diviene fondamentale, perché legittima tagli micidiali allo stato sociale, ai salari e al costo del lavoro, e al tempo stesso funge da alibi alla cessione dei suoli, dei beni comuni e delle risorse naturali alla grande finanza internazionale.

Non a caso, il buon Renzi, abitualmente tanto ciarliero, non parla mai dell’abrogazione dell’art.81 della Costituzione (obbligo del pareggio di bilancio) che strangola il Paese, salvo accennare, molto fugacemente, a futuribili ed ipotetiche modifiche dei trattati europei, che mai verranno, naturalmente.

A questo punto, è doveroso dire che l’Italia si trova attualmente sull’orlo del baratro, che non è un avventuroso salto nel buio, ma un punto di non ritorno verso una dittatura “commissaria”, persino peggiore dei regimi totalitari, stalinismo compreso, nei quali la compressione della libertà corrispondeva al benessere delle masse e, in certi casi, alla creazione della società egualitaria.

Con la riforma di Renzi si verificheranno, innanzitutto, sicure catastrofi dell’occupazione (gestita interamente dallo Stato, cioè dei gerarchi del Jobs Act 1 e 2, a cominciare dal licenziamento di 400mila dipendenti delle Regioni e annessi indotti, delle partecipate, dei dipendenti dei servizi pubblici e Camere di commercio, dalla mezzanotte del giorno 5 dicembre.

Infatti, ridotte le funzioni, diminuiscono le dotazioni organiche e trionfano i licenziamenti economici, cioè di massa!

Le trivellazioni cominceranno anch’esse da quell’ora e quella data e, grazie a contratti già firmati dal governo, saranno libere per l’intera costa della Penisola, devastando fauna, flora e fondali, e non mancheranno anche un po’ di nuove centrali nucleari, visto che nessuno potrà più opporvi veto.

Il costo del lavoro crollerà ulteriormente, facendo apparire i voucher come una ricchezza, dato che il contratto tradizionale non esisterà più, sostituito dalle tutele (de-)crescenti, dal lavoro a chiamata ed in leasing come se il lavoratore fosse un’auto.

Evitiamo, dunque, una sorte che, con tutti i suoi difetti, le debolezze, la passività e, persino, il disimpegno che gli si possono imputare, il popolo italiano non merita. No Pasaràn. Il No Pasarà.

Avv. Nicola Coco




Ancora una volta sono deragliate le aspettative dei lavoratori delle Funzioni Locali

L’attenta analisi del documento relativo l’accordo raggiunto e sottoscritto fra Governo e CGIL-CISL-UIL nella giornata di ieri, 30 novembre 2016, è fonte di notevoli perplessità e di altrettanta preoccupazione circa il futuro dei lavoratori e lavoratrici degli Enti Locali.

In primo luogo si osserva che l’Esecutivo, spalleggiato e confortato dalla Triplice, ha ancora una volta ignorato gli Enti Locali stipulando, di fatto, un accordo che concerne soltanto i dipendenti statali.

A prescindere dal fatto che le risorse stanziate (85 euro mensili medi) sono tutt’altro che eque, che non saranno distribuite nell’immediato e non verranno assegnate in maniera equa a tutti i lavoratori, ciò che rileva, per quanto di nostro precipuo interesse, è la mancanza di una espressa previsione dell’estensione di detti benefici al personale delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli Enti del comparto, stante il fatto che la eventuale ricaduta degli stanziamenti  stabiliti per i pubblici dipendenti su quelli degli Enti Locali sarà del tutto risibile.

Vero è che nella Parte Economica del documento in oggetto, al punto b) “il Governo si impegna a garantire che vi siano specifici stanziamenti di risorse corrispondenti a quelli definiti per quanto di competenza in accordo con gli altri soggetti datoriali pubblici”, ma, come ha ben evidenziato la CISAL nel comunicato stampa diramato in data odierna, il c.d. Sistema delle Autonomie sarà pienamente coinvolto solo con passaggi successivi, ovvero, ben che vada, non prima del 2018 inoltrato, considerando che il suddetto accordo potrà essere onorato solo con la prossima Legge di Bilancio, da emanarsi entro la fine del 2017.

Alla luce di tale previsione, è forte la sensazione che il Governo, sempre supinamente appoggiato dalla Triplice, abbia subdolamente disposto un rinvio “sine die” dell’applicazione di misure analoghe a quelle stabilite per gli statali ai lavoratori degli Enti Locali.

Questo, perché, in un ipotetico tavolo di trattativa con l’ANCI e le altre organizzazioni preposte, il primo aspetto svincolante che verrebbe fuori è che le autonomie locali, alle prese come sono già da diversi anni con i tagli delle risorse ad essi destinate dallo Stato, non saranno assolutamente in condizione di soddisfare la nostra legittima richiesta.

Ci troviamo così di fronte ad una situazione assurda ed inaccettabile! E se da parte del Governo potevamo anche aspettarcela, una mossa così sprezzante nei nostri confronti, l’atteggiamento assunto dai sindacati sopra citati ci lascia esterrefatti. Come è possibile continuare a credergli, se il loro ruolo è diventato soltanto quello di dire “sissignore”?

Quindi, in definitiva, all’amarezza di dover constatare che siamo rimasti soli a difendere i diritti degli lavoratori degli Enti Locali, si unisce lo sconcerto di vedere questi ultimi relegati al ruolo di “agnelli sacrificali”.

Perché un Buon Governo e dei Buoni Sindacati avrebbero dovuto inserire nell’Accordo un preciso riferimento che quegli 85 euro devono essere assegnati anche ai dipendenti delle Regioni, delle Province e dei Comuni. Senza alcuna condizione!!

Avevamo visto giusto, quando scrivevamo – il 22 aprile u.s., nella missiva inviata ad Aran, Anci, Upi, Conferenza Regioni e al Presidente del Comitato di Settore – che le amministrazioni si trinceravano dietro la giustificazione di non poter rinnovare i contratti perché il Governo non stanzia somme sufficienti, tenendo così legato al grande carrozzone del pubblico impiego anche il comparto Funzioni Laocali, che invece trae le sue risorse da altre fonti.

Paure che, oggi, purtroppo, si dimostrano del tutto fondate: le sorti dei nostri lavoratori sono legati alle esigue risorse che gli Enti Locali potranno mettere a disposizione.

In definitiva, la questione contrattuale delle Funzioni Locali rimane aperta, e sarà oggetto di scontro sui tavoli istituiti dall’ARAN se domani non vedremo – come dichiarato nel documento – che ai dipendenti delle amministrazioni locali sarà riconosciuto un aumento contrattuale, opportunamente finanziato, della stessa portata di quello ormai garantito ai dipendenti pubblici. E, se del caso, la protesta proseguirà ad oltranza, su tutto il territorio nazionale, attraverso le nostre strutture territoriali.

Infine, voglio esortare tutti i lavoratori e lavoratrici delle Funzioni Locali a fare una attenta riflessione su quanto sin qui esposto, per valutare se sia ancora il caso di dare fiducia a chi sta portando all’estinzione il nostro comparto, traendo per altro solo minimi benefici per gli altri, e di unirsi in una grande lotta per portare avanti i nostri sacrosanti diritti!

Francesco Garofalo




Il Segretario generale sulla questione del rinnovo dei contratti

Il rinnovo dei contratti del pubblico impiego non può essere oggetto di contrattazioni frettolose, né tantomeno essere condizionato dalla Sentenza della Corte Costituzionale, che ha parzialmente bocciato la Legge Delega Madia sulla riforma della PA.

E’ da 7 anni che attendiamo una soluzione congrua, ma soprattutto in epoche recenti abbiamo dovuto assistere a ripetuti rinvii della trattativa coi sindacati, probabilmente sempre a causa della difficoltà di trovare la necessaria copertura finanziaria.

Ora, all’improvviso – e guarda caso proprio a ridosso del voto referendario – il premier è intervenuto a gamba tesa, sconfessando le perplessità manifestate dalla Ministra Madia sulla possibilità di un rinnovo in tempi brevi, proprio a causa della Sentenza di cui sopra, prospettando soluzioni che ricalcano grossolanamente quelle adottate per il contratto dei metalmeccanici, ma che già ad una prima analisi destano non poche perplessità.

Il tanto decantato aumento di 85 euro in busta paga, che comunque non scatterà prima di dicembre 2017, è solo uno specchietto per le allodole, in quanto:

  • non recupera l’inflazione e quindi non è sufficiente a coprire le perdite subite dai lavoratori, in termini di potere d’acquisto, in questi 7 anni di attesa;
  • per molti lavoratori, tale aumento potrebbe comportare il superamento della soglia reddituale che dà diritto al bonus degli 80 euro;
  • oltretutto, la quota di 85 euro non si applica uniformemente a tutti i lavoratori, ma è da considerarsi “media”, che aiuta i redditi genericamente più bassi, invece di agevolare espressamente quelli minimi;
  • vi è poi la questione del personale della Scuola, che sembrerebbe rimanere escluso in quanto inquadrato dalle norme sulla Buona Scuola, che non rientra nella sfera della Legge Madia;
  • molto preoccupante è altresì il problema della copertura finanziaria: il reperimento delle risorse necessarie richiederà uno sforzo ben superiore agli stanziamenti previsti in Stabilità, perciò si teme che, successivamente, possano scattare dei meccanismi di recupero che vadano sempre a danno dei lavoratori.

CSA RAL non condivide assolutamente le linee sulle quali il governo si è orientato, non per offrire un reale sostegno al personale del settore pubblico, bensì per cercare di rabbonire i sindacati e tentare una disperata azione di condizionamento del voto referendario del 4 dicembre.

CSA RAL ha da tempo dato mandato alla Confederazione di portare avanti una trattativa concreta, seria e credibile, che rifugga da palliativi di qualsiasi genere e si orienti invece verso un rinnovo contrattuale che possa dare benefici reali ed incondizionati ai lavoratori e alle lavoratrici, nonché alle loro famiglie. Tanto che nell’incontro di ieri delle nostre Delegazioni abbiamo assunto una posizione chiara, che troverete nell’allegato documento ufficiale della nostra Confederazione.

Auspico che le famose, storiche Organizzazioni Confederali assumano una volta e per sempre, in modo responsabile e senza convincimenti politici, la posizione di un NO deciso alla scandalosa e pretestuosa proposta in oggetto.

Non tenendo solo conto delle vere esigenze di questo momento dei lavoratori del pubblico impiego e in special modo di quelli degli enti locali – che vedono negarsi, insieme agli altri, da ben 7 anni il Contratto Nazionale – il Governo vorrebbe assegnare loro una miseria simile, che non coprirebbe nemmeno la vacanza contrattuale!

In conclusione, ribadisco che saremo vigili e che continueremo senza sosta a confrontare la nostra posizione sui tavoli contrattuali.




Verso il voto del 4 dicembre: l’appello del Segretario Generale

Avvicinandoci al voto sulla riforma costituzionale, le incertezze sono ancora notevoli e tanti sono i dubbi su quello che potrà essere, di conseguenza, il futuro dei lavoratori e delle lavoratrici e degli enti e delle aziende di cui fanno parte.

Tutto ciò è dovuto soprattutto alle tante, discordanti, se non addirittura contraddittorie dichiarazioni fatte in questi giorni dai politici che hanno partecipato al dibattito sul Si e sul NO alla riforma.

Ma l’aspetto più stridente, e paradossale, di tutta la vicenda è che a portare avanti questa riforma è stato un governo che non è mai stato accreditato dal popolo italiano. Un governo che in questi anni nulla ha fatto per evitare che il lavoro regredisse sempre di più, per favorire quel ricambio generazionale che sarebbe indispensabile per dare una maggiore efficienza ed efficacia all’operato degli enti, che comunque, pur tra mille difficoltà, sono riusciti a garantire un’occupazione concreta.

Tutti insieme, dobbiamo ostacolare le scelte sbagliate che si vogliono imporre in questo momento, le quali, se dovessero passare, non potranno assicurare il soddisfacimento dei principi che questa organizzazione porta avanti da sempre. In primis, la salvaguardia di ogni lavoratore e la garanzia occupazionale per i giovani.

Ma la cosa che più ci preoccupa è che oggi, chi dice di voler cambiare l’Italia continua a tenerci in una situazione di stallo, bloccando una apertura contrattuale in un modo che mai si è verificato nella storia del nostro Paese.

In definitiva, le sorti dei lavoratori e delle loro famiglie sono in mano a personaggi che non sono in grado di dar loro alcuna certezza, né in questa fase storica né tantomeno in chiave futura. E questo ci induce a pensare che non vi sia alcuno spiraglio che possa indurci a cambiare idea.

Pertanto, invito tutti ad andare a votare per un NO secco alla riforma, ribadendo che la nostra non è una scelta politica, ma una condivisione di esigenze ben valutate da tutti noi.

A prescindere da quello che sarà l’esito del voto, la nostra Organizzazione continuerà a fare muro contro chiunque voglia abolire la democrazia in questo Paese, e a svolgere il proprio ruolo con un solo obiettivo primario: salvaguardare i lavoratori, le famiglie e i giovani di questo Paese.

Francesco Garofalo




Garofalo: siamo dalla parte della politica sana, che dia certezze ai lavoratori

Proponiamo alcuni passaggi dell’intervento del Segretario generale Francesco Garofalo al Convegno di Napoli del 7 novembre, che ci avvicinano al voto del 4 dicembre con grandi motivazioni e con la volontà di contribuire a dare una reale svolta al nostro Paese. Votare NO per rivendicare la nostra dignità, per far sì che la nostra voce non sia soffocata, per esaltare i grandi valori della Costituzione vigente, per non essere più cinghia di trasmissione della politica. NO al “partito unico della nazione”! NO al sindacato unico!

VIDEO 1° PARTE       http://bit.ly/2fEvzfh

VIDEO 2° PARTE      http://bit.ly/2fodtNC

VIDEO 3° PARTE      http://bit.ly/2gAr9dF

VIDEO 4° PARTE      http://bit.ly/2fEtEHW

 

Voglio ringraziare tutte quelle Delegazioni che hanno voluto presentare i propri uomini in questa sede perdare forza a quelle che sono le nostre idee, quelle di un sindacato libero che si sente vicino alla politica sana. Ed è per questo che mi pregio di stare vicino al Sindaco De Magistris. Voglio ascoltare dalla sua voce quello che sarà la strada che in futuro intende percorrere insieme ai lavoratori e insieme a noi. Non vogliamo più essere cinghia di trasmissione, ma applicare la Costituzione, quella che nessuno in questo paese ha mai applicato. C’è un passaggio preciso della Costituzione che dice: i lavoratori vivono la vita dell’azienda e ne prendono i ricavati; nessuno mai ha applicato questo!

Noi siamo costretti a muoverci in uno scenario politico che è proprio smarrito, non ha la cognizione di dove sta andando. E si stanno presentando problemi di una gravità unica.

Non è possibile che per avere un contratto nazionale, qualcuno stia pensando di fare il partito della nazione, di fare un unico partito con un unico sindacato. Su questo non ci stiamo. Siamo un sindacato fortemente in crescita, che rappresenta tutta l’Italia. E per questo non possiamo permettere che il silenzio degli altri sia la nostra distruzione. Non accetterempo piiù silenzi da chi ci deve difendere. Siamo qua per difendere solo questo: i lavoratori e i giovani, affinchè in futuro abbiano possibilità di collocamento.

Lo voglio dire nella mia città, che ho lasciato 15 anni fa. L’ho lasciata che c’era un sindacato forte, vicino ai lavoratori. Ora mi trovo a constatare che il sindacato non c’è più a Napoli, perchè era orientato fare altre cose. Il nostro sindacato non ha alcun legame politico, ma è dalla parte di quella politica che di mostra di essere realmente dalla parte dei lavoratori.

Mi rivolgono al Sindaco, che  dovrà essere il faro di tutta la Regione; le ideologie vanno messe da parte da chi vuole negare quello che è un pezzo importante del nostro paese, che ha bisogno di una politica diversa. Un politica che dia certezze ai lavoratori e che metta a disposizione i propri valori autentici, senza condizionamenti.

Noi abbiamo messo in campo noi stessi, la nostra storia politica. Ognuno di noi svolge il proprio ruolo. Tu, Luigi De Magistris, come noi sei amante del popolo, della piazza e lo hai fatto quando qualcuno ha cercato di minarti. E noi come te  siamo uomini liberi, vogliamo far apparire la nostra dignità.

Quando sono andato via da Napoli, c’era disagio nei sindacati autonomi, c’erano sindacati che stavano firmando contratti al buio, none rano propositivi, non davano proposto. Perciò ho dovuto lottare per creare un sindacato moderno, propositivo, che sia all’altezza della situazione.

Oggi il fatto di non schierarsi, di nascondersi lasciando le platee al proprio destino, non ci piace. E voglio ringraziare il Prof.Coco, i miei collaboratori, le mie Segreterie  che stanno dimostrando la capacità di essere propositivi e di esaltare la dignità dei lavoratori. Noin vogliamo poter dire la nostra, di lanciare da qui un nuovo messaggio.

In questo momento il sindacato sta attraversando un momento difficile, perchè Renzi sta cercando di sostituirsi al sindacato, e noi non lo faremo passare. Quello di Napoli sarà uno dei momenti storici della nostra azione quotidiana. Dobbiamo dare concretezza alle nostre proposte e risposte ai lavoratori. E invito i dirigenti delle aziende private, dei comuni, perchè siano attenti a queste cose.




L’intervento di De Magistris al Convegno di Napoli

Cliccare sul seguente link per visualizzare la registrazione dell’intervento del Sindaco di Napoli De Magistris al Convegno indetto da CSA e FIADEL a Napoli il 7 novembre u.s.

 

http://bit.ly/2eWsAh7

 




Lettera aperta del Segretario Generale Francesco Garofalo

LETTERA APERTA A TUTTI I LAVORATORI E LAVORATRICI DEI COMUNI, DELLE PROVINCIE, DELLE REGIONI ITALIANE E DELLE AZIENDE PARTECIPATE

 

Dopo lo strepitoso successo del Convegno indetto da CSA e FIADEL a Napoli il 7 novembre u.s., mi pregio esternarVi – come già annunciato – la vicinanza delle nostre OO.SS e di tutti i rispettivi dirigenti che mi onoro di rappresentare.

Un ringraziamento particolare vorrei dedicarlo ai colleghi che da anni non vedevo e che, nell’occasione, ho avuto il modo di riabbracciare, condividendo con loro questo importante momento di vita sindacale.

Inoltre, vi informo che CSA e FIADEL, sempre più strettamente uniti, non violeranno le sacrosante aspettative dei lavoratori di tutti i comparti, affinchè nel futuro abbiano un vero sostegno nelle problematiche che ormai da troppi anni non trovano soluzione.

L’impegno mio personale e della mia dirigenza sarà quello di avere un movimento sindacale libero e incisivo a difesa dei diritti e delle prerogative dei lavoratori che rappresentiamo.

InformandoVi che le nostre OO.SS. costituiscono un unico movimento sindacale rappresentativo nello scenario delle Funzioni Locali e dell’Igiene Ambientale, e pertanto di tutte le categorie presenti nell’ente locale, Vi comunico che la nostra struttura è composta da numerosi Dipartimenti – Polizia Locale, Quadri, Tecnici, Precari, Scuola, Sanità, Regioni, Camere di Commercio, Pari Opportunità, Amministrativi, Categorie Operaie, Assistenti Sociali, ecc. – che operano sia a livello nazionale che locale, e dalle Federazioni storiche di categoria, coi relativi Segretari Nazionali, oggi divenuti responsabili di Dipartimento, in base alle proprie specificità.

Per quanto riguarda Fiadel – sigla fortemente rappresentativa nelle aziende partecipate pubbliche e private, sia nei singoli ambiti territoriali che a livello nazionale – che ritengo ben guidate dai dirigenti provinciali e regionali, la prospettiva è quella di continuare a sostenere con gran forza il mantenimento delle aziende, evitando che nel futuro possa concretizzarsi lo spettro del Jobs Act.

Tutti i lavoratori sono esortati a portare le proprie rivendicazioni e le proprie istanze attraverso i canali territoriali e nazionale, per affrontare insieme tutto quello che fino ad oggi non è stato garantito.

Nella già definita piattaforma enti locali – presentata prima del blocco contrattuale, e che ora dovrà essere aggiornata in base ai mutamenti e alle esigenze intervenuti nel frattempo – riteniamo ancora una volta di dover mettere al centro la rivendicazione del ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici, che attraverso i suddetti Dipartimenti possono vivere le scelte fatte dall’Organizzazione.

La nostra azione sarà sempre quella di salvaguardare gli enti e le aziende pubbliche e private e  le relative Funzioni, e di metterci al fianco della politica sana, che vorrà dare un futuro ai giovani di questo Paese e favorire il ricambio generazionale dei lavoratori, di modo che gli enti e le aziende medesimi possano  mantenere la massima efficienza.

Ai non iscritti rivolgo l’invito di unirsi alla nostra lotta. Noi siamo lieti di poter accogliere tutti coloro che vorranno partecipare alla vita dell’Organizzazione e chi è interessato a svolgere ruoli sindacali può contattale le nostre strutture territoriali.




Guida Ragionata alla Riforma Costituzionale

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GUIDA RAGIONATA ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE

 

Opera edita da CSA Regioni Autonomie Locali

A cura del prof. Avv. Nicola Coco (Responsabile Ufficio Legislativo CSA)

Prefazione di Francesco Garofalo (Segretario Generale CSA e FIADEL)

Pubblicazione fuori commercio – Distribuita dalla Segreteria Generale CSA RAL su contributo volontario

 

La “Guida ragionata alla riforma costituzionale” è un’opera realizzata dall’Ufficio Legislativo di CSA Regioni Autonomie Locali e FIADEL, nella prospettiva del referendum che si terrà il 4 dicembre p.v.

Si tratta di un volumetto che tende a colmare quella che, fino ad oggi, è stata una grave lacuna di tutti i dibattiti che si sono sviluppati attorno all’argomento, ovvero l’assoluta mancanza di una riflessione sulle  ricadute della riforma – e delle varie leggi che l’hanno preceduta – sul mondo del lavoro ed in particolare sull’impiego locale pubblico e privato.

 

Infatti, uno dei punti più critici ed allarmanti della riforma è rappresentato dal Titolo V, che contiene tutta una serie di disposizioni volte a svuotare le Regioni delle loro prerogative attuali, aprendo scenari apocalittici di licenziamenti in massa, nell’ordine di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici.

Ma la Guida affronta anche altri profili, non meno inquietanti, del c.d. Decreto Renzi/Boschi: attraverso un lungo lavoro di indagine storica, emerge che la gran parte delle “innovazioni” legislative – da quella elettorale alla ristrutturazione del Senato, alle “corsie” preferenziali per i disegni di legge governativi, ecc. – altro non sono che la riproposizione, addirittura in fotocopia, di passate (e non troppo democratiche) forme di “governabilità, aventi per principio basilare l’egemonia del Potere Esecutivo e per dottrina la concentrazione di tutte le funzioni decisionali.

La scelta per il NO che apre e conclude il testo della Guida è, dunque, saldamente motivata dal trovarsi dinnanzi ad una gigantesca riforma strutturale dello Stato, che rappresenta un vero e proprio attacco alla democrazia e ai diritti del lavoratori, senza dare alcun evidente vantaggio né in termini di risparmio economico né di snellimenti di tipo burocratico.

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Prof. Avv. Nicola Coco – Ha insegnato al Dipartimento di Scienza Giuridiche dell’Università di Roma – La Sapienza, Criminologia e Procedura Penale, ed è stato altresì docente di Istituzioni di Diritto Pubblico alla Scuola di Specializzazione di Medicina Legale presso la stessa Università. Attualmente è responsabile nazionale dell’Ufficio Legislativo CSA.




L’articolo del Il Mattino sul Convegno di Napoli

Pubblichiamo la riproduzione dell’articolo sul Convegno di Napoli scritto da Pierluigi Frattasi, uscito nell’edizione di ieri de Il Mattino

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Il post di De Magistris sulla sua pagina facebook

Il Sindaco De Magistris, subito dopo aver partecipato al Convegno del 7 novembre, ha postato un commento, corredato di foto, sulla sua pagina facebook istituzionale.

https://www.facebook.com/sindacopernapoli/?fref=ts

 




Convegno di Napoli: i ringraziamenti del Segretario Generale Francesco Garofalo

napoli3All’indomani del Convegno tenutosi a Napoli, è con grande piacere che rivolgo a tutte le strutture che vi hanno partecipato, unitamente ai lavoratori e alle lavoratrici, il mio più vivo ringraziamento, perché in tal modo hanno permesso all’evento di acquisire i massimi significati politico-sindacali, e di dimostrare la nostra unità e vera forza al Sindaco De Magistris e al Vicesindaco Del Giudice, che ci hanno onorati della loro presenza.

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Il mio ringraziamento si estende, naturalmente, ai dirigenti, ai lavoratori e alle lavoratrici del Comune di Napoli e dei Comuni limitrofi e ai dirigenti delle aziende partecipate, che in tal modo ulteriormente avvalorato l’importanza del Convegno e della nostra organizzazione completa CSA e FIADEL.

Il principale messaggio, mio e del Sindaco De Magistris, è stato il lancio e la condivisione del progetto di un sindacato libero e di una politica sana che è a favore dei lavoratori e delle lavoratrici, che in questo Paese rappresentano il vero “partito unico della nazione”.napoli10

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Inoltre, ho ribadito con forza che non ci scalfisce minimamente il silenzio delle altre OO.SS. sulle questioni che riguardano il nostro ruolo di organizzazione sindacale, che ha come unico obiettivo la salvaguardia e il mantenimento delle aziende pubbliche e private e dei lavoratori delle Funzioni Locali – che vedono negato il rinnovo del contratto da molti anni –e dell’Igiene Ambientale, il cui contratto nazionale è sì giunto a compimento eliminando il pericolo del Jobs Act, ma tale traguardo è solo temporaneo in quanto il Jobs Act 2 recentemente promulgato può pregiudicare ancora di più il mantenimento occupazionale dei rispettivi lavoratori.

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Quindi, ho insistito sulla necessità di giungere al più presto al rinnovo dei Contratto Nazionale, considerando che quelli in essere impediscono ai lavoratore di avere una propria dignità, e pregiudicano la capacità delle famiglie italiane ad arrivare a fine mese.napoli6

Pertanto, con grande fermezza confermo il nostro NO alla riforma costituzionale, perché svilisce la centralità del nostro lavoro nel corretto andamento dei servizi resi dalle amministrazioni ai cittadini italiani.

CONTINUIAMO IL PERCORSO VERSO LA STORIA!

 

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De Magistris: “Votare No alla riforma per difendere la nostra Costituzione, la più bella del mondo”

Grande partecipazione al Convegno organizzato da CSA e FIADEL a Napoli, apertosi con l’intervento del Sindaco De Magistrs, che ha strappato applausi a scena aperta, elogiando l’operato delle nostre OO.SS. ed in particolare il Segretario Generale Francesco Garofalo e il Segretario Regionale FIADEL Vittorio D’Albero. Ai lavori è intervenuto anche il Vicesindaco Raffaele Del Giudice.

COMUNICATO STAMPA

“Accolgo con soddisfazione lo schieramento per il NO alla riforma costituzionale da parte di CSA e FIADEL, organizzazioni sindacali per le quali ho grande stima, per l’ottimo lavoro che hanno svolto in questi anni a Napoli. Ogni cittadino è una repubblica, e per questo ha il diritto e il dovere di andare a votare. E votare NO significa difendere quella che è la più bella Costituzione del mondo da chi vuole svilirla accentrando in sé tutti i poteri. Questa riforma, infatti, non ha alcun aspetto positivo né per la nazione, né per i cittadini, né per i lavoratori, i quali ultimi sono già stati penalizzati dal Jobs Act e dalla Legge Madia.  Se davvero si voleva puntare al risparmio economico, allo snellimento delle procedure legislative, ad una riorganizzazione coerente del territorio, bisognava seguire ben altre strade, nel rispetto dei valori civili e domacratici.”

Parole che il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha pronunciato oggi al convengo “La riforma costituzionale, un attacco alla democrazia e ai diritti dei lavoratori”, indetto da CSA e FIADEL, unici sindacati autonomi rappresentativi negli enti e nelle aziende delle Funzioni Locali e dell’Igiene Ambientale, per diffondere la propria posizione per il NO alla riforma costituzionale.

“Napoli è un polo importante per la nostra organizzazione – ha affermato il Segretario Generale CSA e FIADEL Francesco Garofalo – e il Sindaco De Magistris, con la sua partecipazione al convegno, ha voluto far sentire la propria voce a fianco delle nostre OO.SS. e di tutti i lavoratori, che hanno bisogno di certezze vere e diritti tutelati.”

Lo schieramento per il No non ha alcun risvolto politico per CSA e FIADEL: “Non ci interessa salire sul carro di quelli che vogliono stroncare il decreto Renzi/Boschi per dare una spallata definitiva al Premier”, ha dichiarato Garofalo. “Noi chiediamo garanzie per i lavoratori e le lavoratrici delle Regioni e del settore privato, e una chiara definizione delle azioni che gli Enti dovranno mettere in atto per mantenerne lo stato occupazionale”.

Ma questa battaglia – ha detto il Segretario Generale – è volta anche evitare l’instaurazione di un “partito unico della nazione”, che nasce dall’ambizione di diventare l’unico partito di riferimento. “Se questa è la strada – ha aggiunto – non mi sorprenderebbe che si arrivasse anche a un “sindacato unico della nazione”, distruggendo la democrazia e il pluralismo sindacale”.

Inoltre, il massimo esponente di CSA e FIADEL chiede la salvaguardia del Contratto Nazionale di Lavoro: “ci opporremo ad oltranza contro soluzioni, come quelle già prefiguratesi, che creino disomogeneità fra le varie categorie di lavoratori, privandoli delle garanzie basilari. E continueremo a prendere le distanze dalle logiche precostituite da altre OO.SS., le quali in questi anni hanno accettato supinamente le linee politiche dei governi che si sono succeduti, sminuendo il ruolo e la centralità del sindacato, quale istituzione”.

Il prof. Nicola Coco, responsabile dell’Ufficio Legislativo CSA/FIADEL e autore della “Guida ragionata alla Riforma Costituzionale” presentata nel corso del Convegno, ha rafforzato i principi espressi da Garofalo, mettendo in evidenza punti estremamente rilevanti della riforma costituzionale a cui, fino ad ora, non è stata data la dovuta attenzione dai media e dai dibattiti referendari, come le radici storiche delle riforme di Renzi e lo stravolgimento del ruolo delle autonomie locali.

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