Analisi del fondo per le posizioni organizzative

A. Bianco (La Gazzetta degli Enti Locali 19/2/2021)

Le amministrazioni locali e regionali possono dare corso ad un incremento del fondo per le posizioni organizzative solamente nelle ipotesi che sono previste dalla normativa. Il contratto collettivo nazionale di lavoro del 21 maggio 2018, che ha riscritto le regole da applicare, consente tale aumento esclusivamente attraverso la contrattazione decentrata, con lo spostamento di somme del fondo per le risorse decentrate, non prevedendo quindi – a differenza di quanto previsto per il personale e per la dirigenza – delle possibilità di incremento autonomo. Questi incrementi ovviamente devono essere contenuti nel tetto complessivo del salario accessorio, di cui all’articolo 23 del d.lgs. n. 75/2017, cioè quanto previsto nell’anno 2016. Le disposizioni di legge e le letture che ne sono state fornite dall’ARAN e dalla RGS consentono di operare questi incrementi, anche senza la preventiva contrattazione e non effettuando alcun taglio del fondo per il personale. Le amministrazioni decidono sulla utilizzazione dei risparmi che si sono determinati nella utilizzazione delle risorse destinate al finanziamento del salario accessorio delle posizioni organizzative.

La costituzione

La costituzione del fondo per le posizioni organizzative deve essere effettuata dalle amministrazioni, come per la individuazione di tutte le risorse destinate al salario accessorio. Le regole sono definite nel contratto nazionale in modo molto netto ed univoco: le risorse che l’ente ha destinato al finanziamento delle indennità di posizione e di risultato nell’anno 2017. Negli enti con la dirigenza, ciò determina una corrispondente riduzione della parte stabile del fondo per le risorse decentrate.
L’importo delle risorse destinate al finanziamento delle posizioni organizzative può essere una tantum ridotto dalle amministrazioni, previo confronto con le organizzazioni sindacali, ma a condizione che i risparmi vengano destinati al finanziamento del fondo per la contrattazione decentrata. Nel parere ARAN CFL 38 leggiamo testualmente: “non sembrano sussistere impedimenti contrattuali a che un ente riduca per un periodo definito, ad esempio per un anno, lo stanziamento delle risorse destinate nel 2017 al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative previste dall’ordinamento dell’ente, ampliando in tal modo le possibilità di incrementare, per quell’anno, le risorse del Fondo del personale (previo confronto sindacale, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. g), del CCNL del 21 maggio 2018 e utilizzando gli strumenti dell’art. 67 del medesimo CCNL del 21 maggio 2018). L’anno, successivo, invece, l’ente potrà ripristinare lo stanziamento delle risorse destinate nel 2017 al finanziamento delle posizioni organizzative, senza necessità di ricorso alla contrattazione integrativa, come previsto dall’art.7, comma 3, lett. u), del CCNL del 21 maggio 2018”.

La destinazione dei risparmi

Spetta alle amministrazioni decidere la utilizzazione dei risparmi che si sono determinati. Il parere ARAN CFL 123 ci dice che “non sembrano sussistere impedimenti a che la percentuale minima del 15% prevista dal CCNL possa essere implementata, con riferimento ad un anno, con le risorse già finalizzate al finanziamento della retribuzione di posizione in quel medesimo anno le quali, a consuntivo, risultino non essere state effettivamente utilizzate. Pertanto, in sede di contrattazione integrativa, potrebbero essere stabiliti anche i criteri per incrementare, in presenza di tali ulteriori risorse, il valore già determinato in via ordinaria per la retribuzione dei risultato dei titolari di posizione organizzativa (fermo restando, comunque, la necessità di garantire, in via prioritaria, le risorse necessarie per gli eventuali incrementi della retribuzione di risultato dei titolari di posizione organizzativa, cui sia stato affidato l’incarico ad interim di altra posizione organizzativa). In tal modo le risorse non utilizzate sarebbero impiegate nello stesso anno in cui si è determinato il risparmio, senza neppure problemi di trasporto nell’anno successivo. Ove tale percorso non sia ritenuto conforme agli interessi dell’ente, questo potrebbe anche decidere di non ricorrervi, considerando le risorse comunque non utilizzate in sede di erogazione della retribuzione di risultato di un determinato anno come mere economie di spesa”.
Si deve aggiungere che, a parere di chi scrive, si devono inoltre applicare anche a queste risorse le indicazioni dell’ARAN sui risparmi nella utilizzazione del fondo della dirigenza che derivano nella retribuzione di risultato a seguito di valutazioni non positive o non interamente positive. Tali risorse vanno in economia al bilancio dell’ente.

L’incremento

Il fondo per le posizioni organizzative può essere incrementato nelle 3 ipotesi previste dalla normativa e dalla contrattazione collettiva, ma può essere anche aumentato se diminuiscono gli altri fondi per il salario accessorio a condizione che si rimanga nel tetto dell’anno 2016.
La prima ipotesi di aumento del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative è disciplinata dall’articolo 11 bis, comma 2, del d.l. n. 135/2018 e riguarda esclusivamente i comuni senza dirigenza. Ci viene detto che il tetto al salario accessorio delle posizioni organizzative può essere superato “limitatamente al differenziale tra gli importi delle retribuzioni di posizione e di risultato già attribuiti alla data di entrata in vigore del CCNL e l’eventuale maggiore valore delle medesime retribuzioni successivamente stabilito dagli enti ai sensi dell’articolo 15, commi 2 e 3, del medesimo CCNL, attribuito a valere sui risparmi conseguenti all’utilizzo parziale delle risorse che possono essere destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato che sono contestualmente ridotte del corrispondente valore finanziario”. Queste risorse si devono considerare in deroga al tetto del fondo per il salario accessorio di cui all’articolo 23 del d.lgs. n. 75/2017, cioè il tetto delle somme destinate a questo titolo nell’anno 2016. La norma si deve considerare pienamente in vigore anche alla luce delle modifiche alle capacità assunzionali introdotta dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019. Siamo quindi in presenza di una disposizione che è diretta solamente ai comuni senza dirigenti; essa consente l’aumento delle risorse per il salario accessorio delle posizioni organizzative esistenti e non l’incremento del loro numero.
La seconda ipotesi è prevista dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019 e si realizza nel caso in cui vi sia un aumento del personale in servizio rispetto al 31.12.2018. In questo caso, occorre mantenere inalterata la incidenza media pro capite del trattamento economico accessorio del personale e delle posizioni organizzative. Di conseguenza, si procede all’aumento di tali due fondi in modo da mantenere invariato il salario medio pro capite in godimento nell’anno 2018. Spetta agli enti decidere in quale parte questo incremento deve essere destinato al fondo per il personale dipendente e per quale quota invece viene destinato al fondo per il salario accessorio delle posizioni organizzative. Si deve evidenziare che, non essendo previsto un incremento diretto di tali fondi, ma esclusivamente la possibilità di superare il tetto, la realizzazione concreta di questo aumento si deve realizzare attraverso gli istituti previsti dal contratto nazionale. In primo luogo si deve immaginare, per il personale, il ricorso all’articolo 67, comma 5, lettera a) del CCNL 21 maggio 2018, cioè “l’incremento delle dotazioni organiche, al fine di sostenere gli oneri dei maggiori trattamenti economici del personale”. Inoltre, si può fare riferimento anche alla lettera b) della prima citata disposizione, cioè il “conseguimento degli obiettivi dell’ente”. Inoltre, la RIA dei dipendenti cessati, che va inserita nel fondo, può a questo punto essere inserita nell’ambito dell’aumento che va in deroga al tetto del salario accessorio. Quindi, una previsione che consente questo incremento, ma solamente nel caso di aumento del numero dei dipendenti in servizio, peraltro solamente a tempo indeterminato per la lettura data dalla RGS.
La terza ipotesi è prevista dall’articolo 8, comma 2, lettera u) dello stesso CCNL 21 maggio 2028, in base al quale la contrattazione collettiva decentrata integrativa può disporre l’aumento del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative, con risorse tratte dal fondo per le risorse decentrate del personale.
Si deve inoltre evidenziare che, come ricordato dall’ARAN, il taglio del fondo dei dirigenti e/o di quello del personale può liberare risorse da destinare all’incremento del fondo per le posizioni organizzative, quindi senza un passaggio diretto, ma creando le condizioni attraverso cui si possa realizzare questa osmosi attraverso una deliberazione dell’ente. Il parere dell’ARAN fa riferimento alle indicazioni dettate dalla circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 16/2020, che contiene le istruzioni per la compilazione del conto annuale del personale. In tale circolare viene evidenziato che il tetto al trattamento economico accessorio è complessivo e non le singole voci. Leggiamo inoltre testualmente che la introduzione del tetto complessivo al salario accessorio “consente di incrementare fino alla concorrenza del limite generale della retribuzione accessoria dell’intera amministrazione le risorse di una categoria di personale in presenza di una corrispondente diminuzione di quelle disposte per una diversa categoria. Ciò può avvenire per espressa previsione del CCNL, come è il caso del trasferimento dal fondo per il trattamento accessorio del personale non dirigente delle Funzioni locali alle disponibilità destinate a bilancio in favore delle posizioni organizzative. Ciò può altresì avvenire quando, in applicazione di ordinarie facoltà disposte dal CCNL, si disponga la riduzione delle risorse aggiuntive che la parte datoriale aveva in precedenza appostato ai fondi per la contrattazione integrativa, anche di parte fissa, di una categoria di personale. Tale rimodulazione verso il basso consente, ancora in applicazione di ordinarie facoltà disposte dal CCNL, di incrementare fino alla concorrenza del limite generale, le risorse di una diversa categoria di personale”. Di conseguenza, siamo in presenza di una lettura che sembra superare la inesistenza di una norma contrattuale che consente di incrementare il tetto del fondo per le posizioni organizzative.




Riforma PA: le novità sul piano sull’arretrato e prossimi concorsi

Fonte: Sole 24 Ore

Anche nella riforma della Pubblica Amministrazione il presidente del Consiglio Mario Draghi ha voluto indicare due obiettivi, uno congiunturale e uno strutturale. Il primo è destinato a rappresentare la mossa più immediata anche sul piano della percezione, e consiste in un «piano di smaltimento dell’arretrato» prodotto dalla pandemia, da «comunicare ai cittadini». Senza contare che anche il blocco delle scadenze di permessi, concessioni e documenti è destinato a creare un’onda aggiuntiva di pratiche alla ripresa. Ma è sul secondo obiettivo che il governo si gioca una fetta importante del proprio successo.

Il silenzio sulla riforma della PA ha rappresentato infatti uno degli inciampi più importanti nelle bozze di Recovery Plan del Conte-2, su cui il ruolo di supplenza esercitato nei mesi scorsi dal ministero dell’Economia in tanti altri campi non ha avuto il tempo di manifestarsi. Draghi ha messo al centro il dossier, che si svilupperà in una triangolazione fra la Funzione pubblica affidata a Renato Brunetta e il nuovo ministero della Transizione digitale guidato da Vittorio Colao. L’intervento sulla PA serve prima di tutto a far viaggiare la macchina del Recovery Plan, con una spinta alla capacità di attuazione degli investimenti che per il governo deve basarsi su un recupero della «preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari» e uno sforzo extra per «irrobustire le amministrazioni meridionali» particolarmente svuotate dai limiti al turn over.

Ma il Recovery Plan è anche l’occasione per provare a cambiare la PA, con una nuova geografia del capitale umano che dovrà modificare anche il sistema dei concorsi per «selezionare nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido»: un passo indispensabile se si vuole realizzare l’altra gamba della riforma, che poggia l’e-government sulla «realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini». Sono dichiarazioni programmatiche, che andranno in fretta riempite di contenuti. Con un presupposto: il presidente del consiglio non ha manifestato sfiducia in una Pa a cui ha voluto riconoscere «un impegno diffuso nel lavoro a distanza e un uso intelligente delle tecnologie». Non era scontato.




Pubblico impiego: impronte digitali in soffitta

Fonte: Italia Oggi

La rilevazione biometrica delle presenze dei dipendenti pubblici è arrivata al capolinea, senza essere mai partita. L’articolo 1, commi 957 e 958, della Legge di Bilancio 2021 (legge 178/2020) cancella senza troppa gloria le previsioni contenute nella cosiddetta legge «Concretezza», spinta dall’allora ministro della Funzione Pubblica Giulia Bongiorno. Si tratta delle previsioni dell’articolo 2, commi da 1 a 4, della legge 56/2019, quelle che avrebbero, appunto, dovuto introdurre sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza degli accessi, in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica in uso, sulla base di un dpcm, però mai adottato. Infatti, le rilevazioni biometriche avrebbero dovuto ottenere il preventivo via libera da parte del Garante per la protezione dei dati personali, che, invece, reiteratamente ha espresso pareri molto motivati e contrari all’adozione del sistema, oggettivamente ed in modo plateale inconciliabili con le regole della privacy. Per un anno e mezzo, quindi, le previsioni che intendevano ulteriormente stringere le maglie già a suo tempo ben avvitate dalla riforma Brunetta, sono rimaste a far parlare inizialmente di sé, per poi sparire quasi dai radar. In effetti, norme tese ad imporre la rilevazione delle presenze, viste con lo sguardo di oggi, fortemente influenzato dalla pandemia e dalla conseguente diffusione del lavoro agile, appaiono qualcosa di arcaico e inconciliabile con una concezione corretta e utile dell’organizzazione.

Il lavoro agile, a causa del Covid-19, è diffusamente entrato a far parte degli ordinari strumenti di regolazione del rapporto di lavoro e, come noto, presuppone che la prestazione lavorativa non si svolga né in un luogo, né in un orario predeterminati; al contrario, lo smart working richiede, più ancora dell’attività tradizionale in presenza in sede, una chiara assegnazione di compiti da svolgere, misurabili ex post e disciplinati da chiare indicazioni operative e di ingaggio, fondate su un costruttivo rapporto organizzativo e di fiducia tra datore pubblico e dipendente. Proprio quel rapporto di fiducia che, invece, la legge «Concretezza» decretava sostanzialmente inesistente, tanto da pretendere oltre al tornello le impronte delle retine o digitali. È evidente che la pubblica amministrazione deve lottare strenuamente contro dipendenti infedeli e truffatori, rei di macchiarsi dell’inganno di lasciar credere di essere in servizio, attraverso timbrature false grazie anche a colleghi compiacenti. Altrettanto chiaro è che questa battaglia non si vince con i tornelli o le iridi: non basta essere certissimi che il lavoratore «è in un ufficio», perché è soprattutto necessario sapere quel che un dipendente fa tra una timbratura e l’altra. Se sono avvenuti casi clamorosi di decine o centinaia di assenze fraudolente dal servizio per mesi o anni, è perché nessuno evidentemente né sapeva quel che i dipendenti facevano, né aveva modo o interesse per controllarlo. L’assenteismo si combatte e l’efficienza si ottiene, invece, assegnando ai dipendenti azioni, compiti, funzioni e responsabilità chiare, rendicontabili e misurabili. Il lavoro agile ha aiutato a capire questo: conta soprattutto evidenziare quali specifici risultati ottenere, non la formalità della presenza in sede; e questo vale sia per il personale in smart working, sia per il personale in sede. La pandemia ha, quindi, mandato in definitiva obsolescenza l’idea delle timbrature con rilevazione biometrica. Con le norme inserite nella legge 178/2020 la ministra della p.a., Fabiana Dadone, non fa altro che prenderne atto, cancellando la norma e destinando il finanziamento di 35 milioni (per altro largamente insufficiente) a suo tempo destinato all’acquisizione degli strumenti, alla realizzazione dei concorsi unici o ad attività di formazione ed organizzazione flessibile del lavoro pubblico.




Proroghe brevi per smart working e lavoratori fragili

Fonte: Sole 24 Ore

Il decreto legge Milleproroghe (183/2020) ha esteso fino alla cessazione dello stato di emergenza (attualmente fissata al 31 gennaio), e comunque non oltre il 31 marzo, l’obbligo di sorveglianza sanitaria eccezionale da parte dei datori di lavoro nei confronti dei dipendenti maggiormente esposti a rischio di contagio in base a fattori quali età, immunodepressione, comorbilità, terapie salvavita, precedenti patologie oncologiche. Tale obbligo, in precedenza in vigore fino al 31 dicembre 2020, si applica anche ai datori di lavoro che, in linea generale, non sono tenuti alla nomina del medico competente, ma che possono provvedervi in questa fase di emergenza oppure chiedere l’intervento di uno di essi tramite l’INAIL.

Prorogata fino alla fine dello stato di emergenza, e comunque non oltre il 31 marzo, la possibilità per i datori di lavoro privati di attivare il lavoro agile ai dipendenti senza accordo individuale e con modalità di comunicazione semplificate nei confronti del ministero del Lavoro, opzione già consentita «fino al 31 gennaio e comunque fino al termine dello stato di emergenza» prima del Milleproroghe dal Dl 125/2020.

In modo analogo viene estesa la deroga all’accordo individuale per il lavoro agile nella Pubblica Amministrazione, ora prevista fino al 31 dicembre. Il Parlamento, tramite il decreto legge n. 183/2020, ha prorogato i termini dettati dall’articolo 263 del decreto n. 34/2020 (cd. decreto Rilancio), fino al termine dell’emergenza sanitaria e non oltre il 31 marzo. Ricordiamo che la norma in questione, in deroga all’articolo 87 del decreto legge n. 18/2020, aveva limitato al solo 50% la percentuale di dipendenti abilitati a svolgere la mansione lavorativa in modalità agile, tuttavia mantenendo ferma la possibilità di prescindere dagli accordi individuali o da obblighi informativi di sorta.

Considerato dunque l’elevato numero di dipendenti pubblici legittimato a operare in smart working, assume notevole importanza la redazione, da parte delle varie Amministrazioni, del POLA. Quest’ultimo è stato individuato come lo strumento principale per regolare l’’esercizio del lavoro agile in una contingenza futura e non emergenziale. Secondo quanto stabilito dall’articolo 14 della legge 124/2015, gli Enti che adottano il POLA assicurano al 60% dei dipendenti il lavoro agile. In caso di mancata adozione del Pola, il lavoro agile si applica almeno al 30% dei dipendenti, qualora lo richiedano. Infatti nulla impedisce agli Enti di riconoscere l’accesso al lavoro agile ad una percentuale di lavoratori superiore al 30%, se rientra nelle possibilità organizzative dell’ufficio.

È a questo punto necessario sottolineare che il termine di adozione del Pola, 31 gennaio (per gli enti locali è il termine di adozione del Peg, cioè entro i 20 giorni successivi all’adozione del bilancio di previsione), è superato temporalmente dalla validità del contenuto delle disposizioni dell’articolo 263 del decreto Rilancio, che potenzialmente esplica i suoi effetti, quelli della percentuale del 50%, fino a fine marzo.

Sul fronte previdenziale, Inps avrà un anno in più a disposizione per il recupero delle prestazioni indebite relative alle campagne di verifica reddituale del periodo di imposta 2018. La decisione è stata presa a fronte delle nuove modalità di recupero degli indebiti (somme nette e non lorde) introdotta dall’articolo 150 del decreto legge 34/2020 che comporta tempi lunghi di adeguamento delle procedure Inps e quindi non è potuta avvenire entro la scadenza naturale del 31 dicembre 2020.

Introdotta, inoltre, una sospensione dei termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale del primo semestre 2021, che riprenderanno a decorrere da luglio di quest’anno. La decisione, si legge nella relazione illustrativa del Milleproroghe, è dovuta perché l’attività di accertamento ha richiesto più tempo e anche la consegna delle notifiche ha registrato un rallentamento, con il rischio che ora possano essere recapitati insieme più avvisi, relativi a periodi differenti, soprattutto ad artigiani, commercianti e iscritti alla gestione separata, già toccati duramente dalla crisi.




P.A., Dadone-Sindacati primo round: incontro ad alta tensione

(Teleborsa) – Partiranno nei prossimi giorni due tavoli tecnici: uno sugli aspetti economici, elemento perequativo, assunzioni e stabilizzazione, riclassificazione personale; l’altro sulla riforma pubblica amministrazione, formazione. Lo ha annunciato la ministra della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, secondo quanto si apprende, al tavolo di confronto con i sindacati, terminato da poco. Sarà coinvolto anche il ministero dell’economia rappresentato al tavolo di oggi dal sottosegretario Pierpaolo Baretta.

“Il Governo deve dare chiare risposte alla vertenza sull’innovazione e sul rilancio della pubblica amministrazione. E’ necessario affrontare in modo organico le scelte di riforma che possono e devono qualificare il lavoro pubblico e i servizi ai cittadini”. Così in una nota il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini e la segretaria generale della Fp Cgil, Serena Sorrentino al termine dell’incontro di oggi con il ministro per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone e il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.

Per i due dirigenti sindacali “vanno quindi affrontate più questioni. Innanzitutto, le risorse del Recovery Fund devono servire a una riforma della PA che guardi alla qualificazione e al potenziamento dei servizi, valorizzando le competenze dei dipendenti pubblici e introducendo nel contratto collettivo nazionale di lavoro il diritto alla formazione continua”. “Il potenziamento dei servizi – sottolineano Landini e Sorrentino – necessita di un piano straordinario di assunzioni che riguardi tutte le amministrazioni pubbliche, a partire dalle stabilizzazioni del personale precario e da un nuovo reclutamento che utilizzi le graduatorie di idonei e acceleri le procedure concorsuali”. Inoltre, secondo i leader di Cgil e Fp Cgil: “Occorre con urgenza rivedere e rafforzare i protocolli per la sicurezza sottoscritti alcuni mesi fa, rispondendo alla domanda di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. Infine, il contratto collettivo nazionale e lo sblocco della contrattazione decentrata devono essere lo strumento che, accompagnando le innovazioni e trasformazioni, investa sulla valorizzazione del personale garantendo adeguati trattamenti economici”.

“I Ministeri si sono impegnati a convocare già nei prossimi giorni specifici tavoli tecnici di confronto sia sulle misure che possono essere definite dentro la manovra, sia sulle questioni della riforma della PA e del Recovery Fund. La riapertura di uno spazio di confronto – concludono Landini e Sorrentino – è certamente il primo risultato della mobilitazione di queste settimane. Verificheremo nel rapporto con il Governo la concreta disponibilità a dare risposte all’insieme dei temi posti dal sindacato”.

“Sono il Governo e la Ministra a dover dare risposte ai lavoratori della Pubblica Amministrazione rispetto alle rivendicazioni presenti nelle nostre piattaforme sindacali. E’ quello che abbiamo chiesto nel corso del tavolo di confronto con la Ministra Dadone”. Questo il commento del Segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri sottolineando che “le lavoratrici e i lavoratori che noi rappresentiamo non sono Paperon de’ Paperoni, guadagnano 1.000-1.200 euro al mese, e bisogna portare loro rispetto”.

Il Governo si è impegnato “ad aprire un confronto costruttivo” con i sindacati “su riforma della pubblica amministrazione, livelli occupazionali, sicurezza e contratto”. Lo affermano la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, e il segretario generale della Fp Cisl, Maurizio Petriccioli, dopo l’incontro convocato dalla ministra della funzione pubblica Fabiana Dadone il giorno dopo la giornata di sciopero dei lavoratori del pubblico impiego.

Abbiamo chiesto al Governo – dicono i due sindacalisti – di aprire un confronto vero e costruttivo sulla riforma della pubblica amministrazione, per riconoscere e valorizzare il sistema dei servizi pubblici come uno degli elementi di cambiamento dell’intero paese”.
“Il governo – aggiungono Furlan e Petriccioli – si è impegnato ad aprire un confronto sui temi richiesti e a indicare risorse e cronoprogramma per raggiungere gli obiettivi. La ministra Dadone si è riservata di confrontarsi nei prossimi giorni con il ministero dell’economia per definire l’entità delle risorse da poter rendere disponibili”.




Online la nuova raccolta di pareri del Dipartimento della Funzione Pubblica

Sul portale del Dipartimento della Funzione pubblica sono disponibili i pareri in chiaro dei competenti Uffici del Dipartimento stesso. L’obiettivo è rendere facilmente accessibili gli orientamenti applicativi alle amministrazioni, con particolare riguardo alle norme che disciplinano il pubblico impiego. In special modo, si intende chiarire la corretta interpretazione e portata degli istituti che potrebbero comportare una certa difficoltà pratica per le amministrazioni pubbliche.

La banca dati è sottoposta a un periodico rinnovamento, così da fornire un apparato legislativo aggiornato e in linea con l’evoluzione delle varie discipline.

 

 VAI AL PORTALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA




Assenze per Coronavirus nella Pubblica Amministrazione: in tilt le certificazioni

Fonte: Sole 24 Ore

L’intensificarsi dell’emergenza epidemiologica sta mettendo in crisi anche il sistema amministrativo del servizio sanitario che non riesce a trasmettere tempestivamente i provvedimenti cartacei necessari ad attestare la malattia oppure la quarantena collegata al Covid. Diverse amministrazioni segnalano che le comunicazioni dell’autorità sanitaria vengono effettuate per telefono all’interessato, il quale a sua volta deve informare il proprio datore di lavoro. Di fatto, si ripropone quanto già sperimentato nel corso del primo lockdown.

Questa situazione pone in seria difficoltà il datore di lavoro, dal momento che molti istituti a tutela dei dipendenti coinvolti dall’emergenza epidemiologica possono essere attivati solo a fronte di un provvedimento dell’autorità sanitaria competente. Tra questi rientra in primo luogo l’assenza per malattia o quarantena Covid prevista dall’articolo 87, comma 1, del Dl 18/2020. Sia lo stato di malattia sia la quarantena devono essere certificati dall’autorità sanitaria, altrimenti l’istituto non può essere attivato. Se la comunicazione avviene per telefono, soprattutto per la quarantena e la permanenza domiciliare fiduciaria, il datore di lavoro si trova in un’impasse. Da un lato il dipendente non può andare al lavoro, e dall’altro è privo di una certificazione. Qualora non risulti possibile attivare il lavoro agile, non resta che mettere in ferie il dipendente in attesa dell’eventuale certificazione.

Il principio di correttezza e buona fede alla base del rapporto di lavoro dovrebbe consentire di modificare il giustificativo di assenza, anche ex post, nel momento in cui l’autorità sanitaria dovesse produrre la certificazione. Anche per la malattia Covid è necessario uno specifico certificato per consentire di equiparare l’assenza al ricovero ospedaliero e impedire che questa venga conteggiata nel periodo di comporto. Ancora più complicato il contagio da Covid che abbia un nesso eziologico con la prestazione lavorativa, e che di conseguenza possa avere le caratteristiche dell’infortunio sul lavoro. In questo caso è necessario inviare tempestivamente la denuncia di infortunio (entro due giorni). Considerata la rilevanza della sanzione per il tardivo invio all’Inail della denuncia, risulta in ogni caso opportuno trasmetterla, anche nell’attesa del provvedimento dell’autorità sanitaria, fornendo le opportune spiegazioni nelle note.

Le stesse problematiche emergono anche per il recente congedo retribuito al 50% collegato alla quarantena del figlio convivente di età inferiore ai 14 anni per la frequenza scolastica oltre che per le attività sportive, musicali e linguistiche. La norma prevede espressamente che l’assenza debba essere disposta dal dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale territorialmente competente.
Infine, la certificazione dell’autorità sanitaria è necessaria per giustificare l’assenza per lo svolgimento di accertamenti sanitari del dipendente e dei figli minorenni in base alla possibilità introdotta dall’articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale della Funzione pubblica firmato il 19 ottobre scorso dalla ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone.




Manovra, nei collegati deleghe per smart working nella PA e riforma Enti locali

Fonte: Sole 24 Ore

di MARCO ROGARI e GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore)  

La riforma del fisco viaggerà su una doppia delega: perché accanto a quella dedicata ad aliquote e basi imponibili il governo ha intenzione di presentarne un’altra riservata alle nuove regole della giustizia tributaria. Il tema fiscale domina ovviamente il panorama dei collegati alla manovra, cioè le riforme che il governo intende instradare sulla corsia preferenziale della sessione di bilancio. Ma il quadro disegnato dalla Nadef è ricchissimo, e quest’anno prevede ben 22 collegati: in un programma a tutto campo che spazia dagli ammortizzatori sociali al salario minimo, su cui continuano a piovere le critiche di Confindustria, dallo smart working nella PA e al nuovo Testo Unico degli Enti Locali. Nel lungo elenco non ha però trovato spazio la delega sulla riforma delle pensioni: che in ogni caso dovrà impegnare il governo sia per evitare lo scalone in arrivo a 2021, con il tramonto di «Quota 100» confermato nelle scorse settimane dal premier Conte, sia per rispondere alle Raccomandazioni Paese della Commissione Ue che sono parte integrante dei criteri d’esame per il Recovery Plan.

Ci vorrà comunque ancora tempo per vedere attuato il nuovo fisco. La riforma si svilupperà «nel prossimo triennio», spiega il ministro dell’Economia Gualtieri nell’introduzione alla Nadef. E prima di tutto il Governo dovrà decidere se il nuovo assetto somiglierà al modello tedesco, gradito al ministero dell’Economia, o sarà disegnato partendo dal nuovo sistema di aliquote su cui punta una parte della maggioranza. Al netto del rifinanziamento del taglio del cuneo, che scatterà con la legge di bilancio. Sulle pensioni, a parlare esplicitamente di ricorso alla delega per regolare a inizio 2022 il «dopo-Quota 100» era stata la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, in un uno dei primi round con i sindacati sulla riorganizzazione del sistema pensionistico. La scelta di non inserire il tema tra quelli investiti dall’ondata di collegati potrebbe essere dovuta ai lavori ancora in corso nella maggioranza tra le forze che, come i Cinque stelle e Leu, spingono per un intervento che garantisca a un’ampia fascia di lavoratori flessibilità in un’uscita e preveda tutele per i giovani, con costi però non trascurabili, e chi guarda invece alla sostenibilità finanziaria. La scelta non potrà però essere rinviata a lungo.

In ogni caso la lunga lista citata dalla Nadef include interventi inquadrabili nelle linee guida del Recovery plan, come il riordino della normativa ambientale e la promozione della Green economy. Tra i progetti cari al Ministero del Lavoro c’è il salario minimo e la riforma della rappresentanza sindacale. Ampio il pacchetto di collegati con ricaduta sulla vita delle imprese: dalla revisione organica degli incentivi allo statuto dei diritti dell’imprenditore e al riordino di start up e Pmi innovative. Un lungo serpentone destinato però a faticare nelle sabbie mobili parlamentari.




Dadone: Migliorare la valutazione delle performance per rispondere ai cittadini

Le dichiarazioni del ministro per la Pubblica Amministrazione all’apertura dell’incontro organizzato dalla Funzione pubblica per discutere delle possibili linee di evoluzione dei sistemi di valutazione della PA

“Una Pubblica Amministrazione inclusiva, che pone al centro il cittadino, orientata alla soddisfazione delle persone e in grado di ascoltare e raccogliere davvero bisogni, esigenze, istanze, spunti, non può che orientarsi sempre più verso il risultato. La PA deve ambire, ora più che mai, a supportare e magari anche a guidare il rilancio del Paese. In questa chiave e nella prospettiva di un lavoro pubblico sempre meno legato a vincoli logistici e di orario, l’azione di riforma della misurazione e valutazione della performance individuale e organizzativa, anche coinvolgendo i cittadini, è sfida cruciale. La valutazione non deve più essere solo un esercizio formale sulla carta, ma deve rispondere alla percezione che le persone hanno della pubblica amministrazione”.

Sono queste le parole che il ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, ha messo in evidenza nel videomessaggio di apertura dell’incontro organizzato dal Dipartimento della Funzione pubblica per discutere delle possibili linee di evoluzione dei sistemi di valutazione delle pubbliche amministrazioni.

Sul tema dello sviluppo delle competenze dei dipendenti pubblici sono stati presentati, questa settimana, gli obiettivi e le attività del TAC, il Team di analisi dei comportamenti, istituito presso il Dipartimento della Funzione pubblica, con il compito di interfacciarsi con le amministrazioni per individuare quei fattori che, applicando per la prima volta le scienze comportamentali alla pubblica amministrazione, possono migliorare la motivazione e il senso di appartenenza dei dipendenti pubblici.

“La particolarità di questo team – ha affermato Riccardo Viale, ordinario di Scienze Comportamentali ed Economia Cognitiva all’Università di Milano-Bicocca – rispetto alle altre importanti esperienze internazionali come i Behavioral Insights Team dell’America di Obama, della Germania o del Regno Unito, che si occupano prevalentemente di politiche pubbliche, è proprio il focus sui comportamenti dei dipendenti della Pubblica Amministrazione per aiutarli a migliorare, nell’ottica di aumentare la performance delle amministrazioni per dare risposte più efficaci ai cittadini”.




Decreti Coronavirus: 181 provvedimenti sono ancora da emanare!

Fonte: Corriere della Sera

di ANTONELLA BACCARO (dal Corriere Economia) 

Dieci decreti governativi, 252 provvedimenti attuativi: 181 ancora da emanare, pari al 72%. Procede a rilento la «messa a terra» del corposo blocco di leggi prodotte dall’esecutivo a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza per il Coronavirus. Secondo lo studio elaborato da Openpolis su dati dell’Ufficio per l’attuazione del programma presso la presidenza del Consiglio, tra i ministeri che arrancano di più, il primo posto spetta a quello delle Infrastrutture, che non ha ancora emanato nessuno dei 35 decreti attuativi di propria competenza. Anche perché molti di questi derivano dal decreto Semplificazioni, uno degli ultimi a essere stato approvato lo scorso 11 settembre, con un carico di ben 20 provedimenti attuativi da emanare.
Colpisce che tra i decreti che mancano ancora di norme di attuazione ci sia il decreto Liquidità, tra i più attesi dalle categorie produttive: nessuno degli otto provvedimenti necessari ha ancora visto la luce. È bene però chiarire che in alcuni casi, come quello richiamato, i tempi più lunghi sono dovuti anche al passaggio in Parlamento, che modifica pure il numero di atti necessari. Nel caso del decreto Liquidità, li ha ridotti da 12 a otto, mentre il Cura Italia è passato da 36 a 34, dei quali 14 ancora da adottare. Il caso opposto è costituito dal decreto Rilancio, passato in Parlamento, come documenta Openpolis, da 103 a 137 decreti attuativi, due terzi dei quali (94) da emanare.

Fa peggio il decreto Agosto: dei 37 atti necessari, ne è stato prodotto solo uno. Mancano all’appello provvedimenti molto attesi, come quello che dovrebbe fissare le regole per il credito d’imposta sull’acquisto di biciclette, monopattini e abbonamenti ai mezzi pubblici, di competenza del ministero dell’Economia. Ma manca anche quello che dovrebbe indicare i contributi per la filiera della ristorazione, di competenza del ministero per le Politiche agricole (scaduto il 14 settembre). E non c’è nemmeno quello per l’attribuzione ai Comuni di risorse aggiuntive per le piccole opere, di competenza del ministero dell’Interno (scadenza 14 ottobre). A tagliare il traguardo dell’iter completato, alla fine sono solo due decreti: il Covid-lockdown e il Coronavirus che però abbisognavano ciascuno di un solo atto.
Quanto al decreto Semplificazioni, come si è anticipato, l’attuazione è ancora pari a zero. Intanto però il decreto attuativo che avrebbe dovuto definire le linee guida in materia di controlli sullo stato delle gallerie sulle tratte gestite da Anas, di competenza del ministero delle Infrastrutture, è scaduto il 30 agosto. Un provvedimento necessario per sciogliere la polemica sollevata da Autostrade cui è stato imposto, a maggio scorso, lo smontaggio e rimontaggio periodico delle onduline in galleria.

Ma provvedimenti attuativi già scaduti, secondo lo studio di Openpolis, ce ne sarebbero altri 34. Tra questi tre del decreto Rilancio, due dei quali di competenza del ministero dello Sviluppo. Uno sulle modalità di erogazione del fondo destinato ai lavoratori dello spettacolo, un altro sulle agevolazioni fiscali per gli investimenti in startup innovative. Infine l’ultimo, di competenza dell’Interno, sui criteri di ripartizione del fondo per i Comuni particolarmente danneggiati dall’emergenza.

Quasi tutti i ministeri devono ancora adottare buona parte dei decreti di loro competenza: il Tesoro ne ha in carico 43 ma ne mancano ancora 25 (58,1%). Latita il ministero di Porta Pia che non ha emesso nessuno dei 35 decreti a esso richiesti. Undici su venti ne mancano all’Interno, 16 su 19 al Mise, 15 su 19 alle Politiche agricole.
Va detto che i decreti emessi in epoca Covid dal governo sono stati 22 (17 dei quali sono stati convertiti in legge con l’approvazione di 1.104 emendamenti), dunque 12 di questi sono autoapplicativi, cioè non abbisognano di alcun decreto attuativo. A maggior ragione appaiono davvero tanti 252 provvedimenti attuativi a fronte di soli dieci decreti.
L’esiguo numero di atti autoapplicativi discende per lo più dalla difficoltà del governo di «chiudere» i provvedimenti in consiglio dei ministri, e dalla conseguente decisione di lasciare al Parlamento la ricerca dei compromessi politici non trovati. Per lo stesso motivo sono ancora molti i decreti approvati in consiglio dei ministri «salvo intese», cioè aperti a eventuali modifiche. Una pratica che genera problemi, primo fra tutti il fatto che il testo che appare in Gazzetta Ufficiale può non corrispondere all’ultima versione adottata.




In netto calo i procedimenti disciplinari nella PA

Il Ministero Funzione Pubblica ha reso noti i dati relativi ai provvedimenti disciplinari presi nei confronti dei dipendenti nei primo 8 mesi di quest’anno.

In questo periodo le pubbliche amministrazioni hanno trasmesso 4395 comunicazioni di avvio di procedimento per azione disciplinare a carico dei dipendenti. Di essi, fino al 31 agosto, 2334 sono stati conclusi, 1354 sono ancora in corso e 707 sono sospesi per procedimento giudiziario.

Dei 2334 conclusi, 608 hanno dato luogo all’irrogazione di sanzioni gravi con 97 licenziamenti e 511 sospensioni dal servizio. Inoltre, 21 procedimenti sono stati avviati per falsa attestazione della presenza in servizio (cosiddetti “furbetti del cartellino”).

Questi numeri sono nettamente inferiori rispetto all’analogo epriodo del 2019. Basti dire che i procedimenti avviati sono diminuiti del 48,6%, che i procedimenti sospesi per procedimento giudiziario hanno subito un -64,4% e che i procedimenti conclusi sono calati -46,6%.

L’azione disciplinare non si è mai arrestata, nemmeno durante il periodo del “lockdown”. Tuttavia, l’emergenza epidemiologica ha inevitabilmente influito sui dati: nei primi otto mesi del 2020 abbiamo avuto il 48,6% in meno di procedimenti disciplinari rispetto allo stesso periodo del 2019. Le azioni per falsa attestazione della presenza sono invece diminuite dell’80,9%.

ProcedimentiDisciplinari2020_2quadr 




Province: linee guida UPI per il lavoro agile

Con il riavvio delle attività produttive e dell’anno scolastico, le Province si trovano nella necessità di riorganizzare le loro strutture amministrative per consentire il rientro al lavoro in sicurezza del personale.

Attraverso tale documento, l’UPI (Unione delle Province d’Italia)fornisce alcune indicazioni con l’obiettivo di favorire il rientro in servizio della maggior parte del personale e far fronte alle esigenze di rapida ripresa delle attività e di rilancio degli investimenti locali (in particolare sulle scuole e sulle strade), anche in considerazione delle manifeste carenze di risorse umane più volte manifestate dagli enti in questi anni a causa del blocco protratto delle assunzioni, dei pensionamenti e dei trasferimenti di dirigenti e dipendenti derivanti dal d.l. 95/2012 e dalla legge 190/2014

“Linee di indirizzo per l’applicazione del lavoro agile nelle Province”




Assunzioni, maggiori spese da recuperare entro il 2022

Fonte: Italia Oggi

Per le assunzioni il regime transitorio è solo apparente e in parte controproducente. Pubblicata con grande ritardo, la circolare 13 maggio 2020, esplicativa del d.m. 17 marzo 2020 che attua il nuovo metodo di computo delle facoltà assunzionali, ha nella disciplina delle assunzioni attivate prima del 20 aprile 2020, data di entrata in vigore del decreto ministeriale, uno tra i punti più deboli. La circolare, allo scopo di regolare il passaggio al nuovo regime normativo, fornisce un’indicazione piuttosto contorta: con riferimento al solo anno 2020, possano esser fatte salve le procedure concorsuali già attivate, «purché siano state effettuate entro il 20 aprile le comunicazioni obbligatorie ex art. 34-bis della legge n. 165/2001». Ma, e qui subentrano i problemi, si aggiunge che la maggiore spesa di personale rispetto ai valori soglia, eventualmente scaturente dalla salvezza delle procedure assunzionali già avviate, «è consentita solo per l’anno 2020». Visto che il sistema prevede a regime di determinare le facoltà assunzionali in base al rapporto spesa di personale/ media triennale delle entrate correnti al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità, l’unico modo per dare vita a un regime transitorio chiaro e reale sarebbe stato quello di escludere a regime, cioè per sempre, le spese attivate prima del 20 aprile 2020. Ma, la circolare precisa che «la possibilità di derogare transitoriamente, per far salve le procedure assunzionali in corso, ai valori di spesa derivanti dalle soglie è consentita nel primo anno di applicazione ma non negli anni successivi».

Quale la conseguenza? A partire dal 2022 la maggiore spesa rispetto a quella consentita dal nuovo sistema, conseguente a questo paradossale regime transitorio, dovrà essere riassorbita. Afferma la circolare, quindi, che successivamente al 2021 «nel procedere alle maggiori assunzioni, è necessaria una valutazione circa la capacità di rientro nei limiti di spesa del 2021 fissati dalla norma». Provando a spiegarlo in termini meno criptici, laddove le facoltà assunzionali di un comune, nel 2020, applicando le nuore regole fossero per 1.000 euro, e l’ente avvalendosi della deroga spenda, invece, 1.100, entro il 2022 quella maggiore spesa di pari a 100 andrà ridotta. Specie se la deroga abbia peggiorato la situazione del comune, facendolo transitare dalla prima fascia di virtuosità a quella dei comuni di seconda fascia, con valori soglia superiori a quelli indicati dalla Tabella 1 del dm 17/3/2020, ma inferiori a quelli della Tabella 3; oppure, per i comuni con valori soglia superiori a quelli della Tabella 3, se la deroga abbia ulteriormente peggiorato il valore soglia, invece di migliorarlo come imposto dalla norma. Le strade per rientrare da questa maggiore spesa non sono molte. I comuni con capacità assunzionali dovranno dimostrare di rinunciare a parte di esse. Chi non avesse capacità assunzionali dovrebbe incrementare le entrate o tagliare le spese di personale (col problema della loro tendenziale rigidità) di importo simmetrico.

Un modo, in sostanza, per spostare in là gli effetti di una maggiore spesa che, a ben vedere, non è per nulla coerente col nuovo sistema, come del resto accertato già dalla Corte dei conti (sezioni regionali di controllo per la Lombardia parere 74/2020 e per la Toscana, parere 61/2020), secondo la quale, a ben vedere, non c’è un vero regime transitorio dal vecchio al nuovo regime. Per altro, la circolare esordisce proprio in accordo con questa visione proposta dalla magistratura contabile: «il c.d. decreto Crescita (decreto-legge n. 34/2019), all’art. 33, ha introdotto una modifica significativa della disciplina relativa alle facoltà assunzionali dei comuni, prevedendo il superamento delle attuali regole fondate sul turnover e l’introduzione di un sistema maggiormente flessibile, basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale». Si ha la conferma che il precedente regime è da considerare del tutto superato e non più operante, salvo il tetto di spesa complessivo previsto dall’articolo 1, commi 557 e seguenti, della legge 296/2006, per altro agganciato ormai ad annualità lontanissime nel tempo (20112013 per gli enti con oltre 1.000 abitanti, addirittura il 2008 per quelli fi no a 1000 abitanti). Poiché la deroga alla spesa è solo facoltativa, come afferma la circolare, è opportuno che gli enti riflettano molto bene prima di avvalersi di una facoltà che potrebbe complicare di molto la gestione e i conti




Dadone: aprire ai giovani le porte dei palazzi della Pa

“Aprire le porte dei Palazzi – e di quelli che saranno i nuovi punti di accesso e di lavoro dell’amministrazione – alle nuove leve, ai giovani che rappresenteranno i bisogni delle nuove generazioni. È il momento di sradicare l’immagine obsoleta della pubblica amministrazione: oggi abbiamo poco più del 2% di dipendenti al di sotto dei 34 anni”. Così il ministro per la Pa, Fabiana Dadone, in audizione alla Camera, presso la Commissione Lavoro, sul Recovery plan.

“La Pa deve giocare un ruolo centrale nel rilancio del Paese – ha aggiunto il ministro – Le risorse che arriveranno con il Recovery Fund ci aiuteranno a sostenere la formazione continua del personale, a inserire nuove professionalità e nuove competenze, a completare la digitalizzazione degli uffici pubblici, a modificare profondamente l’organizzazione del lavoro, con la diffusione del vero smart working, a semplificare le procedure, ripensandole in modo radicale. Il nostro impegno è quello di permettere alle persone di lavorare in modalità agile e flessibile quanto più possibile, ove possibile”.

Dadone ha quindi sottolineato l’importanza in questa cornice dei Piani organizzativi del lavoro agile (Pola), che le pubbliche amministrazioni sono chiamate ad elaborare ed approvare a decorrere dal prossimo gennaio. Con i Pola “vogliamo finanziare l’adeguamento e la fornitura della dotazione strumentale necessaria al lavoro agile: le varie amministrazioni, nella predisposizione dei piani, potranno contare su risorse destinate a riorganizzare il lavoro in modalità agile – ha spiegato – grazie alla mappatura delle attività che possono essere svolte anche non in presenza senza alcun impatto negativo, come ci ha insegnato l’esperienza di questi mesi, in termini di quantità e qualità di erogazione dei servizi, grazie all’acquisto di dispositivi, software, servizi dedicati, grazie alla programmazione di percorsi formativi in ambito digitale e informatico, allo snellimento delle procedure”.




La trasformazione digitale della PA partirà entro il 28 febbraio 2021

Comunicato Ministero Innovazione Tecnologica

La digitalizzazione al servizio di cittadini e imprese, per semplificare i loro rapporti con la Pubblica amministrazione e contribuire al rilancio economico del Paese dopo la crisi generata dalla pandemia. Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge di conversione, si conclude l’iter del decreto ‘Semplificazione e innovazione digitale’ che rappresenta la base normativa per velocizzare il processo di trasformazione digitale.

“Abbiamo ora un insieme di norme che ci permette di accelerare lo sviluppo migliorando la qualità della vita dei cittadini e agevolando il lavoro delle imprese – sottolinea la Ministra dell’Innovazione tecnologica e della Digitalizzazione Paola Pisano -. Con questo provvedimento dimostriamo all’Europa che ci stiamo già muovendo nella direzione indicata dal Recovery Fund. Ringrazio il Parlamento per l’esame approfondito che ha svolto in un clima costruttivo ”.

Entro il 28 febbraio 2021 le amministrazioni sono tenute ad avviare i loro processi di trasformazione digitale. I servizi pubblici dovranno diventare quindi fruibili attraverso lo smartphone, lo strumento più usato dagli italiani per comunicare a distanza. Fissando questa scadenza è stata prevista flessibilità per i piccoli Comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti, per tenere conto delle difficoltà legate all’emergenza Covid-19.

La transizione digitale passa attraverso la cultura dell’innovazione ossia la predisposizione della pubblica amministrazione ad utilizzare nuovi approcci e nuove tecnologie offerete dal mercato per rispondere alle sfide della nostra società in campi diversi come la mobilità, la medicina e altro. Per questo la norma del decreto su “diritto a innovare” prevede procedure semplificate di cui beneficeranno imprese, start up e centri di ricerca per sperimentare progetti innovativi per lo sviluppo.

Anche il Decreto legge “Cura Italia” ha introdotto disposizioni per aiutare la Pubblica amministrazione nel dotarsi di tecnologie innovative, con l’intento di agevolare le attività da remoto come il lavoro agile e la didattica a distanza.

Per saperne di più: